Omelia per l’Ammissione tra i candidati all’Ordine di Alfonso Marchitto

Ponsacco, chiesa di San Giovanni evangelista
30-09-2020

 

La celebrazione che stiamo vivendo, nella parrocchia di Ponsacco, il rito di ammissione tra i candidati agli ordini sacri per Alfonso Marchitto, in questa che è la parrocchia ove vive il suo tirocinio pastorale, richiama per Alfonso un cammino, una strada percorsa e che lo porta a essere di casa in una nuova comunità.

La tua storia, caro Alfonso, parte dalla bella terra di Puglia, la tua parrocchia e poi il seminario di Molfetta; passa per Frosinone, nella comunità Nuovi Orizzonti che con sguardo positivo sul tuo cammino ti ha indirizzato a San Miniato, dove sei diventato di famiglia anzitutto a Fauglia e Valtriano e poi qui a Ponsacco. E questi passi nella significativa e necessaria cornice e famiglia che è il seminario che ringrazio per la presenza questa sera.

Questo è il cammino di vita e di vocazione che ti porta questa sera a consegnarti al Signore in una comunità concreta che è la chiesa di San Miniato. Con questo rito tu racconti che hai sentito per te la chiamata del Signore a seguirlo e che questo desideri fare e la nostra chiesa ti accoglie, riconosce i segni di questa chiamata e si impegna ad accompagnarti per sostenere ancora discernimento e formazione.

Le letture proclamate della liturgia odierna sorprendentemente illuminano il tema della vocazione.

La prima lettura ci presenta una riflessione di Giobbe sul dramma che gli è accaduto, perdendo tutto della sua vita e di fronte all’interrogativo su chi sia Dio, cosa gli stia chiedendo, come rapportarsi con lui e, forse, affidarsi.

E’ una pagina che in modo sofferto ci consegna una professione di fede: “Come può un uomo aver ragione di fronte a Dio?… Egli è saggio di mente, potente di forza… Fa cose tanto grandi che non si possono indagare, meraviglie che non si possono contare”.

E’ una pagina che svela Dio nelle parole di chi, nella sofferenza, si interroga su di Lui e rinnova la sua fiducia, il suo affidamento, sapendo che Lui è buono e Signore della vita, della sua vita.

E’ una pagina dunque che illumina anche il cammino di vocazione, anche il tuo cammino, Alfonso.

E parla pure a tutti noi. Tra queste righe scopriamo il senso della vocazione, da dove viene.

La vocazione nasce da un incontro con Dio che si scopre come Signore della vita, come colui che fa il bene, ti fa il bene, ti fa vivere e conosce il senso della tua vita.

C’è anzitutto un incontro con Dio. La scelta di seguirlo, la vocazione è all’interno di un rapporto con Dio, nasce da un incontro vero, che tocca cuore e mente. Seguire il Signore richiede di dire chi è Lui per noi, richiede di riconoscerlo come il Signore, come il nostro, il mio Dio. Giobbe sa dire chi è Dio per lui. E noi? E tu Alfonso?

E arrivato qui, in terra sanminiatese, Alfonso, scopri, come dice Giobbe, che Lui “fa cose tanto grandi”. Dio ha fatto cose tanto grandi nella tua vita. Vivere oggi l’ammissione è il frutto maturo di quello che ha fatto il Signore nel tuo cammino, di come ti ha accompagnato, del bene che ti ha voluto e che promette di nuovo. Racconta Alfonso, racconta al tuo cuore, ai tuoi amici, agli altri seminaristi le cose tanto grandi che il Signore ti ha fatto. Solo così si può spiegare il cammino di sequela e la ufficialità che esso assume oggi con questo rito.

Infine questa pagina biblica, nelle parole di Giobbe, richiama a ricercare sempre la volontà di Dio, a fidarsi del suo progetto di bene, ad affidarsi a Lui. Così si deve camminare nella vocazione, anche dopo l’ammissione: cerca sempre la volontà di Dio, interrogati su come e dove ti sta conducendo, affidati a Lui. Capita che nelle scelte della vita si mettano talvolta anzitutto davanti le nostre aspettative ed esigenze…, ma seguire il Signore richiede di mettere al primo posto quello che ha pensato lui, non i nostri bisogni. Non si diventa preti per soddisfare i nostri bisogni e le nostre aspettative, ma per servire, per donare la vita.

Il vangelo ci presenta vari cammini di sequela. Non sembrano chiamate andate a buon fine. Nonostante per alcuni ci sia l’invito di Gesù, “seguimi”, la preoccupazione è altro, è ancora la propria vita.

Il senso, il filo conduttore di tutte queste chiamate è che accogliere l’invito di Gesù a seguirlo cambia la vita: non c’è dove posare il capo e si vive di provvidenza, ci si muove con l’urgenza di annunciare il regno, si guarda avanti, con speranza, al di fuori di noi stessi.

Se non ci si lascia cambiare la vita, alla fine si segue solo noi stessi, magari con la bella facciata di essere seminarista o di seguire il Signore, ma in realtà si cerca se stessi.

Queste chiamate ci dicono che il vangelo, se accolto davvero, diventa lo sguardo, la mentalità, il punto di vista da cui partire per vivere tutto il resto, la propria vita… e così cambia la vita.

Caro Alfonso da quale punto di vista guardi la vita? Questa pagina ci dice: parti dal vangelo, guarda tutto a partire dalla parola del vangelo e lasciati convertire, lasciati cambiare, lascia andare ciò che frena il tuo seguire davvero Gesù, le altre preoccupazioni o mire della tua vita.

E senti risuonare per te l’invito: “seguimi”.

Mi fa riflettere anche questo andare per strada di Gesù e chiamare varie persone, anche chi poi non dirà il proprio sì. Forse anche oggi il Signore per la strada delle nostre parrocchie, della diocesi passa e chiama. Ma i giovani se ne accorgono? Sentono la sua voce che dice ad alcuni “seguimi”? E noi come chiesa facciamo eco alla parola del Signore che chiama oppure, presi dalle nostre cose, o per la nostra fragile testimonianza, rischiamo noi stessi di offuscare la chiamata?

Oggi il vangelo e anche il rito che stiamo vivendo ci dice che Gesù passa e chiama… Siamo Chiesa, siamo giovani che rispondono?

Un ultimo richiamo. L’inizio di questa pagina racconta una collocazione: “mentre camminavano per la strada”. La strada è il luogo dove si incontra Gesù, dove lo si segue, dove ci raggiunge la sua chiamata, dove si inciampa e si cade anche.

Mi sembra un ultimo suggerimento per chi vuole fare il prete oggi, nella nostra Chiesa. Il luogo di vita è la strada più che la sacrestia! La strada! Cioè la vita, la condivisione dove incontri la gente, le sue fatiche, i suoi cammini, dove conosci le ferite delle persone e si vive l’ascolto. E’ la strada, dove ci si impolvera e dove ci si sporcano le mani, con l’odore del sudore che magari ti precede anche.

“Mentre camminavano per la strada” è il luogo dove si può accogliere e vivere il “seguimi” di Gesù ed è il programma che tu, Alfonso, devi accogliere e vivere da oggi in poi.