Una sintesi delle relazioni sugli incontri nelle nostre parrocchie

I frutti del secondo anno di Cammino sinodale in diocesi

L’équipe sinodale diocesana

La sintesi del secondo anno di Cammino sinodale nelle parrocchie. Dai «cantieri», benché ancora pochi, indicazioni chiare e interessanti convergenze.

Il secondo anno del Cammino Sinodale ha visto nella nostra Diocesi una consistente riduzione nel numero dei partecipanti. Il momento particolare attraversato negli ultimi mesi dalla nostra Chiesa locale, con il moltiplicarsi delle iniziative legate al Giubileo dei 400 anni dalla sua fondazione, l’avvicendamento di diversi parroci e il cambiamento del vescovo, ha sicuramente contribuito a una certa “distrazione” nei confronti del Cammino sinodale. In compenso, le parrocchie che si sono impegnate nel proseguimento del Cammino sinodale, in alcuni casi, hanno organizzato più di un gruppo, aprendosi anche al cosiddetto Cantiere della Strada e del Villaggio (vedi i resoconti a pagina III). Tutti i gruppi hanno utilizzato lo stile dell’ascolto spirituale già collaudato lo scorso anno.

Le domande guida del Cantiere della Casa e dell’Ospitalità, relative alla vita parrocchiale, sono state: Che cosa ha aiutato il mio partecipare alla vita della Chiesa? Che cosa invece lo ha ostacolato? Nelle risposte al primo quesito si è I evidenziata una forte convergenza sul ruolo della famiglia d’origine come primo tramite per avvicinarsi alla vita della parrocchia. Molte delle persone impegnate attivamente nella comunità hanno una lunga storia di partecipazione favorita dalla tradizione familiare.

Un altro aspetto positivo emerso più volte è stato quello della richiesta da parte del parroco di svolgere uno specifico servizio. Questo ha senz’altro favorito il coinvolgimento della persona scelta, che si è sentita stimata e valorizzata. Anche i fedeli laici svolgono un ruolo importante nell’accogliere e proporre una partecipazione più attiva alla vita comunitaria.

In generale, come già emerso negli incontri dello scorso anno, è la testimonianza cristiana da parte dei sacerdoti, religiose, religiosi e laici ad attirare e a favorire il senso di appartenenza alla comunità ecclesiale. Essenziale è poi la partecipazione a un cammino di fede e la condivisione della preghiera con gli altri. Il riavvicinamento alla Chiesa dopo anni di allontanamento è in molti casi favorito dall’iniziazione cristiana dei figli o dalla partecipazione al corso matrimoniale. I Sacramenti quindi costituiscono ancora l’aggancio privilegiato con quelle persone che altrimenti resterebbero estranee agli ambienti parrocchiali. Tra gli ostacoli alla partecipazione sono state evidenziate le scelte non condivise o la scarsa presenza del parroco. Rispetto al passato si lamenta spesso la mancanza di un sacerdote di riferimento. La disaffezione può venire anche dalla povertà di iniziative, dai protagonismi, le invidie e le chiacchiere all’interno della comunità, fenomeni questi che portano molti a sentirsi esclusi, non accolti, giudicati. Una mentalità chiusa è l’ostacolo principale che impedisce di interessarsi anche ai “lontani”. Gli stili di vita attuali rendono difficile dedicare del tempo all’approfondimento religioso, alla partecipazione alla Messa, ecc… Come già evidenziato nelle relazioni dell’anno scorso, il fatto di essere visti dagli altri come bigotti, “sfigati” o fuori dal mondo può scoraggiare i giovani, ma non solo loro, dalla partecipazione alla vita della comunità cristiana. Infine le notizie sui crimini commessi da membri del clero sui bambini, benché non se ne siano verificati nella nostra Diocesi, non aiutano molte persone ad avvicinarsi con fiducia alla Chiesa.

Tra gli auspici maggiormente ricorrenti: la necessità di una formazione o catechesi per gli adulti; una maggiore partecipazione e coinvolgimento dei laici e delle donne nei processi decisionali, anche attraverso i consigli pastorali; maggiore dialogo e condivisione tra le varie realtà presenti in parrocchia e tra fedeli che hanno opinioni diverse.


