ARTICOLO

Libano, un esempio di convivenza per tutto il Medio Oriente

di Francesco Sardi

Il terzo del ciclo di incontri sul  Medioriente promosso  dalla Libreria al  Seminario, la Pietra  d’Angolo, l’Ufficio  comunicazioni sociali e  l’Ufficio per l’Ecumenismo  e il dialogo interreligioso,  la Caritas diocesana, il  Serra club di San Miniato,  e il circolo La Croce  sezione Valdegola, svoltosi  venerdì 17 gennaio presso  l’aula magna del seminario  diocesano, ha visto la  testimonianza di mons.  Hanna Alwan, vicario  patriarcale degli affari  giuridici della Chiesa  maronita, riguardo «i  rapporti tra cristiani e  musulmani nel modello  multi confessionale  libanese». 

Dopo un introduzione di mons. Andrea  Migliavacca, che ha fatto gli onori di casa,  la discussione si è concentrata su molti  aspetti della questione: da quello storico a  quello religioso, da quello giuridico a  quello riguardante il fenomeno  migratorio. Per capire la situazione  libanese non si può prescindere da un  dato giuridico rilevante: il modello  costituzionale libanese è sostenuto da un  patto d’onore: «il presidente della  repubblica deve essere maronita, il  presidente del consiglio deve essere  sunnita e quello della camera dei deputati  deve essere sciita».

Il parlamento è, poi,  suddiviso equamente tra deputati cristiani  e deputati musulmani. Il generale  dell’esercito deve essere maronita e quello  della polizia sunnita.  Ma è un principio della Costituzione  quello che più ci fa riflettere: «l’art. 9  garantisce la libertà a tutte le confessioni  religiose che siano cristiane o  musulmane, la libertà di culto e delle  manifestazioni della fede». 

Le leggi si strutturano, poi, secondo  questo principio: per le materie di  carattere personale o religioso –  matrimonio, filiazione, famiglia –  decidono i tribunali cristiani o  musulmani mentre per quanto riguarda le  altre materie civili, il diritto penale ed il  commercio, queste sono comuni a tutti.  È un modello di pacifica convivenza che  in Libano ha funzionato fatta però una  premessa: «Sono stati educati tutti allo  stesso modo, sugli stessi principi» in  scuole cristiane: «Ne sono uscite  generazioni che si intendono tra di loro,  che si conoscono e convivono». Il  modello funziona, poi, anche per quanto  riguarda le conversioni che sono possibili  – in molti chiedono di essere battezzati –  e per i matrimoni misti che si verificano  ogni giorno.  Non solo aperti all’interno ma anche nei  confronti delle popolazioni limitrofe che  fuggono a causa della guerra: Siriani,  Palestinesi, Armeni. Anche se la  situazione sta diventando drammatica,  più di un milione e mezzo di profughi  sono ospitati dai libanesi, che cercano di  fare nel modo migliore possibile, visti  anche gli insufficienti aiuti dell’Onu e  delle organizzazioni internazionali.  Un esempio: le scuole contengono  trecentomila studenti; come fare per  accogliere quattrocentocinquantamila  profughi siriani? La mattina le scuole  sono aperte per i libanesi mentre al  pomeriggio sono aperte per i siriani.  Ma allora visto questo modello perché la  guerra di religione libanese tra il 1975 ed  il 1990? Tra i profughi c’erano anche i  palestinesi che erano scappati da Israele  nel 1949. «Essendo armati si sono sentiti  forti ed imponevano la loro legge. Erano  sunniti ed i libanesi sunniti hanno deciso  di appoggiarli per prendere più potere;  allora si è trasformata in una guerra di  religione ma all’inizio era politica.

La  guerra è durata tanti anni ma alla fine ha  provocato solo morti da una parte e  dall’altra… poi