RIFLESSIONI

Riflessioni di don Massimo e don Luca

alla vigilia della loro ordinazione sacerdotale

La riflessione di don Massimo Meini

 

Domenica prossima 29 ottobre, nella Festa del Santissimo Crocifisso, riceverò il dono del Sacro Ordine del Presbiterato. Il primo pensiero va a quanto S. Paolo Apostolo scrive a Timoteo: «ti ricordo di rinnovare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani» (2Tm 1,6). Ravvivare il dono di Dio, ricevuto per pura grazia: a questo sarò chiamato. Nell’evento della Visitazione Maria Santissima comunica il Cristo e la Sua grazia a Santa Elisabetta e al Battista, insegnando che si può donare soltanto ciò che realmente si «possiede»: anche tramite il quotidiano gesto di un saluto. Per essere canale della grazia divina, è necessario rimanere uniti a Dio tramite la preghiera perseverante e mediante i sacramenti. Questa è la medesima esperienza vissuta da tanti santi sacerdoti, i quali, nella loro diversità e pur immersi senza riserve nelle opere di carità spirituale e materiale, si guardano sempre dal cedere al mero attivismo e dal «limitare» la preghiera: tra questi, S. Alfonso Maria de’ Liguori, le cui Cappelle Serotine rappresentano una delle prime significative espressioni della “Chiesa in uscita”, tanto cara a Papa Francesco, e della importanza dei laici per la vita ecclesiale; S. Luigi Maria Grignon da Montfort con i preziosissimi frutti spirituali della sua instancabile attività missionaria; S. Leopoldo Mandic e la sua splendida dedizione al confessionale; S. Giovanni Maria Vianney, dichiarato patrono dei parroci, S. Giovanni Paolo II; e, più di recente, il servo di Dio don Nazareno Lanciotti, martire. Tutta la vita consacrata conferma la necessità di privilegiare sempre e comunque la preghiera: ricordo la grande figura di Santa Teresa di Calcutta, la quale recitava il S. Rosario per i poveri e gli ammalati di tutto il mondo e restava ore in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, risollevando le consorelle che si addormentavano, esauste a causa delle impegnative attività giornaliere di assistenza ai bisognosi. Proprio in occasione del giubileo dei sacerdoti e dei seminaristi (1-3 giugno 2016) Papa Francesco sottolinea che il prete deve lasciarsi trafiggere dall’amore del Signore e per la gente; e non ricercare consensi. Perciò il prete «non conosce guanti» e non possiede un «cuore ballerino»; si lascia animare dall’autentico bisogno di cercare la pecora perduta, «senza farsi spaventare dai rischi». Ringrazio quanti mi hanno accompagnato e tuttora mi sono a fianco: la mia famiglia, che mi ha fatto battezzare e dalla quale ho ricevuto la fede cattolica (in particolare, nonna Dina, ricca, come tutte le persone «semplici», di quella pietà popolare e di quella sana devozione che spesso superano molte forme di dannoso intellettualismo); tutti i fedeli sino ad oggi conosciuti, perché mi hanno permesso di condividere le loro preoccupazioni e le loro gioie; quei docenti di teologia che dallo studio sanno trarre validi argomenti a sostegno della fede. La mia mente va agli anni, ormai lontani, del liceo e dell’Università; alle comuni difficoltà della adolescenza e dell’inizio della maturità, esposte alle tentazioni del relativismo e della secolarizzazione. Tentazioni, queste ultime, che oggi caratterizzano le nuove generazioni, sempre più esposte al “pensiero debole”.  Ringrazio Dio perché dona alla Sua Chiesa santi preti, i quali, nel nascondimento e fedeli al Magistero, con autentico zelo apostolico ed evangelizzatore si spendono incondizionatamente per la salvezza delle anime, educando rettamente i fedeli alla sequela del Cristo; nella fede e nel sacrificio della Croce: nella mia vita mons. Giovanni Dini, che mi ha cresciuto, e don Riccardo Nieri, al quale molto devo. Anche loro, dal cielo, prendono parte alla mia ordinazione. Ringrazio ogni formatore per il prezioso supporto offertomi in questi anni unitamente ai compagni di seminario, passati e presenti (ai primi chiedo scusa per le mie mancanze e ai secondi per quelle future, che saranno dovute alla mia fragilità). Ringrazio il vescovo Fausto Tardelli ed il vescovo Andrea Migliavacca per

la pazienza che ha nell’ascoltarmi; il padre spirituale, don Bruno Meini, che mi ha accompagnato nel non facile passaggio dalla libera professione forense alla vita comunitaria. Sono sinceramente riconoscente ad ogni parrocchia che ha avuto il prezioso compito di collaborare alla mia formazione, insegnandomi nei fatti che il prete ha bisogno della “sua” comunità, per il bene della quale riceve il dono del Presbiterato; e che con la Sacra Ordinazione, lungi dall’essere un «prodotto finito», il prete cresce e si conforma tanto più a Cristo, quanto più, secondo l’insegnamento della Chiesa, sa farsi vicino ai fedeli, come padre e come medico. Faccio tesoro delle preziose esperienze vissute nei pellegrinaggi a Lourdes con l’Unitalsi di San Miniato e degli splendidi momenti di preghiera condivisi con la Gioventù Ardente Mariana. Come sempre, affido tutto, anche il dono del sacerdozio, a Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, citando quanto insegna il Concilio Vaticano II e cioè che la «maternità di Maria nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell’Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti anche dopo la sua assunzione in cielo non ha interrotto questa funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna» (LG 8,62).