Cammino sinodale diocesano: voci dal mondo della scuola

Il contatto con gli studenti di scuola media e superiore è stato favorito dagli insegnanti di religione, che hanno presentato delle schede o intervistato di persona circa duecento ragazzi appartenenti a due istituti del nostro territorio. Le domande rivolte loro sono state quelle relative al Cantiere della Strada e del Villaggio: Cosa pensi della Chiesa? Cosa chiedi alla Chiesa?

Per alcuni alunni di terza media la Chiesa resta un luogo di pace in cui trovare il contatto con Dio attraverso la preghiera; per altri invece ha perso ogni attrattiva con la fine del percorso di iniziazione cristiana perché in esso non si sono sentiti coinvolti. Il catechismo è ricordato come noioso, difficile e lontano dal vissuto degli adolescenti; i sacerdoti e le famiglie sono stati spesso poco presenti nel cammino di iniziazione cristiana. Molte di queste opinioni sono state enunciate in modo deciso, con rabbia. I ragazzi hanno detto di non aver trovato riferimenti a cui accostarsi con fiducia e affetto ed esperienze che abbiano fatto capire loro l’importanza e la bellezza di essere Chiesa. E questo li ha resi sfiduciati e delusi. Ciò che i ragazzi chiedono è di poter far parte della Chiesa in modo operoso e di non essere lasciati seduti sulle panche a pregare con “belle parole” – come le definiscono loro – quando poi ci sono gli ultimi che restano ultimi. Hanno reclamato inoltre spazi dedicati, come l’oratorio, sacerdoti giovani, catechisti giovani ed esperienze di fede più gioiose e coinvolgenti.

I ragazzi delle superiori hanno espresso opinioni molto diversificate riguardo alla Chiesa. Gli studenti di religione musulmana esprimono un sostanziale disinteresse nei confronti della Chiesa Cattolica: non avendo avuto nessuna esperienza diretta, non sanno nemmeno che cosa aspettarsi da essa; non la vedono come ostile o pericolosa, ma nemmeno si dicono curiosi di conoscerla meglio. Diverso il discorso per i figli di italiani, che nella quasi totalità dei casi sono passati dal percorso di iniziazione cristiana. Alcuni ragazzi hanno parlato della centralità dei nonni (anziché dei genitori) nell’educazione alla fede. In diversi riferiscono di aver vissuto un’esperienza positiva fino alla prima Comunione e di aver apprezzato il coinvolgimento come chierichetti. Al tempo stesso, però, è ricorrente l’impressione di noia e di costrizione legata al ricordo delle lezioni di catechismo.

Molti ragazzi non frequentano più la Chiesa per disinteresse o per delusione. Per alcuni invece la Chiesa resta un rifugio in cui pregare e sentirsi più vicini a Dio. Altri, che partecipano alle attività di Scout, Azione cattolica o movimento Shalom, si dicono soddisfatti della loro vita cristiana, apprezzando la metodologia proposta dalle associazioni o movimenti di cui fanno parte, e della gioia che si riscontra nella preghiera (a differenza di quello che accade in parrocchia). Sono molto diffusi tra i ragazzi i luoghi comuni sull’ipocrisia dei praticanti e sull’attaccamento dei preti al denaro. Alcuni di loro però riconoscono che nelle parrocchie si incontrano diverse brave persone, che fanno del bene a chi è solo e bisognoso d’aiuto. Per molti altri invece la religione è una perdita di tempo o qualcosa che non fa vivere la vita appieno. Alcuni vorrebbero prove scientifiche che attestino l’esistenza di Dio, per poter credere. Ritengono che la fede piena di miracoli (la verginità di Maria, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, la resurrezione dei cadaveri) sia poco credibile e lontana dalle nuove generazioni. Servirebbe una spiritualità più vicina alle storie delle persone, senza troppi “effetti speciali”.

Ciò che i ragazzi chiedono è una Chiesa più attiva nell’aiutare gli ultimi; un clero più povero; liturgie brevi e moderne nel linguaggio; un’esperienza più gioiosa, in cui non rifugiarsi solo quando si è in difficoltà. Consigliano di far dirigere le parrocchie e i gruppi a persone giovani, lasciando da parte l’obbligo del celibato e l’obbligo di essere maschi, in modo da favorire una maggiore partecipazione. I ragazzi interpellati però in generale si trovano in una situazione di attesa: più che desiderosi di fare proposte alla Chiesa, aspettano dalla Chiesa una proposta e un invito, formulati con uno stile comunicativo nuovo.

