Omelia della Messa del Giorno di Natale

San Miniato, chiesa Cattedrale, ore 11
25-12-2020

 

L’antica Basilica della Natività a Betlemme, probabilmente l’unica rimasta del tempo bizantino, trasformata poi in basilica crociata e poi con i rinforzi addossati alla facciata che originariamente aveva tre portali di ingresso, si presenta oggi con una piccola porticina, l’unico passaggio, l’unico ingresso della facciata per entrare nella basilica che ricorda la natività di Gesù.

Questa porticina, l’unica rimasta dei tre portali di ingresso originari, è stata ridotta a queste piccole dimensioni per impedire che si potesse entrare a cavallo nella basilica, considerati i tempi passati e le campagne di conquista dei luoghi santi. Essa è chiamata porta dell’umiltà.

Il pellegrino che arriva a Betlemme e desidera ancora oggi entrare nella basilica e poi scendere nella grotta per venerare il luogo della nascita deve chinare il capo e abbassare la schiena per poter entrare e ammirare poi l’ampiezza e la grandiosità della basilica, oggi resa ancor più splendente dal recupero e dal restauro degli antichi mosaici e delle colonne.

Il racconto evangelico della nascita di Gesù trasmette l’annuncio che Dio si è fatto uomo, è venuto come uno di noi, come ci ricorda il prologo di Giovanni: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”; così lascia intuire anche il correre dei pastori alla grotta della nascita, come anche la visita dei Santi Magi che portano doni al Figlio di Dio, l’Emmanuele.

Insieme a questo accento di regalità però i racconti evangelici presentano la nascita di questo bimbo con i tratti dell’umiltà: Dio nasce facendosi bambino, vivendo con la sua famiglia il rifiuto della ospitalità, al freddo e al gelo come canta l’antico inno “Tu scendi dalle stelle” di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, adorato da povera gente come i pastori.

Fin da queste prime narrazioni della vita di Gesù la sua persona, il suo stile, la sua missione sono descritte con le tinte della umiltà, dell’abbassamento, dello stare con i poveri e i peccatori.

San Paolo nell’inno nella lettera ai Filippesi canta questo annuncio: “egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini”. E ancora Luca, nel presentare le parabole della misericordia racconta che Gesù “accoglie i peccatori e mangia con loro”.

“Tu scendi dalle stelle”, una canto che è poesia, ricorda: “A te, che sei del mondo il Creatore, mancano panni e fuoco, O mio Signore! Caro eletto Pargoletto, quanto questa povertà, più mi innamora! Giacché ti fece amor, povero ancora!”.

Gesù stesso l’aveva detto ai suoi amici un giorno: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa”.

Gesù ancora lo dirà ai suoi: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”.

Il Natale per Gesù, per noi è una grande avventura dell’abbassarsi, del chinare il capo, del piegarsi per farsi piccoli.

Il Natale di quest’anno viene celebrato e festeggiato passando tutti noi da una porta stretta, una porta che ha svelato la nostra umanità che è caratterizzata anche da fragilità, impotenza, disorientamento… E’ la porta stretta che per tutti noi è la pandemia che stiamo vivendo e che mette a rischio la salute di tutti noi, ha segnato con il lutto tante famiglie, mette a dura prova il sistema sanitario, i nostri medici e tutto il personale, ha fortemente danneggiato l’economia e il lavoro, ha creato distanziamento, lontananza, tristezza. E’ la porta stretta che tutti stiamo attraversando, è come quella porta di Betlemme in cui, per entrare, siamo costretti a chinarci, abbassare il capo e la schiena.

Entrando in questa porta, abbassandoci per entrare in quella basilica della natività che è oggi il nostro Natale, la nostra vita, si potrà scendere alla grotta e contemplare il bimbo che è nato, il Dio con noi, il salvatore di tutti, il nostro, il tuo salvatore.

E’ questo dunque l’invito e il messaggio di questo natale: abbassati per entrare dalla porta stretta, china il capo, fatti piccolo, fatti come i piccoli e con loro, come loro entra nella gioia del natale.

Immaginiamo di vedere quanti sono entrati per quella porta, piccola, la porta dell’umiltà: tutti quelli che hanno abbassato il capo.

Possiamo vedere i tanti malati, in particolare di Covid-19, ci sono poi i medici, le infermiere e gli infermieri, ci sono i più poveri che vivono per strada e spesso abbassano il capo, talvolta delusi, talora per vergogna o per il bisogno; con loro abbassano la testa per entrare coloro con intraprendenza stanno dando tutto per salvare il lavoro, sostenere chi vive solo di una paga mensile, e chi cerca di infondere coraggio e speranza; stanno chinando il capo tanti preti, religiose, religiosi, catechisti che fanno di tutto per tenere viva la comunità cristiana e tessere nuovi legami; chinano il capo tante nostre famiglie, disorientate e abitate dall’incertezza; hanno chinato il capo tanti morti, molti per la pandemia, e si sono abbassati fino a dare la vita.

Ecco chi entra per quella porta. Ecco chi entra nel natale.

Allora cari amici, chiniamo il capo, abbassiamoci, facciamoci piccoli con i piccoli, poveri coi poveri, sofferenti con i sofferenti, portatori di speranza per tutti… ed entriamo per quella porta dell’umiltà, ci attende il bimbo che è nato e che per tutti è luce, pace, speranza, vita.

E’ di questa porta dell’umiltà che hanno parlato gli antichi padri del deserto: “nessuno sa più vedere Dio, perché nessuno sa chinarsi profondamente”.

E papa Francesco così ha detto nei giorni scorsi: “Se la pandemia ci ha costretto a stare più distanti, Gesù, nel presepe, ci mostra la via delle tenerezza per essere vicini, per essere umani”, ci mostra, aggiungo, la via dell’umiltà, del chinare il campo per trovare dove Lui nasce davvero, tra i più piccoli.

Il vangelo dell’infanzia ci racconta che “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Pare di immaginare Maria che guarda il suo bimbo, Gesù, e china il capo verso di Lui, quasi per riempire di lui i suoi occhi e il cuore; e la immaginiamo con la testa chinata, nell’atteggiamento di chi medita sulle vicende misteriose e straordinarie della sua vita. Ancora, oggi pensiamo a Maria, con il capo chinato sull’umanità sofferente di questi difficili tempi.

Anche Maria entra da quella porta bassa di Betlemme, dopo aver incontrate porte chiuse e di rifiuto, china il capo… ed è Natale.

Lei è icona dell’umiltà, maestra della strada della vita, della via della gioia e della speranza del natale.

E’ così che si vive il Natale, chinando il capo, abbassandoci… Portando lo sguardo dentro di noi, nel nostro cuore e facendoci attenti a vedere chi è più in basso di noi, chi soffre, è nel dolore, nella malattia, nella tristezza. E se guardiamo bene possiamo scorgere proprio lì la presenza del bimbo nato a Betlemme, Gesù bambino che a loro e a noi dice, riecheggiando l’annuncio degli angeli… “non temere, vi annuncio una grande gioia”.

E potrà accadere, anche per noi, che l’inchinarci per entrare per quella porta, abbassare la testa per vedere chi è più in basso di noi, chi è più povero, piccolo, diventerà quello il nostro gesto di adorazione, come si fa proprio davanti al Dio con noi.

E sarà davvero per tutti noi, per voi Natale.