Ponsacco: un incontro organizzato dalla Caritas diocesana e dall’Acli provinciale di Pisa

Per riflettere sulla piaga dell’usura

di Francesco Fisoni

A Ponsacco una serata per riflettere su una piaga che resta nascosta ma che affligge tante famiglie e strangola numerose realtà produttive. Esistono strumenti normativi per contrastare l’usura e addirittura per prevenirla. L’incontro condotto da Luciano Gualzetti, è stato organizzato dalla Caritas diocesana e dall’Acli provinciale di Pisa.

L’usura è un fenomeno carsico, incunea il tessuto sociale strangolando famiglie e imprese, e resta sovente invisibile e occulta. Chi ne è vittima nella maggior parte dei casi non denuncia i fatti, per paura o vergogna. Per questo motivo è difficile anche censirla e studiarla. A causa dei cicli di crisi economica degli ultimi anni sembra inoltre stia diventando sempre più endemica e pervasiva.

Di usura, e degli strumenti di contrasto al fenomeno, ha parlato a Ponsacco, lo scorso venerdì 10 marzo, Luciano Gualzetti direttore della Caritas Ambrosiana e soprattutto presidente nazionale della Consulta antiusura “Giovanni Paolo II”, nonché responsabile della Fondazione antiusura San Bernardino, nata a Milano per impulso del cardinal Dionigi Tettamanzi. Gualzetti ha raccontato prevalentemente della situazione lombarda – la realtà che conosce meglio – dipingendo, attraverso un’analisi circostanziata, un quadro che con alcuni correttivi può però essere virato bene su ogni altra regione italiana. «Il vero tema in questione – ha sostenuto Gualzetti – è come prevenire l’usura».

L’usura scaturisce e discende da un problema eminentemente educativo. Le nostre società e i nostri sistemi economici fanno circolare moneta a debito, generata dalle finanziarie e dalle banche per pagare i beni. «Il sistema è legittimo – per carità – anche se non si sa quanto virtuoso, perché costruito sull’impulso a consumare e acquistare sottoscrivendo rateizzazioni».

Il debito entro certi limiti è accettabile, ma diventa un problema quando una persona non riesce più a fare proiezioni sul futuro riguardo alle sue capacità di gestire le passività e gli obblighi da esse derivanti. Tecnicamente si parla di sovraindebitamento quando la rata mensile del debito contratto supera il 20-30% dello stipendio o delle entrate economiche di una famiglia. «Quando una famiglia non ha da mangiare, perché deve pagare il mutuo agli usurai, questo non è cristiano, non è umano! E questa drammatica piaga sociale ferisce la dignità inviolabile della persona umana». Sono parole di papa Francesco, che nell’udienza generale del 29 gennaio 2014, con questo forte inciso accese una luce su questa piaga drammatica e taciuta. Chi è vittima di usura spesso intenta soluzioni ancor più disastrose: «Un fenomeno cui si assiste sempre più spesso – ha sottolineato Gualzetti – è purtroppo la cosiddetta “staffetta dei debiti”, un comportamento paradossale nel quale per pagare un debito si chiedono altri soldi ad altre banche o finanziarie, aprendo così altri passivi. Una spirale negativa che si autoalimenta». Ma la realtà dei fatti, se possibile, è ancor più complessa: l’usuraio non è solo un attore passivo in questo meccanismo, ma anche attivo: quando, ad esempio, un’impresa mostra segni di fragilità diventa appetibile ingaggiarla e in molti casi è proprio l’usuraio che si presenta direttamente offrendo prestiti, spesso con una clausola avvelenata: qualora il prestito non venga onorato, chi presta è titolato a entrare in possesso di quote aziendali. Si tratta di operazioni che coinvolgono il diritto societario e che hanno bisogno, evidentemente, del supporto e della copertura di studi legali e notarili (i famosi “colletti bianchi”) che – soprattutto nella realtà milanese descritta da Gualzetti – collaborano a stretto contatto con la malavita organizzata, soprattutto di impronta ‘ndranghetista. La malavita utilizza proprio i prestiti a usura per arrivare a controllare il territorio e le attività produttive. E le vittime? Chi accetta questo tipo di transazione molto spesso sopravvaluta le sue capacità e pensa sempre di potercela fare a restituire.

La Fondazione San Bernardino, che il direttore di Caritas Ambrosiana presiede, lavora sul territorio prevalentemente con i centri di ascolto, che sono i primi a intercettare questo tipo di problema. Questi presìdi tentano anche di consapevolizzare le persone sul fatto che, aggiustando certe abitudini e comportamenti economici nelle famiglie e nelle imprese, stare lontano dall’usura diventa possibile. Dal 1996 lo Stato si è inoltre dotato di uno strumento normativo molto più efficace nel contrasto a questa piaga: si tratta della legge 108/96, che all’articolo 14 istituisce anche un fondo di solidarietà per le vittime. Mentre l’articolo 15 istituisce il fondo per la prevenzione del fenomeno.

L’intervento viene garantito alle persone incensurate, che dimostrano capacità di rifondare il debito. Un’altra condizione perché l’elargizione possa avvenire, attiene alla valutazione che tutti i debiti accesi dalla persona possano essere estinti. Gualzetti ha infatti testimoniato come ai loro sportelli si presentino anche persone che hanno contratto fino a 15-17 debiti. Da tutte queste informazioni si comprende quindi che siamo di fronte a un problema di natura, non solo economica, ma anche culturale.

Era stata esattamente questa l’intuizione di Tettamanzi con la creazione della “San Bernardino”: educare le persone ad un rapporto ecologico col denaro e alla gestione avveduta delle loro finanze. Un certo tipo di usura sembra infatti essere figlia anche del modello consumistico delle nostre società: si pensi alla facilità con cui si contrae un debito quando si acquista nei centri commerciali, dove è sempre disponibile una società di credito pronta a proporre un piano di finanziamento per l’ultimo televisore alla moda.

Gualzetti ha ricordato come, al contrario, negli anni ‘60 e ‘70 nella scuola pubblica, ogni 31 ottobre, veniva celebrata la giornata del risparmio, un’occasione in cui si regalava ai bambini un salvadanaio proprio per educare alla parsimonia. E ancora negli anni ‘60 non esisteva, ad esempio, il fenomeno massivo della casa di proprietà, perché era considerato socialmente biasimevole prendere un mutuo contraendo un debito, tanto che moltissime famiglie preferivano pagare un affitto. Per un cristiano inoltre, il modo in cui è gestito il denaro è anche indice di come è vissuta la fede.

A questo proposito il direttore di Caritas Ambrosiana ha lanciato una provocazione: bisognerebbe parlare di educazione finanziaria ai fidanzati nei corsi prematrimoniali, anche perché la cattiva gestione economica di una famiglia costituisce molto spesso motivo di frattura tra coniugi, con conseguente sfascio del nucleo familiare. Mettere su famiglia obbliga ad avere responsabilità e avvedutezza anche nella gestione economica. Parecchi anni fa un poeta come Ezra Pound, che di economia un po’ se ne intendeva, ebbe a dire che l’usuraio, dove è, «distrugge ogni ordine sociale, ogni decenza, ogni bellezza». Tanto più vero oggi.