Omelia della Messa della Notte di Natale

San Miniato, chiesa Cattedrale, ore 19
24-12-2020

 

Natale in tempo di Covid

 

Ma dove sarà finito San Giuseppe?

Il vangelo che abbiamo ascoltato ce lo presenta in viaggio: “Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme…”.

Papa Francesco quest’anno ha invitato tutti i cristiani a ritrovare in Giuseppe un patrono, un amico, un testimone di Dio… E’ il padre di Gesù, qui in terra… E ci chiama, il papa, tutti noi, ad incontrare Giuseppe, per lasciarci condurre da lui a vedere Gesù, a vederlo nato in quella grotta: Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.

Andiamo anche noi allora a Betlemme, a vedere quel bambino nato, come fanno anche i pastori in quella notte che, ci racconta il vangelo, prima timorosi, poi pieni di gioia accolgono l’annuncio di quella nascita e l’invito ad andare a vederlo: “troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.

Allora…, Giuseppe non può mancare; anche nel nostro presepio l’abbiamo collocato ben bene vicino a Maria e a Gesù bambino; è perfino una bellissima statuina…

Andiamo anche noi a Betlemme, lasciamoci guidare da Giuseppe.

Ma…, dove vai Giuseppe? Betlemme non è da quella parte… No, Giuseppe, dobbiamo andare in Palestina, è là Betlemme, ti attende perfino Maria. Dove vai Giuseppe? Dove ci stai portando?

Da quanto papa Francesco l’ha scelto come personaggio dell’anno non si sarà mica montato la testa? Oppure è confuso perché quest’anno la messa di mezzanotte la celebriamo alle 19, a causa della pandemia e forse è un po’ disorientato, vuole forse attendere la mezzanotte.

Certo si capisce che è un Natale in tempo di Covid-19: perfino lui, Giuseppe, ha la mascherina…

Vabbè, andiamo dietro a lui. Prima o poi ci condurrà a Betlemme, dopotutto ci sono là moglie e figlio, vorrà mica abbandonarli.

Ma cos’è quell’edificio all’orizzonte, un po’ nella nebbia? Sembra un grande palazzo, no no, avvicinandoci ora si capisce bene. E’ un ospedale. “Reparto Covid” c’è scritto.

Furtivamente Giuseppe è entrato, dopo il consueto “triage” a cui dobbiamo sottoporci tutti noi. Entriamo, seguiamolo… Giuseppe si sofferma a guardare, consolare, incoraggiare ogni malato, a tutti i letti e ci invita a fare come lui. Ma quanta sofferenza ci fai vedere Giuseppe. Ma dove ci hai portato? Ma non dovevamo andare a Betlemme?

Ora sta parlando con i medici e con gli infermieri. Mi sembra che gli dicano che non ce la fanno più, che hanno tirato davvero la corda, si lamentano anche per l’insufficienza delle strutture. Ma non avevamo in Italia una delle sanità migliori al mondo? Bravo Giuseppe, fai bene ad ascoltarli, ad accogliere il loro lamento… E per favore, dì loro, anche da parte nostra, il grazie più grande possibile.

Ah Giuseppe, quando dal tuo bambino Gesù comincerai a sussurrare all’orecchio le prime parole, ricordagli di aiutarci, di venire in mezzo a noi come luce e salvezza, di soccorrerci presto in questo momento così triste e doloroso, segnato da malattia e lutti… e anche da paura.

Ed ora via, Giuseppe riprende la strada. Ma non si arriva più! Anche perché qua e là si ferma per dare un aiuto ai più poveri che incontriamo per la via. Non gli scappa nessuno, anche quelli che a noi sembrano un po’ antipatici, sporchi… Lui, Giuseppe, ha una parola per tutti, un sorriso per ciascuno dei bisognosi. E per non dire degli immigrati che si son visti chiudere in faccia tante porte. Pare che a loro vada dicendo che avranno i primi posti nel visitare il bambinello che è nato a Betlemme.