 

La riflessione di don Luca Carloni

 

«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda» (Gv 15,16). Il Signore Gesù stravolge sempre il nostro modo di pensare il mondo, anzi, stravolge tutta la nostra vita, la nostra esistenza. Il Signore Gesù ci ama per primo, ci raggiunge con il Suo amore, e ci penetra il cuore e l’anima. Ci scombussola i piani di vita, ci rigenera a nuova esistenza, ci concepisce nuovamente nel seno del mondo. Ci rende il nostro vivere il quotidiano ancora più bello, più intenso, più vero, più inebriato del Suo amore. Ogni volta che noi pensiamo di aver fatto una scelta importante nella nostra vita vediamo come il Signore aveva già fatto la Sua. Ogni gesto importante che compiano vediamo come sia sempre preceduto da un volere di Dio nei nostri confronti. E allora di fronte a questa gioia che mi sta invadendo non posso che dire con le parole di San Francesco: «O Signore fa di me uno strumento …»; uno strumento nelle mani di Dio, ma non uno strumento inanimato, uno strumento capace di compiere la Sua santa volontà e capace di essere esempio di santità con la vita. Ecco, la santità non è qualcosa di lontano, di irraggiungibile, di impensabile. Tutti siamo chiamati a questa missione: quella di esseri santi, veri, autentici, proprio ad immagine e somiglianza del Padre: rendici santi perché Tu sei santo. E allora mi viene in mente quante persone ho incontrato nel mio cammino che mi facevano vedere la loro santità; tutti quei volti, riconoscibili uno ad uno per nome, che hanno lasciato un segno indelebile nel mio cuore, persone che mi hanno fatto toccare con mano cosa significa vivere di santità. Giovani, bambini, adulti, nonni, sacerdoti, consacrati, amici veri: tutti, grandi i piccini, sono chiamati a vivere la santità. Sono innamorato dell’Amore, quello con la A maiuscola, che racchiude tutte le forme dell’amore vero. Sono innamorato del donarsi senza riserve, senza condizioni, appieno, totalmente. Sono innamorato dello stupore di fronte alle cose semplici della vita. Sono innamorato delle persone perché mi fanno vivere del grande mistero che è Gesù. E allora vorrei dire una parola a tutti coloro che si sentono giovani: abbiate il coraggio … coraggio di amare, coraggio di puntare in alto, coraggio di vivere il Vangelo, coraggio di vivere una vita piena di Cristo. Abbiate il coraggio della fede, il coraggio della speranza, il coraggio dell’amore. Abbiate il coraggio di vivere nel mondo ma di non essere del mondo. Abbiate il coraggio di essere pienamente voi stessi, di amare tutto di voi, i vostri difetti, i vostri limiti, le vostre imperfezioni. Abbiate il coraggio di pregare, si, di pregare, perché la preghiera ci rende forti. Abbiate il coraggio di essere deboli perché San Paolo ci dice che quando siamo deboli è in quel momento che siamo forti perché il Signore è la nostra forza. Abbiate il coraggio di avere coraggio. Il Signore non ci ha creati per il provvisorio, ma per il “sempre”. Abbiate il coraggio di accettare che siamo fatti per il sempre. Abbiate il coraggio della perseveranza e dell’iniziativa. Abbiate il coraggio di vivere la croce di Cristo. Abbiate il coraggio del silenzio, dell’incontro con l’altro, della pazienza, del dono di sé, dell’ascolto, della condivisione. Non abbiate paura di Dio: cercatelo, nella Sua Parola e nell’Eucarestia, nei fratelli e nelle sorelle che avete accanto, nel dolore e nelle prove di ogni giorno, nella gioia di vivere e di condividere. Cercare il Signore sempre, ovunque, nelle cose della nostra vita, nel quotidiano, nelle piccole cose che sono le più grandi, nella semplicità, nell’essenziale. Abbiate il coraggio di farvi delle domande, soprattutto domande su voi stessi, sulla vostra fede, sull’amore di Dio, su Dio. Abbiate il coraggio di perdervi per ritrovarvi, di morire a voi stessi per rinascere in Cristo. Abbiate il coraggio di affrontare i vuoti dell’anima, i momenti più bui, le notti spirituali che non hanno fine. Abbiate il coraggio di lasciarvi amare da Gesù, di lasciarvi scegliere da Lui, di essere portatori di un frutto che rimane per sempre. E alla fine, se avremo avuto un briciolo di coraggio, potremo come fece San Francesco, di fronte al mistero delle stigmate nel suo corpo, in un momento di ricerca del volto di Dio, dire: «Tu sei santo, Signore solo Dio, che compi meraviglie. Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo, Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra. Tu sei uno e trino, Signore Dio degli dèi, Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, Signore Dio vivo e vero. Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu sei umiltà, Tu sei pazienza, Tu sei bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza, Tu sei giustizia e temperanza, Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza. Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine. Tu sei protettore, Tu sei custode e difensore, Tu sei fortezza, Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità, Tu sei tutta la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore». Maria, madre Sua e madre nostra, ci guidi, ci custodisca, di coccoli con la tenerezza e l’amore di mamma.