Stabbia

Le esequie di don Giuseppe Lucchesi

L'omelia del Vescovo Andrea

In questa domenica in cui celebriamo la prima giornata della Parola il messaggio delle letture proclamate, in particolare del vangelo, è quello dell’annuncio.

Il racconto evangelico ci presenta anzitutto i passi di Gesù, il luogo dove egli si colloca, la sua missione e ci ricorda anzitutto che Lui, il Nazareno è l’annuncio stesso, è la buona notizia, è parola di vita.

Poi il vangelo ci ricorda le parole della predicazione di Gesù: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. Egli parla del regno vicino, parla di se stesso, della presenza del regno che lui è venuto a inaugurare e a portare per tutti. E’ proprio questo l’annuncio: ti sei accorto che il regno di Dio è in mezzo a noi? È realmente all’opera, è vivo? E’ questa la conversione che ci è chiesta: è un accorgersi dell’operosità e della bontà del regno di Dio in mezzo a noi.

E infine il vangelo ci riporta la chiamata dei primi discepoli, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni e di loro la pagina ascoltata dice che alla chiamata di Gesù “lasciarono… e lo seguirono”.

La pagina di Isaia infine racconta che la parola buona, l’annuncio buono cambia davvero la vita e il mondo: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”, “hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia… Hai spezzato il giogo”. Il vangelo annunciato e accolto cambia davvero tutto. Si predica il vangelo per rinnovare il mondo e la vita delle persone.

L’annuncio e la parola buona del vangelo di cui ci parla oggi la Scrittura sono l’immagine più autentica che può interpretare e spiegare la vita e la scelta di un prete. Il prete è l’uomo dell’annuncio, inizia, dice il suo “si” grazie ad un annuncio accolto, una chiamata e diventa poi l’uomo, l’amico di Dio che porta questo annuncio, lo fa risuonare tra la gente, per portare novità di vita, la vita nuova, la vita bella del vangelo.

Oggi noi salutiamo e affidiamo alla misericordia e all’abbraccio del Padre il nostro fratello don Giuseppe Lucchesi, don Joh.

E’ un po’ come la morte e il distacco di un patriarca. Tanti sono i suoi anni di vita, nato nel febbraio del 1923 e ordinato prete subito dopo la guerra, nel 1946. Egli era nato negli Stati Uniti, poi rientrato in Italia dove ha trascorso tutta la vita. Dopo alcune brevi esperienze pastorali egli è approdato a Stabbia dove, dal dopoguerra, è stato parroco per tanti anni, fino al 2012. Parroco di Stabbia dunque per più di cinquant’anni; una vita…

Pensiamo e voi pensate al suo cammino di prete tra la gente, capace di condividere la vita dei parrocchiani, vicino a tutti. Tanti di voi lo hanno sentito compagno di viaggio, il proprio prete. A tantissimi ha anche insegnato l’inglese, lingua che egli amava.

Il brano evangelico e il messaggio dell’annuncio bene illumina e racconta la vita del prete, anche di don Joh.

Il vangelo ci ricordava che l’annuncio del vangelo richiede che ci siano gli annunciatori. Ci venivano ricordati i primi quattro…, ma se si potesse prolungare fino ad oggi quella pagina evangelica potremmo trovare scritto anche il nome di don Joh. Il vangelo ha bisogno di chi lo annunci, lo viva e lo doni come testimonianza agli altri; il vangelo ha trovato don Joh come buon operaio in questa vigna del Signore. La vicenda della sua vita è un dispiegarsi di quel “lo seguirono”. Si è preti perché discepoli di Gesù e così don Joh ha vissuto la sua amicizia, la sua relazione con il Signore e per lui si è messo in cammino.

E poi si tratta di predicare il vangelo. E don Joh lo ha fatto con tanta fantasia. Aveva metodi suoi nella pastorale, metodi certo non tradizionali, innovativi, singolari, forse unici, ma capaci di colpire il cuore della gente. Egli ha vissuto l’annuncio facendolo proprio con la fantasia e l’arte: egli usava fantasia nell’incontrare la gente, nell’amministrare i sacramenti, nel promuovere la partecipazione economica alla vita della parrocchia, nell’organizzare l’anno pastorale. Era la fantasia, la sua, di chi cercava di portare davvero il vangelo alla gente, perché parlasse alla vita concreta di tutti. Una fantasia con cui egli ha cercato di “svegliare” di “convertire” la gente, con effetti speciali, per portare ad accorgersi che il regno di Dio era davvero vicino.

Don Joh è prete moderno, prete del Concilio perché prete dell’annuncio.

Due immagini vorrei condividere infine per raccontare il nostro patriarca.

Anzitutto la sua passione per la fotografica. Anch’io sono stato beneficiato dalla stampa delle sue foto che mi hanno immortalato in alcuni momenti. E tante foto egli ha fatto alla gente, a momenti di vita e di comunità.

Era forse un modo per dirsi e per dire quanto importante fosse ciascuna persona per lui, con il desiderio di fissare e immortalare i momenti dell’incontro, di volti che rimanevano stampati poi nel suo cuore di prete. Con queste foto nel cuore, con i vostri volti quindi, egli ora se ne è andato incontro al Signore, portando a Lui la vita di ciascuno di voi.

Una seconda immagine: la festa del suo compleanno. Due anni fa ho potuto condividere questa bella festa. Ed era proprio contento don Joh di fare il compleanno, di festeggiare e di avere vicino a sé le persone amiche che egli invitava personalmente. Nella gioia del compleanno scopro il desiderio di don Joh di dire grazie della vita, insieme alla sua gente e agli amici, un grazie che si faceva lode condivisa al Signore. Con questo animo egli va incontro al Signore, con il cuore lieto di chi ha vissuto in pienezza la vita, nella gioia di un dono, riconsegnandola così arricchita al suo Signore.

Anche così, con questa umanità, egli annunciava il vangelo.

Quest’oggi qui diciamo noi grazie al Signore per la vita di don Joh, la vita che è stata una benedizione e lo affidiamo al Dio della vita e della benedizione.