Omelia della Messa in Coena Domini

San Miniato, chiesa Cattedrale, ore 18
14-04-2022

 

La tavola è imbandita, si sta per celebrare la Pasqua ebraica, la Pasqua di liberazione, quella che è memoriale di quella notte il cui il Signore è venuto in mezzo al suo popolo per liberarlo dalla schiavitù dell’Egitto e di cui ci ha parlato la prima lettura.

La tavola è imbandita, come aveva chiesto Gesù ai suoi Apostoli, nella stanza al piano superiore che oggi noi chiamiamo “cenacolo”. E’ la Pasqua degli Ebrei, è la Pasqua che Gesù vive con i suoi, la sua comunità, gli amici… E’ l’ultima Pasqua di Gesù.

E la tavola è pronta, ben preparata, con tutti i segni della Pasqua. Così ce li ricorda San Paolo nella seconda lettura: il pane e il calice con il vino.

Ed ora mancano ancora gli invitati, o meglio, i Dodici ci sono per questa cena pasquale, ma quest’anno il Signore vuole invitare altra gente.

Ce lo ha raccontato anche in tante parabole, quelle che ci parlavano del Regno di Dio e quindi di un banchetto a cui si volevano invitare tante persone, tanti invitati… e poi in tanti hanno declinato l’invito… E allora il re mandò a chiamare la gente nelle strade, tutti quelli che potevano andare alla festa, alla tavola delle nozze.

E dunque il Signore, oggi, attende nuovi invitati alla tavola ben preparata.

Chi verrà al banchetto? Chi ha udito l’invito? Chi lo ha accolto?

Il vangelo che abbiamo ascoltato ci fa comprendere che a quella tavola arriva gente a cui vanno lavati i piedi.

Si tratta di un rituale di purificazione, certo, ma anche in concreto un gesto di attenzione e di pulizia per chi arriva stanco e sporco della vita.

Ci sono certamente i poveri a quella tavola imbandita, gente che magari a camminato scalza, con tanti calli ai piedi, con il passo stanco.

Ci sono le donne, soprattutto quelle scartate dalla società, talvolta violate e incomprese e magari anche poco considerate.

Con grande sorpresa ci sono anche quelli che vivono pubblicamente situazioni di peccato, con la vita e i piedi sporchi del loro peccato, talvolta di tanto male, ma una cosa giusta l’hanno fatta, hanno accolto la chiamata di Gesù.

Non mancano, certo, quest’anno, gli amici ucraini, quelli scappati dalla guerra e con loro tanti bambini, i più poveri tra i poveri perché bimbi, innocenti e feriti dalla guerra. E sono a questa tavola con tanta nostalgia, col ricordo della patria amata, l’Ucraina e di padri e mariti rimasti a combattere nella loro terra.

Ma guardando bene, certo con sorpresa, si scorgono a questa tavola anche amici russi, sono anche loro fratelli. I capi, quelli che vogliono fare la guerra pare non abbiano risposto all’invito…, ma la gente, chi subisce in terra russa la follia della guerra, chi si sente fratello ha anche lui un posto a questa tavola.

Stringi stringi, facendo un po’ di spazio, ci stanno anche gli apostoli.

Ed ora tutti seduti… e, ci racconta il vangelo, Gesù pone i gesti del servitore, del servizio, depone le vesti, si mette l’asciugamano ai fianchi e lava i piedi a tutti, proprio a tutti.

E’ un gesto concreto e insieme simbolico.

Con questa lavanda Gesù purifica la vita di tutti questi commensali, li solleva dei loro pesi e delle loro fatiche, perché se ne fa carico lui. Gesù, con questa lavanda, si prende cura dei piedi, e così scopre e racconta, mostra ai commensali stessi, il bello e il bene della loro vita.

Ma è una lavanda anche che ha un messaggio straordinario di amore. Con questo gesto Gesù a tutti loro dice che li ama, che la loro è una vita amata e benedetta, che loro sono amabili. E di loro si prende cura.

Poveri, peccatori, malati, profughi di guerra, gente perduta… ora, amati, benedetti, accolti e purificati.

Ed è così che quella cena diventa Eucaristia, come ci racconta Paolo: pane spezzato e vino versato per amore, per la salvezza di tutti.

E noi? Ah, non ci siamo accorti che anche noi siamo invitati…

Allora dai, non fare come Pietro che non vuole sedersi e non vuole farsi lavare i piedi.

Per stare a quella tavola, per accogliere l’invito, anche noi dobbiamo metterci in mezzo a tutta quella gente, malati, peccatori, ucraini, poveri di ogni tempo, sporchi e sudati…

Dai, siediti… e lasciati lavare i piedi anche tu.

Ci sono di aiuto questi ragazzi a cui tra poco faremo la lavanda dei piedi. Essi ci ricordano, con questo gesto, che a quella tavola siamo chiamati tutti noi, io, te, i tuoi amici…

E a quella tavola Gesù, alzatosi, si mette a lavare proprio i tuoi piedi e ti dice l’amore per te, un amarti che ti purifica, ti rinnova, ti benedice.

Vabbè, ora è tempo di alzarsi.

Cosa? Non c’è da pagare nulla per la festa? Bene, che bello!

Il pane era fragrante e il vino delizioso… aveva il sapore e il gusto dell’amore, del dono della vita, di Gesù.

Un invito però si, quello ci viene consegnato: “Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.

E’ la sola cosa da ricordare di quella cena: un esempio.

Ed ora tocca a noi, a tutta la chiesa… invitare al banchetto della vita… e lavare i piedi, servire chi più ne ha bisogno, celebrare e testimoniare un amore credibile.