Professione solenne di Suor Benedetta Maria di Gesù

Firenze, Monastero delle Clarisse di Sant’Agnese d'Assisi
31-10-2019

 

Solennità dei santi, vocazione alla santità, vita monastica indica la strada della santità che è di tutti.

  1. Lett:

“Il numero di coloro che furono segnati con il sigillo…”; “Chi sono e da dove vengono?”… “sono quelli che vengono dalla grande tribolazione…”.

La scena dell’apocalisse ci presenta la schiera dei credenti che incontrano Dio e che da lui accolgono la vita. E da loro scaturisce la lode.

Sono coloro che hanno avuto la vita segnata dall’incontro con Dio, dal suo amore. E’ questo il sigillo… Segnati dall’amore di Dio…

Suor Benedetta Maria… toccata dall’amore.

Misteriosamente nelle trame della sua famiglia; e poi: il viaggio in Terra santa e… il primo incontro in questo monastero.

La storia di suor Benedetta Maria è cammino di una donna toccata dall’amore di Dio, dall’amare di Dio e dal sentirsi toccata e chiamata dall’esperienza dell’amare.

Celebriamo oggi il dono della vita che si offre per amore, per amare.

E così la lode di questa gente: “Amen. Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio…”. E’ la voce, il canto della vita che ama. Così pensiamo alla vita di Suor Benedetta nel monastero. Una vita che canta, che celebra, che gioisce dell’amore e dell’amare dello sposo, il Signore Gesù.

  1. Lett:

La vocazione dell’uomo e della donna è quello di essere figli, figli di Dio, amati da Lui. Ce lo dice proprio Giovanni che è stato “il discepolo amato”.

La professione di suor Benedetta oggi è il suo mettersi nella posizione di figlia, come dicevamo di amata dal Signore, ricevendo da lui la vita, la gioia di vivere.

In questa scelta vogliamo vedere la missione del monastero, delle monache tutte, di suor Benedetta: invitare tutti i credenti a mettersi nel posto del figlio, a lasciarsi amare da chi davvero è Padre, con una paternità che supera e completa le tante paternità umane, anche le nostre, talvolta povere e manchevoli.

Dunque: figli, il posto del figlio amato, il posto di chi contempla una vita donata.

E’ la scelta vocazionale di suor Benedetta, ma è con lei l’invito rivolto a ciascuno di noi.

E notiamo una cosa: Giovanni usa il plurale: “chiamati figli di Dio”. Per essere figlio/a occorre la relazione tra fratelli e sorelle. E’ la bellezza del monastero: proprio perché comunità, fraternità, consente di essere figli. E il nostro/vostro essere figli si misura sulla capacità di vivere la fraternità tra di voi.

Figli, tutti noi, rinnovati nella bellezza delle relazioni fraterne. E’ questo il cuore puro di cui parla Giovanni: un cuore indiviso che ama e che vede nell’altro il fratello amato.

  1. Vangelo

Inizio del discorso della Montagna, la legge della nuova alleanza, il dono di una alleanza con Dio rinnovata e definitiva.

“Beati”, un ritornello che si ripete e che tocca le diverse situazioni della vita, anche le più faticose e drammatiche, come la povertà, la persecuzione. E in queste situazione si scopre l’agire di Dio: di essi il regno dei cieli, consolati, saziati…

Dice “beati”, benedice la vita chi sa vedere nella vita la operosità di Dio, il bene che lui compie, la grandezza di Dio.

La vita monastica è il cammino per cercare l’opera di Dio, per poterla riconoscere, nelle vicende della propria vita personale e nelle trame del mondo e della storia. L’agire di Dio. Ma va cercato, scoperto, occorre imparare a vederlo e fidarsi. Il monastero è il luogo, il tempo, la vita che cerca e che sa vedere e poi racconta l’operosità di Dio. Per questo può dire “beati”.

E poi il “beati” diventa la preghiera, l’intercessione della monaca che chiede a Dio di esserci e di intervenire, di salvare, di fare il bene.

“Beati”: vuol dire saper vedere l’operosità di Dio e invocarla, come intercessione, per tutti.

E’ questa la strada che intraprende suo Benedetta.

Allora nel monastero, l’incontro nostro col monastero diventa sguardo di fede e condivisione della preghiera di intercessione; consegna della nostra storia perché sia presentata al Signore e attesa del bene che Dio fa, del Dio che salva.

Allora si potrà dire tutti “beati”.

Lo dice oggi suor Benedetta riconoscendo la sua, senza cambiarne una virgola, vita beata, vita benedetta da Dio.

E lo diremo noi se potremo assaporare il gusto della vita del monastero, la testimonianza che ci è data anche oggi e che ci aiuta a penetrare il progetto, la volontà di Dio, anche per noi e dire “beati”.