Intervista per La Nazione dopo la Visita ad Limina

di Carlo Baroni
15-04-2013


Quali sono state le parole che Lei ha rivolto al nuovo Pontefice? Cosa Le ha risposto?


                     Oltre a portargli il saluto di tante persone e la loro richiesta di benedizione, ho avuto modo di parlargli un po’ delle nostre terra e della nostra Diocesi, presentandogli le preoccupazioni, le attese, i nostri impegni.


Cos’ha provato quando Le ha stretto le mani?


                     Il calore dell’amicizia, la forza della fiducia, la solidità della fede. E’ stato come stringere le mani a un padre, amorevole, pronto all’ascolto, gioioso.


Ha invitato il Papa a visitare San Miniato e le sue terre?


                     Ho fatto solo un accenno a questo. Ma il bello è che il Santo Padre Francesco conosce, almeno di nome, le nostre terre. Me lo ha detto lui stesso all’udienza privata. Infatti un suo strettissimo collaboratore, dapprima suo vescovo ausiliare, poi vescovo nella Pampa, e ora, prima nomina papale, suo successore come Arcivescovo di Buenos Aires e Primate di Argentina, proviene da La Scala: Mons. Mario Aurelio Poli. Qualche anno fa era venuto qui da noi in cerca dei suoi parenti. Suo padre Mario, ferroviere, era nato qui, battezzato a San Pietro alle Fonti e poi emigrato in Argentina, prima della guerra.


Quali sono i dati più salienti del nostro territorio che Lei ha portato a Roma per la visita “Ad limina”?


                     Sono i dati di un territorio di più di 170.000 abitanti che si è andato popolando in modo considerevole in questi ultimi anni, con un incremento di persone provenienti dall’estero, ma anche da zone limitrofe e dall’Italia, bisognoso quindi di sempre maggiore integrazione sociale. Un territorio diversificato tra comprensorio del cuoio, valdera e zona fiorentino-pistoiese. In forte crisi economica e quindi di occupazione che mette in difficoltà molte famiglie e i giovani. Un territorio che comunque, soprattutto nella zona del cuoio e del fiorentino-pistoiese, mantiene ancora una certa produttività, più significativa che in altre zone della Toscana. Un territorio inoltre dove i matrimoni, non solo religiosi, sono in forte calo, come la natalità del resto, a denunciare una certa paura del futuro, un disagio consistente del vivere.


Qual è lo stato di “salute” della nostra Diocesi e quali sono le prospettive?


                     La chiesa diocesana, con le sue 91 parrocchie riunite in 21 unità pastorali, con le associazioni, i gruppi e i movimenti, mantiene ancora una bella presenza di Vangelo nel territorio. La Caritas con i suoi 18 centri di ascolto diffusi nel territorio e le opere sociali fiorite da essa, offre accoglienza e apre spazi di concreta solidarietà. La presenza dei religiosi e delle religiose è ancora abbastanza incisiva e il nostro seminario ha un bel gruppetto di seminaristi. Va tutto bene allora? Neanche per sogno. I problemi ci sono, eccome. Non sono importanti infatti le strutture, ma la qualità umana e cristiana delle persone. In questo senso c’è da dare una testimonianza più limpida al Vangelo, c’è da crescere nella comunione fraterna e nella capacità di annunciare l’amore di Dio, in un contesto di crisi economica e morale, in cui tante volte insieme alla speranza viene meno la fiducia in Dio, si è tentati  di gestire la propria vita secondo criteri di utilitarismo egoistico e di metter il proprio io al centro del mondo. Come ci ha detto il Papa Francesco, dobbiamo imparare sempre di più a uscire, ad andare, a farsi compagni di strada della gente. Con espressione colorita ed efficace ha parlato di una ‘pastorale dell’orecchio’, fatta cioè prima ancora che di giudizio, di ascolto attento delle ansie, delle preoccupazioni e delle attese delle persone, sia materiali che spirituali. Per quello che è possibile, ma con viva partecipazione personale e la gioia del Signore nel cuore.


Cosa si aspetta da questo Papa? Crede che riuscirà a riformare profondamente la Chiesa e ad aprire una nuova stagione di evangelizzazione?


                      Mi aspetto soltanto che sia quello che è e che porti questo suo essere nel centro della chiesa come nelle periferie del mondo. La Chiesa è sempre da riformare, perché è fatta da uomini che devono diventare santi. Ma è Dio che santifica e rinnova con il suo Spirito. Noi tutti dobbiamo essere strumenti docili del suo amore. Credo che Papa Bergoglio darà un bell’impulso al rinnovamento della fede e alla testimonianza della carità. I tempi che stiamo vivendo sono un tempo di grandi cambiamenti: la chiesa, nonostante i peccati dei suoi figli, sostenuta anche da questo Papa, è pronta per adempiere con nuovo slancio la sua missione nel contesto di questi tempi nuovi.