San Miniato

La maschera di Napoleone Buonaparte conservata all’Accademia degli Euteleti

di Luca Macchi

La storia che sta dietro alla Maschera funebre di Napoleone conservata a San Miniato ha il fascino di un romanzo. La recente scoperta di due scritti inediti aiuta a far luce su come sia arrivata nella città della Rocca.

Martedì 29 Giugno 2021 è stata inaugurata al Monastero di Santa Chiara a San Miniato la mostra «Noi e N». La mostra, della quale chi scrive è uno dei curatori, ha senza dubbio il pregio di riunire in un solo luogo documenti, cimeli che la famiglia Buonaparte ha lasciato a San Miniato nel corso dei secoli senza dimenticare la memoria della visita di Napoleone al Canonico Filippo Buonaparte. Dipinti, oggetti, documenti provenienti dal Museo Diocesano, dall’Accademia degli Euteleti, dall’Archivio Storico del Comune e dalla Fondazione Cassa di Risparmio e da Crédit Agricole. Il materiale esposto è una minima parte di quanto è presente a San Miniato. Tra i cimeli più interessanti è senz’altro la cosiddetta maschera funebre di Napoleone della quale qui proviamo brevemente a ricostruire la storia.

La «maschera» si presenta nella sala delle adunanze come se fosse da sempre parte degli importanti cimeli dell’Accademia. Il primo ad averne fatto oggetto di studi e approfondite ricerche è stato Dilvo Lotti che, dalla seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, l’ha portata alla conoscenza degli studiosi presupponendo fin dall’inizio una possibile relazione con i calchi realizzati alla morte dell’Imperatore dai due medici presenti a Sant’Elena, Francis Barton e Francesco Antonmarchi. Dilvo Lotti andava dritto all’origine del calco, ricostruendo anche i rapporti e i contatti avvenuti tra i Buonaparte di Corsica e quelli di San Miniato. Cercava tra i personaggi dell’epoca quelli che potevano avere svolto un ruolo sulla presenza del prezioso cimelio a San Miniato. In un primo momento quello che avrebbe potuto essere il protagonista veniva individuato in Pietro Bagnoli, poeta istitutore del Granduca Leopoldo II a Vienna e che aveva incontrato Napoleone. Pietro Bagnoli, samminiatese, poeta importante è tra i fondatori della Accademia degli Euteleti nel 1822, cioè solo un anno dopo la morte di Napoleone Buonaparte.

Il poeta e canonico Pietro Bagnoli poteva essere entrato in possesso del prezioso calco passandolo da subito alla nascente Accademia. Altra ipotesi alla quale Lotti credeva era basata sul viaggio M documentato di Antonio Canova, autore di vari importanti ritratti dell’Imperatore, da Possagno a Roma del novembre 1821 e su una ipotetica sosta a Firenze. Queste sono le ipotesi, del tutto corrette e logiche dobbiamo dire, sulle quali si incentrava l’attenzione di Dilvo Lotti in un momento in cui non era a conoscenza di documenti. Il viaggio di Canova a Roma, con la ipotetica ma credibile sosta a Firenze, coincide per di più con il periodo in cui anche il dottor Francesco Antonmarchi è a Firenze, documentato dall’ottobre 1821 al gennaio 1822. La maschera sarebbe stata a disposizione di Antonio Canova per una scultura celebrativa già progettata, ma Canova a causa della salute rinuncia alla commissione. La maschera rimane a Firenze? Se si, il giovane Granduca Leopoldo II, a conoscenza dei rapporti di Napoleone con San Miniato, potrebbe averla donata a Pietro Bagnoli e questo averla passata alla nascente Accademia degli Euteleti. Dilvo Lotti da pittore quale era accostava la maschera degli Euteleti a ritratti dei vari pittori dell’epoca rilevando in alcune occasioni una notevole somiglianza come con il ritratto di Napoleone di Andrea Appiani. Lotti stesso per i ritratti che ha dedicati a Napoleone ha preso come modello la maschera degli Euteleti.

