Le virtù eroiche di Mons. Pio Alberto del Corona

Dalla Informatio super Virtutibus della Positio super Vita, Virtutibus et fama Sanctitatis, riportiamo di seguito il Cap. I sulle Virtù in Genere  di Mons. Pio Alberto che Corona; queste, insieme all’analisi delle Virtù in specie, delle Virtù Cardinali, dei Consigli Evangelici e della Fama di santità e dei segni, hanno portato alla dichiarazione di Venerabilità del Servo di Dio Pio Alberto del Corona.

 

Dall'accurata analisi delle testimonianze raccolte in -sede proces­suale e dalle risultanze delle altre fonti a nostra disposizione è emersa con la necessaria certezza morale l'eroicità nella pratica di tutte le virtù da parte del Servo di Dio. La citazione dei più significativi tra tali con­tributi ci confermerà l'esattezza di questa affermazione. Particolare rilievo rivestono le deposizioni rilasciate nel corso del processo, poiché attribuibili, per la massima parte, a testimoni "de visu" riguardo alla vita ed all'operato di Pio Del Corona.

Don Filippo Bianchi, teste n. 6, ritiene, sulla base della sua cono­scenza piuttosto approfondita del Servo di Dio, che quest'ultimo abbia esercitato in grado eroico tutte le virtù cristiane:

«Per quanto conosco e per quanto ho conosciuto in tante occasioni il Servo di Dio ha esercitato tutte le virtù in grado eroico: alla Chiesa il migliore giudizio»1.

La teste n. 2, Suor Maria Paulina Pagni, afferma che il Del Corona, a motivo dell'eccellenza raggiunta nella pratica di tutte le virtù, era repu­tato uomo di grande santità:

«Il Servo di Dio era reputato uomo di grande santità e di virtù pra­ticate in modo eccellente ma non ho argomenti da produrre che possono attestare dell'eroicità delle sue virtù»2.

L'esercizio eroico delle virtù da parte del Servo di Dio generò grande ammirazione in Don Giuseppe Palagini, teste n. 7, il quale afferma quanto segue:

«Il Servo di Dio era ammirevole nell'esercizio delle varie virtù»3.

Monsignor Pio Del Corona praticò, come sopra evidenziato, le virtù cristiane e religiose in modo straordinario. Angiolo Silvio Rinaldi, teste n. 9, pone in evidenza come tale aspetto lo abbia distinto da altre per­sone pur virtuose, ma ad un livello più ordinario, consueto:

«A me sembra che il Servo di Dio abbia avuto tutte le virtù e che le abbia praticate ed esercitate in modo straordinario, cioè a dire più per­fettamente della comune maniera delle altre creature»4.

A tal riguardo appare particolarmente significativo anche quanto affermato da Don Ugo Venturini, teste n. 12:

«Il Servo di Dio, a parer mio, ha esercitato tutte queste virtù oltre il modo comune delle altre persone, perché trovavo in lui differente modo di vivere e di agire dalla comune degli uomini»5.

Il biografo Ferretti, autore di uno studio piuttosto approfondito e documentato sul Servo di Dio, mette in luce come quest'ultimo, sin dal noviziato, si sia distinto per un "habitus" virtuoso fuori dal comune:

«A tutti loro» [ci si riferisce ai formatori ed ai compagni di novi­ziato] «era carissimo; ed essi ben presto si accorsero di avere tra di loro una gemma preziosa. In presenza di loro egli non osava parlare; interro­gato rispondeva; quando essi parlavano, modestamente ascoltava cogli occhi bassi e tutto raccolto. Le loro parole, e specialmente quelle del Mae­stro dei Novizi, gli si imprimevano tutte nell'animo e cercava sempre di farne tesoro. Di tutto questo conservaron memoria i suoi confratelli e lo udimmo anche da lui stesso: ma ciò che nessuno potrà dirci furon le gioie intime che provò il fervoroso novizio in quell'anno tutto consacrato agli atti di pietà, all'esercizio delle virtù e insieme ad un esperimento delle pratiche e discipline dell'Ordine e ad una conoscenza più esatta della vita regolare»6.

Don Emidio Tognozzi, teste n. 10, riferisce che i caratteri specifici del modo di praticare le virtù da parte del Servo di Dio furono la costanza e la prontezza, sostenute da una grande forza di volontà:

«Il Servo di Dio nell'esercizio delle virtù, a parer mio, fu eroico per­ché si notava in lui la costanza, la prontezza, la volenterosità che sono i caratteri dell'eroicità»7.

Testimonianza analoga ci viene offerta anche da Don Paolo Barto-lini, teste n. 11, il quale dichiara:

«Il Servo di Dio praticò le virtù in modo eccellente ed a parer mio con quella costanza, con quella prontezza, con quel diletto che si richiede per poterle chiamare eroiche»8.

Luigia Pini, teste n. 13, si mostra concorde con quanto affermato dai testi precedenti ed aggiunge le seguenti considerazioni:

«Il Servo di Dio praticava le virtù di cui sopra in un modo superiore al comune degli uomini»9.

Leggendo in maniera attenta gli scritti del Servo di Dio, è possibile cogliere l'attenzione da lui posta nell'osservanza e nella pratica delle virtù cristiane. Ne costituisce un significativo esempio la lettera del 20 agosto 1869 indirizzata ad Elena Bonaguidi, sua figlia spirituale e Confondatrice delle Suore Domenicane dello Spirito Santo. Qui il Del Corona la esorta ad osservare fedelmente le virtù cristiane:

«Le prego di mantenersi nella quieta e serena umiltà di cuore e di sacrificare i suoi pensieri e i suoi affetti nella cognizione, nello studio, nella imitazione di Gesù»10.

