San Miniato, chiesa Catteadrale

Omelia della Messa in Coena Domini

+ Andrea Migliavacca

Immagino la tavola di quella sala superiore dove Gesù ha narrato e celebrato il dono della sua vita, la croce e lo ha fatto nel segno dell’Eucaristia, pane spezzato e donato, come ci ricorda la seconda lettura e con il segno della lavanda dei piedi ai suoi amici, il gesto degli schiavi, o meglio, per Gesù, il gesto che mostra come Lui ama e dona la vita. Immagino attorno a quella tavola gli sguardi smarriti e intimoriti degli apostoli. Come avranno guardato Gesù?

Immagino anche gli sguardi del popolo di Dio, Israele, quella notte di liberazione quando attendeva il passare di Dio, un passaggio preparato dal pasto consumato stando in piedi, pronti per l’arrivo del Signore, “con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il  bastone in mano” e con un annuncio di una visita di Dio segnata dal sangue.

Quanti sguardi…

Sono sguardi che cercano Dio, si interrogano sui compagni di viaggio o di tavola, custodiscono luci di speranze, immaginazione di attese coltivate nel tempo, il tremore e la paura del pericolo e di quanto appare incomprensibile, la sorpresa degli incontri veri e della manifestazione dell’amore, dell’amore di Gesù.

Quegli sguardi del popolo schiavo in Egitto hanno saputo riconoscere il passare di Dio, il Liberatore e mettersi in cammino verso la libertà, verso la terra promessa, imparando a guardare, a fissare solo Lui, il Signore Dio che è Guida sicura.

Quegli sguardi alla tavola dell’ultima cena hanno saputo vedere negli altri i fratelli, anche in Giuda, il traditore, si sono dischiusi anche di fronte al male, all’opera del diavolo, si sono arresi, come gli occhi di Pietro, al modo di amare di Gesù che è quello di chi dona la vita.

Anche tra di noi in questi mesi c’è stata una riscoperta degli sguardi.

La mascherina che dobbiamo usare ha messo in luce proprio gli occhi, il nostro guardare, gli sguardi.

E per tanti di noi è stata una scoperta sorprendente.

Quante parole sanno dire gli sguardi. Quali sentimenti sanno trasmettere. Quanti messaggi sanno far giungere proprio al cuore.

Gli sguardi della Parola di Dio che abbiamo sopra richiamato erano sguardi che, con tante cose nel cuore, cercavano Dio. E lo facevano chiedendo aiuto, invocando prove e conferme, ponendo interrogativi o mostrando il dolore anche con le lacrime. Ma in tutti… il cercare di vedere Dio, di capire il suo pensiero, il suo progetto, il suo modo di amare.

E sono stati anche sguardi, come quelli degli apostoli alla tavola, come quelli di Giuda, di Pietro che hanno visto, ma non hanno capito, neanche sotto la croce… Quanto hanno dovuto ancora cercare…, per vedere davvero.

Sento che questa sera siamo invitati a soffermarci allora sugli sguardi.

C’è lo sguardo di un bambino di poche settimane, incontrato oggi sulla strada, per il quale mi hanno chiesto una benedizione ed è uno sguardo che racconta il dono della vita e di chi guarda per prendersi cura.

C’è lo sguardo dei malati, in ospedale, o degli anziani nelle Rsa che trasmettono la gioia di un incontro, il desiderio del  bene, la sofferenza che segna la vita e il corpo, ma lasciano anche intravvedere la speranza che non muore.

Ci sono anche gli sguardi dei giovani, quelli incontrati nella celebrazione penitenziale di sabato scorso, che raccontavano la gioia di potersi incontrare, di ascoltare le parole della misericordia e di ricordare a tutti che loro sanno vedere lontano, hanno lo sguardo giovane, che ancora crede nella vita, nel poter costruire il proprio cammino e ce la mettono tutta.

Ci sono gli sguardi di chi si nasconde, fa fatica a vivere nella verità, e sono forse gli sguardi che più di altri ci feriscono e insieme ci provocano nella nostra capacità di amare e di perdonare.

Ci sono gli sguardi di famiglie, imprenditori, dei ragazzi che seguono da casa le lezioni in dad, di lavoratori che non hanno certezze per il futuro… Cosa ci raccontano?

Quali sguardi avete incrociato voi in queste settimane, in questi giorni?

Che cosa avete scoperto? Cosa vi hanno raccontato?

Anche Gesù ha incrociato quegli sguardi, come quelli dei suoi amici, a tavola, come quelli di Giuda, di Pietro, e poi di Andrea, Giovanni e delle donne che lo seguivano. E in tutti loro ha scoperto la loro ricerca di amore, di essere accolti e amati, di essere salvati.

E Gesù fa tesoro del loro sguardo, della loro ricerca e così: “si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto”. Ed è lo stesso sguardo di Gesù che cerca i suoi dall’alto della croce.

Gesù fa tesoro degli sguardi degli altri e… ama, dona la vita.

Gesù non perde neanche uno degli sguardi della gente di oggi, di quelli che anche noi vediamo… e ama.

Sarebbe bello interrogare ora gli apostoli e chiedere loro: ma cosa avete visto voi nello sguardo di Gesù mentre vi lavava i piedi?

Ecco, ci chiediamo anche noi: Noi abbiamo visto gli occhi di Gesù, abbiamo intercettato il suo sguardo?

E’ questo il frutto che vorrei, con voi, chiedere in questa celebrazione del giovedì santo: incrociare noi lo sguardo di Gesù.

Forse era in tutti quelli che abbiamo ricordato prima, nei più piccoli, nei più poveri. Forse potrebbe essere nella luce e nel silenzio della preghiera o nella parola che ti è regalata da un amico.

Abbiamo visto forse lo sguardo di Gesù ogni volta che abbiamo visto l’amore e ci siamo lasciati amare, abbiamo fatto spazio all’amore.

“Vi ho dato un esempio, infatti, – dice Gesù – perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. E’ l’invito di Gesù ad imparare a vedere, a guardare come guarda Lui, con il suo sguardo e come lui imparare a servire, a donare la vita.

Per questo sentiero si entra nel cammino della Pasqua.