 


La Chiesa vista dai bisognosi e dagli stranieri: Centri d’Ascolto Caritas

Le domande relative al Cantiere sinodale del Villaggio e della Strada, sono state rivolte anche alle persone che si rivolgono ai centri d’ascolto ed empori Caritas della nostra diocesi: «Come vedi la Chiesa? Cosa ti aspetti dalla Chiesa?».

Molti degli intervistati erano stranieri, anche appartenenti ad altre religioni, che hanno fatto esperienza della Chiesa solo attraverso la Caritas. Uno dei temi più ricorrenti è stato quello della gratitudine verso la Chiesa, vista come l’unico luogo in cui queste persone hanno trovato sostegno e dove ci si sente accolti indipendentemente dalla religione professata. Gli stranieri spesso soffrono la solitudine, non trovando qui da noi quella rete di solidarietà che ancora esiste nei loro Paesi d’origine. Ma riferiscono di essersi sentiti accolti da parte della Chiesa che li ha fatti sentire persone amate e non estranee. La Chiesa è vista come luogo di pace in cui si prega e si chiede aiuto e ristoro dalle sofferenze. Al di là dell’aiuto pratico è stato bello per chi viene da fuori conoscere qualche persona con la quale parlare, scambiarsi gli auguri o salutarsi per strada. Le persone che prendono gli alimenti all’Emporio a volte si soffermano qualche minuto in più per raccontare qualcosa della loro vita.

Ci sono anche degli italiani, che in alcuni casi frequentano la parrocchia, portando in chiesa i loro figli; in altri casi, anche a motivo dell’età avanzata o per altri problemi, questo non accade. Le richieste più ricorrenti sono state quelle di continuare ad essere accompagnati nelle varie fasi della vita, di valorizzare la dimensione ecumenica e di considerare facenti parte della Chiesa anche coloro che non la frequentano regolarmente.

 


Dalle Associazioni, una pluralità di prospettive

È stata consegnata una scheda con le domande del Cantiere sinodale anche ai membri di alcuni gruppi e associazioni che si occupano di ambiente, di assistenza, circoli ricreativi e università del tempo libero. Sono state raccolte circa 70 risposte. I giudizi sulla Chiesa sono variegati. In molti casi la Chiesa è vista come un’entità statica e ridondante, che non ha presa sui problemi reali delle persone e delle famiglie. Per molti altri la Chiesa invece rimane un riferimento importante, specialmente nell’ambito della cultura, dell’associazionismo, dei valori della pace e dell’inclusione.

Vengono criticati i comportamenti troppo esibizionisti da parte di alcuni fedeli, la troppa burocrazia e talora atteggiamenti di chiusura. Papa Francesco viene visto come colui che ha rinnovato la Chiesa portandola a una maggiore apertura verso gli altri, specialmente i più poveri e bisognosi. Si nota un interesse per un rinnovamento che vada nel senso di una maggiore sintonia con la società civile, accogliendone le trasformazioni sociali e culturali. Alcuni però sostengono che c’è troppa politicizzazione e troppo assistenzialismo, soprattutto verso gli immigrati, lamentando la perdita di belle tradizioni. Il fenomeno della pedofilia è motivo di amarezza e forte disagio per i fedeli e per la società civile.

Diverse richieste sono andate nel senso di una maggiore accoglienza verso le persone in situazione familiare “irregolare” e verso gli omosessuali; la possibilità per preti e suore di potersi formare una famiglia e per le donne di esprimersi nei ruoli liturgici. Si richiede un maggior impegno concreto in favore dei poveri e per la pace nel mondo. Una proposta specifica è stata quella di poter assolvere il precetto domenicale anche nelle Messe feriali in modo da facilitare la partecipazione dei fedeli. Un’altra richiesta ha riguardato l’attenzione a raccontare e ad insegnare in maniera stimolante i concetti fondamentali della fede cristiana.