Tonino Bello nelle parole di don Luigi Ciotti

di Tommaso Giani

Quando andavo in Puglia a trovare il mio amico don Tonino vescovo di Molfetta, nel palazzo vescovile gli uffici della curia non si trovavano mai. Andavi a bussare alla segreteria, e ci trovavi una famiglia sfrattata. Andavi all’ufficio del cancelliere, e ci trovavi altre persone senza tetto con materassi messi lì in emergenza. Immaginatevi lo scandalo che questo tipo di accoglienza provocava fra i cattolici benpensanti: il palazzo del vescovo trasformato in un dormitorio. Don Tonino stesso non era contento di quel tipo di accoglienza: per queste persone ci vogliono delle case vere, non degli spazi di fortuna, si spolmonava coi politici. Ma fino a quando le istituzioni non si muovono, io vescovo cosa faccio, lascio i poveri in mezzo a una strada?».

Don Luigi Ciotti, il prete di strada presidente di Libera, promotore da tanti anni di percorsi di riutilizzo sociale di beni confiscati alla mafia e di inclusione sociale di persone lasciate ai margini dai guasti della nostra economia, domenica scorsa ha dato uno scossone alla gente di Ponsacco con queste parole. Invitato dal parroco don Armando Zappolini in un cinema Odeon gremito per raccontare la sua amicizia con don Tonino Bello (l’ex presidente di Pax Christi a cui la parrocchia di Ponsacco ha scelto di intitolare il centro pastorale in via di realizzazione), don Ciotti ha esordito esaltando il coraggio e l’apertura di cuore di un vescovo visionario che non si limitava a dire ai poveri «Andate alla Caritas», ma che i poveri se li portava in casa sua. Per fare colazione insieme, per scambiare due chiacchiere, e anche per dare ospitalità in situazioni di emergenza. «A don Tonino non piacevano gli onori, quindi questa vostra scelta di dedicargli la vostra casa parrocchiale lo avrebbe messo in imbarazzo, ma io vi dico che avete fatto benissimo – ha proseguito don Ciotti -: il nome di don Tonino vi servirà come richiamo costante a far vivere questo nuovo spazio come un luogo di incontro e di socialità aperto a tutti: credenti, non credenti, italiani, stranieri». Il prete di Torino ha sottolineato una delle espressioni più efficaci della spiritualità di Tonino Bello: «I poveri sono l’ostensorio di Dio; un Dio da adorare per strada, non solo nelle chiese».

Una frase che trovava corrispondenza, ha ricordato don Ciotti, nella vita quotidiana e nelle amicizie più strette del vescovo pugliese: «Sapete che quando il tumore era avanzato e Tonino dovette smettere di viaggiare, il vescovo si rivolse a me e mi raccontò del suo migliore amico a Roma, un senza tetto che viveva sui marciapiedi di via della Conciliazione. Te che passi spesso a Roma, mi disse, ricordati di portargli sempre i miei saluti, anche quando io non ci sarò più».

Ma il cristianesimo del vescovo Tonino non era solo generosità, era anche denuncia delle ingiustizie. «Pensate a tutte le marce per la pace da lui promosse: a Comiso, per protestare contro la follia dei missili Nato, e poi a Sarajevo, per chiedere pace durante la guerra nei Balcani. E poi la sua solidarietà con chi subiva le ingiustizie sul posto di lavoro, come gli operai delle acciaierie di Giovinazzo, in Puglia. Lo stesso coraggio dovremmo dimostrarlo noi oggi, per schierarci contro le ingiustizie che ledono la nostra Costituzione e tradiscono il Vangelo. Penso al ritardo vergognoso che l’Italia sta accumulando per approvare la legge sulla cittadinanza italiana per i ragazzi nati nel nostro Paese da genitori stranieri. Ma anche a tutti i favori che vengono fatti ai potenti che evadono o eludono le tasse o a chi lucra sul gioco d’azzardo, o il lavoro non ancora sufficiente di politica e magistratura per restituire allo stato tutte le ricchezze depredate dalla criminalità organizzata. Sono centinaia di miliardi di euro ogni anno, una cifra enorme. Le accuse che don Tonino bello faceva all’Unione Europea negli anni ‘90 suonano più profetiche che mai, col senno di poi: Tonino accusava l’Unione di essere diventata una “cassa comune”, anziché una “casa comune”.

E noi? Oggi? Che facciamo? Beh, penso che di fronte all’economia del malaffare che crea povertà e disuguaglianze inaccettabili dobbiamo scegliere da che parte stare, e dirlo a voce alta».