Mistica al femminile

Simone Weil, «il desiderio che non tradisce»

di Giulia Taddei

Chiudo la rassegna delle figure femminili legate alla storia della Cristianità e definite «mistiche» con Simone Weil che credo sia stata uno dei vertici del pensiero filosofico del Novecento europeo. Simone nasce nel 1909 a Parigi da una famiglia ebrea colta e raffinata, figlia di un medico, Bernard Weil e di Selma Reinherz, suo fratello era il noto matematico André Weil (1906-1998) che condivideva con lei la stessa passione per la conoscenza e la cultura.

Fin da piccola appare continuamente minacciata da una precarietà di salute, già dagli anni dell’adolescenza il suo corpo le appare più impedimento che mezzo. Silenziosa, bruttina, devastata dalla miopia: un aspetto fisico indubbiamente non aggraziato in contrasto con il suo pensiero così delicato e pieno di grazia. A 16 anni ebbe una grave crisi depressiva e iniziò a soffrire di tremende emicranie. Seguì studi di filosofia, filologia e scienze; nel 1928 si classificò prima all’esame di ammissione presso l’École Normale Supérieure, seguita da Simone de Beauvoir, che arrivò seconda. Interessata al movimento operaio e al sindacato, si avvicinò al Marxismo, del quale rifiutò però il totalitarismo, ospitando per un breve periodo Trotzkj , oppositore antistalinista riparato all’estero e fu vicina alle correnti anarchiche. Rigorosa, amava la verità e l’umanità che pose sempre al di sopra delle leggi del progresso e della storia.

Tra il 1934 e il 1935 volle porsi sullo stesso piano del proletariato, sperimentando le dure condizioni di lavoro operaio presso la Renault, distribuendo gran parte del suo salario ai lavoratori disoccupati: raccontò questa defatigante esperienza, che aveva messo a dura prova la sua spiritualità e la sua salute, in un diario e in alcune lettere che furono raccolte e pubblicate postume nel 1951 in «La condizione operaria». Furono anni di estremo pessimismo nelle analisi e valutazioni sulla situazione di oppressione, e in alcuni casi di schiavitù,  degli operai e delle operaie francesi di quel periodo. In quegli stessi anni non vede ragioni di speranza: la Germania hitleriana, l’Urss stalinista, e la stessa America in cui regna incontrastato il capitalismo, costituiscono ragioni di sconforto e pena.

Nel 1937 soggiorna presso i genitori, comprensivi e preoccupati per la salute della figlia, che la sollecitano a fare qualche viaggio all’estero per tentare di farle superare i ricorrenti stati di depressione. Alcuni episodi, fra il 1935 e il 1939, provocano in Simone Weil una sorta di ripetuta «illuminazione» di carattere mistico, legata ad esperienze di pratiche rituali e di contatto con i luoghi del cristianesimo. Nella primavera del 1937, si trovava all’interno della Chiesa di San Francesco in Assisi dove ebbe la prima di una serie di estasi mistiche, un «incontro con Cristo», e si votò alla verità, problema squisitamente personale da raggiungere attraverso l’introspezione. Nel 1938 si convertì al cattolicesimo, rifiutando però il battesimo.

Quando scoppia la guerra pensa a proteggere i suoi genitori e si trasferisce con loro a Marsiglia, dove vive gli anni ‘41 e ‘42, e dove compone dodici quaderni che costituiscono il suo più complesso testamento filosofico. Su indicazione dei parenti si trasferisce negli Stati Uniti ma poi rientra in Inghilterra, a Londra per militare nella Resistenza con “France Libre”. Colpita dalla tubercolosi, aggravata per le dure esperienze di vita e per i lunghi digiuni (pretendeva di nutrirsi con quelle che erano le dosi alimentari destinate ai francesi nella patria occupata), fu costretta a ricoverarsi nel sanatorio di Ashford, nel Kent, ove morì il 24 agosto del 1943, dopo aver rifiutato cibo e medicine. I medici diagnosticarono un suicidio volontario o una malattia mentale, che forse oggi potremmo individuare come un’anoressia nervosa. Tutte le sue opere sono state pubblicate postume.

Tra gli scritti principali che coprono due filoni di pensiero uno politico-filosofico e uno di studi teologicospirituali, sono da ricordare: «L’ombra e la grazia» una raccolta di saggi religiosi e aforismi del 1947; «La prima radice» (1949) ; «Attesa di Dio» (1950), sua autobiografia spirituale; «La conoscenza soprannaturale» (1950); «Lettera a un religioso» (1951); i tre volumi di «Quaderni» (1951-1956); «La fonte greca» (1953); e «Oppressione e libertà» (1955), una raccolta di saggi sulla filosofia e sul linguaggio in cui manifestava l’orrore per il totalitarismo. Il pensiero di Simone Weil rappresenta una delle più brucianti testimonianze mistiche del Novecento è connotato dal desiderio che non può tradire, dalla certezza assoluta che se noi cerchiamo assiduamente la verità e la sappiamo desiderare con la parte più profonda di noi, essa non si negherà, ma si lascerà trovare.

La fede, per Simone, non è ansimante sforzo di pervenire a Dio, ma l’attesa certa che Lui scenderà fino a noi, se sapremo riconoscerlo, imparando l’arte dello sguardo e dell’attenzione, che si fa cura, che si fa ascolto, che si piega, che ha compassione, così come ha fatto nella sua vita Simone, mettendosi in gioco sempre e completamente, volendo conoscere la vita dal di dentro.