Omelia per l’Ingresso di Don Castel Rostaingue Badiabo Nzaba a San Pierino

San Pierino, chiesa parrocchiale
08-11-2020

 

Viviamo oggi con questo ingresso di don Castel a San Pierino un momento vitale dell’unità pastorale di Fucecchio. Se assumere la guida pastorale di San Pierino per don Castel potrà voler dire anche avere maggiore impegno, in realtà si costruisce un po’ di più quel mosaico che vede le comunità parrocchiali del territorio camminare insieme e si potrà scoprire un reciproco arricchimento insieme alle parrocchie della Torre e Ponte a Cappiano dove don Castel rimane quale pastore. Un mosaico fatto di tasselli preziosi che sanno di far parte di una più ampia opera che è tutta la realtà di Fucecchio, unica unità pastorale.

Un grazie di cuore desidero quindi rivolgerlo a tutti, in particolare alle comunità della Torre e Ponte a Cappiano che hanno accolto la notizia di questa condivisione di doni e anche di don Castel. Insieme il grazie a don Andrea per la vicinanza e la condivisione di questo passaggio.

Gratitudine grande desidero poi esprimerla a voi amici di San Pierino. Ho potuto ben conoscervi e apprezzarvi nella visita pastorale e ho apprezzato la vitalità e le risorse giovani che ci sono tra di voi. Grazie per l’attenzione a vivere questo passaggio e per l’accoglienza di don Castel. Con tutti voi desidero, immagino a nome di tutti, esprimere il grazie a don Pierluigi. Per tanti anni vi ha accompagnato come guida, amico e pastore. Sono contento che rimanga in mezzo a voi, segno e testimone di quella sapienza di cui ci parla la prima lettura perché è la sapienza che dona Dio e insieme quella che viene anche dall’età e dall’esperienza. Farà ancora del bene in mezzo a voi.

Don Castel è stato subito disponibile e anche gioioso di fronte a questa proposta. Così si serve la Chiesa, con il rinnovarsi dei “si” che ci vengono chiesti per il bene di tutti. Siamo grati a don Castel per questa bella disponibilità.

Un saluto e un ringraziamento alle autorità presenti.

La Parola di Dio mostra sempre la strada, ci accompagna e così lo fa anche oggi per te don Castel e per tutti noi.

La prima lettura ci regala una stupenda pagina che ci parla della sapienza. Sentite che bello: “Chi si alza di buon mattino per cercarla… la troverà seduta alla sua porta”. E in queste righe viene promesso che la sapienza non mancherà per chi la cerca e la desidera e che essa sarà presenza che guida e che accompagna. L’avete mai trovata voi alla porta di casa vostra?

Sono parole che riguardano tutta la comunità, tutti noi. A ciascuno è promessa in dono la sapienza e potremmo dire che essa ci parla di Dio, soprattutto dell’amore con cui si fa vicino delicatamente a tutti noi.

Ma questa promessa oggi risuona in modo ancor più marcato per don Castel nel suo intraprendere questa nuova avventura.

La Parola di Dio ti ricorda che la sapienza, la voce di Dio, il suo sguardo, il suo amore accompagnano anzitutto te, la tua vita di uomo e di prete. Ti invita a fare memoria dei luoghi, dei volti, degli incontri in cui ti è stata regalata la sapienza, quasi la si potesse trovare proprio alla porta della nostra vita. La voce della sapienza, don Castel, ti ha nutrito, ti accompagna, ti guida.

La pagina biblica ti invita a cercare, a desiderare la sapienza.

E’ la sapienza che potrai invocare per prendere delle scelte, per avvicinarti alle persone, per trovare le parole giuste da dire nelle varie situazioni che incontrerai, per avvicinarti anche ai cuori più duri e difficili, per trovare le parole semplici che possano comprendere sia i più piccoli come i più sapienti e per avere e regalare lo sguardo di Dio sulle cose, sul mondo, sulla vita. Essa sosterrà talvolta la tua pazienza,

Caro don Castel, lasciati guidare dalla sapienza. “Riflettere su di lei è intelligenza perfetta” dice questa pagina biblica. Lasciati guidare dalla sapienza, ti regali lei lo sguardo di Dio; lasciati toccare da quella sapienza che è l’amore di Dio e che a te prete oggi dice: Ti voglio bene, sei amato da Dio. Ricco di questa sapienza puoi andare incontro ad ogni persona.

Ed è questo il dono che puoi portare alla comunità. Essere tu eco e strumento della sapienza di Dio, cioè della sua opera, del suo modo di agire.

La pagina di Paolo ai Tessalonicesi è parola kerigmatica, riporta l’annuncio fondamentale che quel Gesù che era morto in croce è risorto, è vivo, ha vinto la morte. E quindi anche noi siamo vivi, ci è promessa la vita, ci attende la vita.