Sempre ad Elena Bonaguidi si rivolge Monsignor Del Corona nella lettera del 25 ottobre 1870, esprimendo i seguenti propositi, indicativi dello zelo con cui egli si adoperò a conseguire un sempre più elevato "habitus" virtuoso:

«Voglio fare questa azione per il puro e semplice motivo della obbe­dienza, per fare la volontà di Dio, per glorificare il mio Dio, in Gesù, con Gesù, per Gesù, nel costato di Gesù, nelle braccia di Maria, con desiderio ferventissimo di far tanti atti d'amor di Dio, di contrizione, di umiltà, di desiderio di vedere Dio quanti saranno i momenti di tutta l'eternità»".

Il Servo di Dio dimostrò inoltre grande amore verso i fratelli nella fede e cercò di spronare tutti all'esercizio delle virtù cristiane. Nella let­tera del 3 giugno 1877, sempre diretta alla suddetta Elena Bonaguidi, egli augura al popolo cristiano di crescere sempre più nella pratica vir­tuosa:

«Stamani ho augurato al popolo cristiano aumento di fede, di spe­ranza, di carità»12.

Il Ferretti evidenzia come, nell'esercizio del ministero, Monsignor Del Corona mise a disposizione della Diocesi di San Miniato tutta la sua eminente virtù e il suo incomparabile zelo pastorale:

«Dobbiamo affrettarci a tener dietro a lui, che ricco della pienezza del sacerdozio, sale il Calvario coll'unica idea di immolarsi per il bene della Diocesi che Iddio e il suo Vicario in terra gli hanno affidato. Tutto il tesoro della sua virtù e del suo sapere, insieme col fervore di uno zelo veramente apostolico, egli mise subito a profitto della sua Diocesi; e niuno saprebbe descrivere le fatiche da lui durate, specie nei primi anni, quando assai più vivo era nei suoi figli il desiderio di una nuova parola confortatrice al bene, più imperioso il bisogno di un coltivatore solerte, in un terreno non certo curato fino allora con particolare fervore»13.

Secondo quanto evidenziato dallo stesso biografo, il Servo di Dio era particolarmente contento di ammirare nelle sue figlie spirituali un comportamento virtuoso:

«Al suo cuore di padre era di gran consolazione la virtù che vedeva nelle care sue figlie, e non avrebbe potuto desiderare un maggior com­penso a tante dolorose fatiche del suo ministero»14.

La statura morale e spirituale superiore all'ordinario propria del Servo di Dio emerge anche dalla biografia del Beato Giacinto Cormier, scritta ad appena un anno dalla morte. Il Beato evidenzia infatti come il Del Corona fece di tutta la sua vita un cammino verso la santità:

«En travaillant avec tant d'ardeur à la santification du prochain, il tàchait de se sanctifier dans le mème mesure»15.

Il Cormier pertanto non esita ad affermare che il Servo di Dio fu un «vrai Pasteur d'àmes, digne des premiers siècles de l'Église» e ciò ad ulteriore riscontro dell'eccellenza nell'esercizio delle virtù mostrata da Pio Del Corona, pienamente confermata dall'analisi delle testimonianze processuali e documentali in nostro possesso16.

 


NOTE


1  Cf. Summ., T. VI, § 154.

2  Cf. Summ., T. II, § 64.

3  Cf. Summ., T. VII, § 185.

4 Cf. Summ., T. IX, § 258.

5  Cf. Summ., T. XII, § 343.

6 Cf. L. Ferretti, Vita di Monsignor Pio Alberto Del Corona Arcivescovo di Sardica, Indu­
stria tipografica dell'Opera Cardinal Ferrari, Roma 1927, pp. 30-31. Come si vede dalla data
di pubblicazione, si tratta di un lavoro dato alle stampe pochi anni dopo la morte del Servo
di Dio; l'autore non solo l'ha conosciuto personalmente, ma ha anche avuto contatti assidui
con altre persone che l'hanno frequentato. Da qui il particolare valore della sua opera che
risulta molto preziosa ai nostri fini e che sarà quindi citata in più occasioni nel corso del pre­
sente lavoro.

7  Cf. Summ., T. X, § 285.

8 Cf. Summ., T. XI, § 312.

9 Cf. Summ., T. Xm, § 369.

10 Cf. ARCHIVIO DELLE SUORE DOMENICANE DELLO SPIRITO SANTO, Settore C,
Lettera del Servo di Dio ad Elena Bonaguidi, 20 agosto 1869.

11   Cf. ARCHIVIO DELLE SUORE DOMENICANE DELLO SPIRITO SANTO, Settore C,
Lettera del Servo di Dio ad Elena Bonaguidi, 25 ottobre 1870.

12 Cf. ARCHIVIO DELLE SUORE DOMENICANE DELLO SPIRITO SANTO, Settore C,
Lettera del Servo di Dio ad Elena Bonaguidi, 3 giugno 1877.

13 Cf. Ferretti, Vita di Monsignor Pio Alberto Del Corona, cit., p. 146. '" Ivi, p. 248.

15 Cf. G. Cormier, Monseigneur Pio Del Corona de l'Ordre des Frères Prècheurs de la Con-
grégation de Saint-Marc, Évéque de San Miniato, mort achevéque de Sardique: sa vie religieuse,
sa vie apostolique et sa vie intérieure,
Rome-Paris, Collège Angélique, Poussielgue, 1913, p. 93.

16 Ivi, p. 219.