Riflessioni

Quando a chattare in modo compulsivo sono i «grandi»

di Antonio Baroncini e Francesco Fisoni

A noi che eravamo bambini qualche tempo fa, alla mattina appena svegli, dopo la preghierina all’angelo custode, la mamma diceva: «Fai anche un pensierino nella tua mente». Poi, a scuola, la maestra, nelle ore programmate per l’insegnamento della lingua italiana, diceva: «Prendete il quaderno a righe e facciamo un pensierino». Crescendo, il pensierino si è trasformato in riflessione e meditazione, non solo per una religiosa “distensio animi”, ma per tutti gli avvenimenti significativi del nostro vivere.

Ci ha colpito, alcuni giorni fa, un post pubblicato su facebook dal nostro comune amico Francesco Fiumalbi; post che ci ha spinto a formulare un “pensierino” per i più piccoli, ed una riflessione per noi così detti “grandi”. Scrive Fiumalbi: «Gente che dalla mattina alla sera pubblica post contro o a favore del capitano o della capitana, gente che si scaglia contro o a favore di gay o della famiglia tradizionale, gente che bestemmia o che prega, gente che pensa al caso di quello o di quell’altro, gente che se la prende con Salvini, Zingaretti, Di Maio, Berlusconi, Renzi, la Merkel, Trump, Putin, i cinesi i nordcoreani e chi più ne ha più ne metta. Gente che da 10 anni a questa parte ci dice cosa farà nella prossima tornata elettorale.

La prima domanda che mi viene in mente è: ma non avete di meglio a cui pensare? Un lavoro? Gli amici? Le persone care? Una passione? Un sano divertimento? Un nobile progetto? Beh, poi vado un pochino più a fondo. Pensate che con i vostri post qualcuno cambi idea? Per dire, pensate davvero che un difensore del capitano possa diventare un difensore della capitana o viceversa? Se lo pensate siete dei poveri illusi, ma vi faccio più intelligenti. E allora perché pubblicate questa roba a getto continuo? Perché avete bisogno di gridare al mondo continuamente la vostra posizione? Che vantaggio ne ricavate? È cosa nota che sia più facile spostare le frustrazioni verso l’esterno. Sappiate che se il problema ce lo avete voi, non è allontanandolo che riuscirete a risolverlo. Odiare o amare su Fb può sembrare un comodo palliativo, ma non vi risolve niente! Affrontate la vostra vita. Credete in alcuni valori? Bene, datevi da fare con piccoli gesti quotidiani che non siano i post su Facebook! Prendere posizioni così nette vi fa sentire appartenenti ad una tribù perennemente in guerra ideologica con altre tribù? Beh, le paci armate non hanno prodotto mai niente di buono, e la guerriglia virtuale produce solo una moltiplicazione di violenza (verbale e non). E chi ci guadagna? Chi ne trae beneficio dai vostri post? Chi vince? Vince Zuckerberg che accumula i vostri dati e li rivende, quando va bene, agli inserzionisti. Che idea si farà di voi un inserzionista? Beh, che basterà darvi da bere ciò che pensate di voler bere! Ma voi volete davvero bere questa roba? E perché la dovrei bere anch’io? Io non posso certo impedirvi di pensare a certe cose dalla mattina alla sera. Fate voi, ci mancherebbe, ma permettetemi di nascondere i vostri post, di smettere di seguirvi, di bloccarvi se necessario. Come voi siete liberi di scrivere, mi concedo la libertà di non leggervi».

Fiumalbi ha centrato un serio problema di oggi: cullarsi nell’illusione che scrivere e chattare in modo compulsivo risolva qualcosa delle nostre vite. Ancora di più, ed è più triste constatarlo: ai giovani tutte queste scaramucce di retroguardia non interessano, non partecipando in alcun modo alla società, se non per affermare la loro estraneità, indifferenza o avversione. Molti ragazzi sono anzi decisamente in ritirata, perché hanno l’impressione che il mondo attorno non formuli alcuna proposta credibile per loro. Ecco allora che il problema si riversa di nuovo sui “grandi”, i più attivi nel chattare, almeno in un social come facebook. Grandi che, se sono anche genitori, stanno giocando una pericolosa mano nella partita educativa, col rischio di distrarre importanti risorse emotive, cognitive e psichiche dall’attenzione per i figli e più in generale per la famiglia. Per muovere invece le energie profonde ed emozionare i nostri ragazzi, occorre investire parecchio nella risorsa tempo, di cui non è importante solo la qualità ma anche e soprattutto la quantità che a loro dedichiamo. È poi decisivo e vitale parlargli… parlargli di verità, di amore, di bellezza, di giustizia, di tutto. Questo è ciò che appaga e da un senso di pienezza, il resto sono solo diversivi per tirare a campare, fino a quando la prossima rivoluzione tecnologica non cambierà nuovamente le regole del gioco. Oggi si chatta su tutto, ma i giovani su certi argomenti sono assenti, li ripudiano con superficialità e si rifugiano semmai nelle foto divertenti e narcise. A tal riguardo scriveva alcuni giorni fa un professore di scuola superiore, nonché credente: «Entrai su Facebook, ormai 11 anni fa, essenzialmente per interagire con i miei studenti; per essere dove erano loro; per parlare il loro linguaggio dicendo le mie cose. Mi feci insomma giudeo con giudei e pagano con i pagani pur di rivendicare cittadinanza alle mie dolcissime verità (di fede ndr). Ma dove sono adesso i ragazzi? Sono su Instagram. A farsi e a commentare foto, a rispondere a domande da ricovero coatto, a inseguire gossip e influencer. A costruire “storie” giacché la realtà non gli garba. L’asticella, insomma, è stata ulteriormente abbassata e la nostra gioventù che forse su Fb avrebbe dovuto argomentare, discutere, informarsi, ha preferito il niente o il quasi niente dell’autoscatto piccante – si: si chiamava così ed era roba da sfigati – o del pettegolezzo da portineria».

Se siamo “grandi” e genitori, mettiamoci davvero una mano sulla coscienza e incominciamo a chiederci dove abbiamo sbagliato. Forse c’è ancora tempo per rimediare.