E in questa visione risiede il cuore del servizio alla Parola che il prete deve portare: servire e annunciare la vita. Si tratta di vivere il ministero, le cose che fa il prete… per servire la vita, per custodirla, accoglierla, difenderla, annunciarla, condividerla.

Dovrai anzitutto vivere qui una presenza che difende la vita: si tratta di dire parole e agire per custodire la vita dal suo concepimento, fino al rispetto del dono che sono gli anziani nella società; poi richiederà di favorire la crescita e l’educazione dei giovani perché non sprechino la vita, ma siano giovani vivi, come ricordava loro papa Francesco nell’esortazione apostolica “Christus vivit”, valorizzando le tante potenzialità che trovi qui, dai ragazzi che avrai a catechismo, ai giovani coinvolti nella contrada, a quelli che magari incontrerai per la strada; poi sarà attenzione a rispettare e conoscere il mondo del lavoro, una delicatezza vitale; si tratterà di ribadire il progetto di Dio sulla umanità, creando l’essere umano come uomo e come donna; vorrà dire anche promuovere le famiglie; servire la vita vorrà dire contribuire a far crescere questa comunità, in comunione con le altre che accompagni, nella capacità di accoglienza verso tutti, soprattutto i più poveri e i più scartati. Sarà un ministero alla ricerca della vita, capace di vedere ogni principio e ogni segno di vita, attento a promuovere che la vita sia vissuta come dono.

Caro don Castel annuncia Cristo risorto e vivente, annuncia la vita per ciascuna delle persone che incontrerai, credenti e no, cristiani o amici di altre religioni, italiani o stranieri magari accolti come migranti e profughi, senza dimenticare i poveri. Servire il vangelo, servire la comunità cristiana vuol dire servire la vita; anzi… vuol dire, per te, donare la vita.

Suggestiva davvero è la pagina di vangelo. Ci regala quella atmosfera di attesa trepidante per vivere la festa; ci stimola ad aprirci al futuro, all’attesa, alla speranza; ci ricorda che starci bene nel mondo e nella vita dipende anche dalle responsabilità che siamo capaci di assumerci.

Mi colpisce il cuore di questa pagina evangelica, l’annuncio così espresso: “A mezzanotte si alzò un grido: ecco lo sposo andategli incontro…”. E’ straordinario. A mezzanotte, nel buio cioè, quando la speranza e l’attesa sembra spegnersi (infatti tutte le vergini dormono), il silenzio e il buio sono squarciati da un grido che riapre la speranza, la gioia, la festa. E cosa deve fare un prete in una comunità se non questo: si tratta di gridare, di far sentire la voce, di superare anche le barriere dell’ascolto per aprire alla speranza, per rimettere in cammino. Tu don Castel non hai la voce bassa, sai farti sentire… Forza, grida quando hai qualcosa di bello da annunciare. Quanto è necessario in questi nostri tempi un po’ più bui e preoccupanti, anche a causa della pandemia con tutto quello che si porta dietro per la salute e anche il lavoro e il futuro! Immaginate che forza un grido, nel buio, che dicesse: “Il virus è vinto per sempre…”. Quale forza ha un annuncio quando tocca davvero la vita. Così è l’annuncio del vangelo, il grido, così deve essere la parola e la presenza del prete nella comunità: grida un annuncio che stravolge la vita e riaccende la speranza. E se gridi da qui ti sentiranno anche a La Torre e a Ponte a Cappiano.

E l’attenzione è posta anche sull’olio di cui c’è bisogno e che occorre anche di scorta… L’olio per lo sposo che viene: e cosa è se non l’amore? L’essere amati… (infatti viene lo sposo).

L’olio che tiene accesa la lampada per quelle vergini è l’amore, l’essere amate. E non lo si può condividere perché ciascuna delle vergini deve scoprire per sé,  per la propria vita, di essere amata. E sono delle vergini, cioè nelle condizioni di accoglierlo come per la prima volta quell’amore, di lasciarsene riempire. E si è così ammessi alla festa.

Si tratta allora di alimentare, sostenere, promuovere ogni percorso di speranza per la vita delle persone e per la chiesa… E il modo di farlo per te don Castel, per il parroco è quello di amare, di vivere la carità, di far sentire che questa è comunità amata. E così essere promotore di speranza… “Vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora”: è una profezia che si potrebbe tradurre con il verbo amare… Amate… perché non sapete né il giorno né l’ora.

L’olio dunque rappresenta la trama delle relazioni nella comunità quando sono abitate dall’amore. Il prete dovrà alimentare questo olio, averlo lui di scorta come uomo della comunione, capace di tessere legami, di unire, di promuovere incontro e condivisione…

 

Caro don Castel, impara dunque costruire ponti: quelli tra le comunità che accompagni, quelli tra le persone, quelli tra chi è segnato da tante “diversità”. Quando arriverà il grido dello sposo vicino rimarrà solo l’amore, rimarrà solo quello che tu come pastore avrai donato con amore.