È stato proprio cercando le relazioni con le altre maschere mortuarie dell’Imperatore che si apre una nuova strada da percorrere. La maschera degli Euteleti presenta divergenze rispetto alle altre maschere funebri conosciute. Il volto pieno, florido e curato della maschera di San Miniato non sembra coincidere con le descrizioni dell’aspetto fisico dell’imperatore negli ultimi giorni di vita nell’isola di Sant’Elena. Questo porterebbe a pensare ad una formatura eseguita su un vivente. Può quindi essere avanzata l’ipotesi, tutta da provare, che la maschera dell’Accademia degli Euteleti mostri il volto di Napoleone più giovane e in piena attività che non avesse il tempo di sottoporsi a ore di posa per soddisfare le continue richieste di ritratti ufficiali. Anche questa è una ipotesi corretta. Però qualcosa non torna. Se ipotizziamo la presenza della Maschera agli Euteleti fin dal suo nascere allora dobbiamo chiederci perché uno studioso come Giuseppe Rondoni, Euteleta, non ne fa menzione nel suo libro «Memorie storiche di San Miniato» del 1891. Nel libro Rondoni dedica un paragrafo alla famiglia Buonaparte, ma non cita il cimelio. Anche lo storico Humbert Pierantoni in un suo scritto sulla Nuova Italia pubblicato a Parigi il 16 Novembre 1933 dal titolo «San Miniato: berceau des Buonaparte» non fa nessun cenno della Maschera. Perché? Semplicemente perché la maschera non era ancora agli Euteleti.

Oggi sappiamo che la maschera è entrata a far parte del patrimonio dell’Accademia degli Euteleti tramite una donazione. Una donazione importante che vede protagonisti altri personaggi. Il primo è l’allora presidente dell’Accademia, il canonico Francesco Maria Galli Angelini, che firma una lettera su carta intestata indirizzata al professor Flaminio Bertoni dove, in data 28 giugno 1951, scrive «Ill.mo sig. Professore, Mi onoro significarLe che sabato scorso, a mezzo di un nostro concittadino residente a Milano ed a noi interessato, ci è pervenuta in ottime condizioni la maschera mortuaria dell’Imperatore Napoleone I, da lei gentilmente donataci». Concludendo la missiva così: «Con i saluti che i Sigg. coniugi Gaioni mi incaricano di trasmetterLe». L’altro protagonista della vicenda è il pittore Antonio Luigi Gajoni. Si apre la nuova strada da seguire non meno interessante della prima. Anton Luigi Gajoni (Milano, 1889 – San Miniato, 1966) è stato un pittore molto importante, ha abitato e lavorato a San Miniato dal 1940 al 1966 anno della sua morte. È stato insegnante presso il Seminario vescovile, socio della Cassa di risparmio di San Miniato, socio ordinario dell’Accademia degli Euteleti. Gajoni ha vissuto a Parigi dal 1928 al 1940. Nella capitale francese entra in diretto contatto con i grandi delle avanguardie e soprattutto con quegli artisti italiani che faranno gruppo esponendo sotto il nome di “Italiens de Paris”. Tra i nomi illustri quelli di De Chirico, Savinio, Campigli, Severini, Paresce, De Pisis, Tozzi e altri. È in questo gruppo di Italiani residenti a Parigi negli anni Trenta che incontra e stringe amicizia con Flaminio Bertoni (1903-1964) scultore, che lavora alla casa automobilistica Citroën. Dopo l’occupazione della Francia da parte dei nazisti la famiglia Gajoni si trasferisce a San Miniato dove risiedevano i parenti della moglie Lina. I rapporti di amicizia con i coniugi Gajoni e la provenienza della Maschera dalla donazione di Flaminio Bertoni viene confermata anche dagli stessi eredi di Bertoni. Nel corso di studi che ho condotto su Gajoni ho trovato una lettera, che ci fornisce ulteriore conferma di essere stato lui l’anello di congiunzione con Flaminio Bertoni. Gajoni mentre si trova a Genova per eseguire gli affreschi nella chiesa della SS.ma Annunziata di Sturla scrive al canonico Galli-Angelini in data 29 luglio 1950 per metterlo al corrente dei suoi lavori nella chiesa e ad un certo punto leggiamo: «Ho una buona notizia: Napoleone è a Milano (sig. Benvenuti, via Salvini, 1 Milano). Non so cosa ha combinato il mio amico, dice che è un esemplare che pare provenga dal Museo di Cluny». Il suo amico è Flaminio Bertoni che recapita o fa recapitare la Maschera a casa del signor Benvenuti il «nostro concittadino residente a Milano ed a noi interessato» a cui si riferisce il Canonico Galli nella sua lettera del Giugno 1951 e che provvede a farla pervenire a San Miniato in «ottime condizioni». Le ricerche sulla Maschera degli Euteleti riprendono da Museo di Cluny.