Ma dove vai, Giuseppe? No, non si può lì. E’ una casa, non vedi? C’è una famiglia, lasciali in pace. Macché… Entra lui… e dentro anche noi. Entrare in una casa, in una famiglia è un po’ come entrare nell’intimità della vita e delle persone. C’è di tutto: il sorriso dell’amore degli sposi novelli, le ferite che un amore più consumato si porta dietro, con tutte le fatiche del perdono; e poi ci sono i figli, ops, mi correggo, il figlio (dopotutto anche Maria e Giuseppe ne hanno avuto solo uno): un mondo fantastico il loro, un mondo talvolta incomprensibile per i genitori… E meno male in questa casa ci sono anche i nonni, gli anziani e non si sono dimenticati di loro lasciandoli magari soli. Ora Giuseppe ascolta, senti…: mi sembra che siano un po’ tutti preoccupati. Quest’anno volevano un po’ di serenità a natale, ritrovarsi di famiglia, ma è già giornata rossa e alle 10 tutti a casa. Ah, dimenticavo: ma tu Giuseppe hai fatto l’autocertificazione? Ecco, volevano un po’ di calore di famiglia e ci si trova separati e poi… in tante famiglie la povertà è alla porta di casa, chissà se riprenderà il lavoro e se i ragazzi torneranno presto a scuola. Essì Giuseppe, comincio a capire: sei entrato qui per ascoltare le persone e le loro tribolazioni, i loro timori. Ma vuoi invitare anche loro a Betlemme?

Riprendiamo la strada. Stiamo per arrivare…, si…, Betlemme… Macché: è una ditta che si chiama per l’appunto “Betlemme”. Sarà perché è natale.

Ah, ma avevi avvertito! Ci sono tutti, proprio tutti. I proprietari, i vari tipi di lavoratori, qualcuno anche delle famiglie, gli operatori commerciali, perfino i commercianti ci sono, mi pare di vedere volti amici dei nostri negozi di San Miniato. Non farai mica una conferenza sul lavoro eh. Lo so, lo so che c’è preoccupazione, che non si sa se riprenderà il lavoro… e quando. Pare che ad alcuni non sia ancora arrivata la cassa integrazione. Però, tu te ne intendi di lavoro: sei il falegname dopotutto. E a te gli affari come vanno? Tutti contenti ora, perché li hai ascoltati e incoraggiati…

Uffa. Ma quanta strada per andare a Betlemme con te, Giuseppe. Cosa? Vuoi fermarti a casa nostra? A casa mia? Ma non è qui vicino… Ci andiamo lo stesso dici?

Vieni allora, Giuseppe. Entra… questa è casa mia.

“Sveglia, sveglia… è la mattina di Natale!!”. Mamma, ma è già ora di alzarsi?! Stavo sognando, ero con Giuseppe… Si doveva andare a Betlemme, a vedere quel bimbo di cui ci ha parlato il vangelo della notte. E, invece di Betlemme, ci siamo fermati ovunque, abbiamo incontrato un sacco di gente, ma a Betlemme non c’eravamo ancora arrivati.

Giuseppe, cosa? Ancora tu? Ma dormo o son desto? Sarà, però ti sento. Cosa? Mi stai dicendo che invece… siamo stati sicuramente a Betlemme??!!

Adesso ho capito…! Ecco Betlemme, ecco dove è nato Gesù, ecco dove egli è il Dio con noi. Un giorno, quel giorno del suo natale in quella grotta di Palestina era Betlemme. Oggi quante Betlemme abbiamo visitato seguendo l’amico Giuseppe.

Ecco Betlemme, luoghi e volti segnati dalla vita, da tante speranze e dalle preoccupazioni e sofferenze del tempo presente, il tempo della pandemia. Proprio lì è Betlemme, proprio lì è nato Gesù e si presenta come il Dio con noi, il Salvatore, la luce del mondo.

“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce… In terra tenebrosa una luce rifulse” ci dice Isaia. E’ lì Betlemme. E’ Natale, è Betlemme perfino casa nostra, la nostra vita, il nostro respirare e vivere.

Ehi Giuseppe, ma non ti sei dimenticato di fermarti anche in chiesa? Anche lì sarà Betlemme. Almeno per il presepio che abbiamo fatto… E’ vero! Con te ci siamo ora in chiesa e possiamo insieme, tutti noi, gioire e ritrovare speranza perché qui oggi è Natale, qui oggi è Betlemme.

Vai Giuseppe, continuiamo a seguirti… sappiamo che ci porterai da Gesù bambino.