Il miracolo riconosciuto per la Beatificazione di Mons. Pio Alberto del Corona

Riportiamo di seguito l’Informatio della Positio super miro del Postulatore della Causa di Beatificazione di Mons. Pio Alberto che Corona (Fr. Vito Gomez O.P.), rivolta al Santo Padre. Dalla descrizione che viene fatta in queste pagine si hanno tutti i particolari circa il miracolo, post mortem, ottenuto per l’intercessione di Mons. Pio e che è stato accertato portando alla conclusione della Causa di Beatificazione.

 


Beatissimo Padre,

1. - Il 9 ottobre 2013 Vostra Santità ha assentito alla promulga­zione del decreto sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio Pio Del Corona (nel secolo: Alberto), religioso professo dell’Ordine dei Pre­dicatori, Vescovo di San Miniato e fondatore della Congregazione delle Suore Domenicane dello Spirito Santo (1837-1912).

Nel corso dello svolgimento del Processo Rogatoriale istruito nella Diocesi di Livorno (1942-1957), l’allora Postulatore della Causa, P. Benedetto M. Lanzetti O. P., ha presentato il caso dell’asserita guarigione miracolosa di Suor Maria Serafina Mosca­telli, affetta da gravi disturbi epatici, avvenuto nella stessa diocesi nel 1926. In vista di una eventuale beatificazione, la Postulazione ha deciso di riprendere tale caso per sottoporlo alla valutazione delle autorità competenti.

Dopo aver ottenuto la validità degli atti super miro, è stato richie­sto il parere di due periti ex officio: il prof. Felice D'Onofrio e il profes­sor Nicola Canonico. Entrambi si sono pronunciati nel senso della inspiegabilità scientifica dell’evento della guarigione, in relazione alla modalità della stessa e all’assenza totale di recidive e di reliquati.

Con tali risultati, il caso è stato portato alla discussione della Consulta Medica che si è tenuta il 28 novembre 2013. I periti si sono pronunciati all’unanimità (7 su 7) circa l’inspiegabilità scientifica della guarigione sulla base delle conoscenze mediche attuali.

2. - Ora, in base all'art. 14 § 2 delle "Normae Servandae", inizia la discussione giuridico-teologica. Per quanto concerne la richiesta di intercessione del Venerabile Pio del Corona, non ci sono dubbi, dal momento che la sanata ha dichiarato esplicitamente di aver invocato soltanto lui e di averne tratto un beneficio immediato, consistito nella repentina guarigione.

Nella presente Informatio si cercherà di illustrare e dimostrare che questa guarigione presenta tutti i caratteri richiesti per essere riconosciuta di natura soprannaturale.

ASSERITO MIRACOLO

Impiegabile guarigione di Suor Maria Serafina Moscatelli da «patologia colestatica delle vie biliari complicata da sepsi».

 

Breve fattispecie del caso

3. - Suor Maria Serafina (al secolo: Laura) Moscatelli nacque a Montemarciano (provincia di Ancona e diocesi di Sinigallia) nel 1867. Religiosa professa delle Terziarie Domenicane di Santa Caterina da Siena, nell’estate del 1890 cominciò ad avvertire dolori all’addome, particolarmente violenti dopo aver mangiato. A questi si accompagnavano altri disturbi, quali scariche di feci liquide con cattivo odore, inappetenza, nausea e conati di vomito. Inizialmente le furono prescritti caldi impacchi locali e un regime alimentare leggero, ma il miglioramento fu lievissimo.

Visto che i disturbi non cessavano, la religiosa venne trasferita a Bologna. Per qualche tempo potè anche riprendere la scuola, ma la situazione non dava segni di sostanziale miglioramento e anzi, pro­gressivamente, il dolore alla regione epatica si faceva più violento. L’allora medico della comunità, il dott. Feletti, fece eseguire degli esami che evidenziarono la presenza di calcoli; prescrisse dunque una cura per la eliminazione degli stessi senza ottenere peraltro apprezzabili risultati.

In effetti Suor Serafina continuava ad accusare dolori di elevata intensità anche due o tre volte la settimana; inoltre la sua pelle assun­se progressivamente un colorito giallo che andava facendosi sempre più intenso e le urine erano scure. La terapia si avvaleva, nelle fasi acute, di impacchi caldi, decotti d’orzo e di un ricostituente intramu­scolare che però non sortirono gli effetti sperati.

Nel 1908 venne dunque trasferita a Livorno dove fu presa in cu­ra dal dottor Bottari a cui subentrò, come medico curante, il figlio, Tullio Bottari. Quest’ultimo constatò un quadro clinico molto grave: condizioni generali scadenti, deperimento abbastanza accentuato e colorito sub-itterico, fegato leggermente ingrossato e dolore più mar­cato in corrispondenza del punto cistico. Inoltre vi erano attacchi colici frequenti e violenti che s’accompagnavano a disturbi gastrici; inappetenza, nausea, tendenza al vomito.

Data la chiarezza del quadro clinico non furono effettuati esami radiologici e venne diagnosticata una colecistite calcolosa curata con i rimedi tipici dell’epoca, vale a dire cure ricostituenti; infatti non si era ancora sviluppata la terapia di tipo antibiotico.

La cura non produsse però frutti rilevanti; la malattia di Suor Serafina divenne dunque cronica e tale da non far sperare in alcun miglioramento futuro e tantomeno in una guarigione; fu dunque con­sigliato alla religiosa di lasciare l’insegnamento.

Di fronte a tale prospettiva e stremata dalle sofferenze causate da una patologia così lunga, nell’ottobre 1926 ella invocò l’inter­cessione del Servo di Dio Pio Alberto del Corona. In quello stesso momento percepì un repentino cambiamento delle sue condizioni fisiche: le ritornarono le forze e il colore itterico improvvisamente sparì. Per avare una conferma di questo cambiamento volle pulire il corridoio e si recò in refettorio dove, scomparsa l’inappetenza, fece colazione condividendo il cibo con le consorelle; le urine erano ritor­nate di colore normale e, già dal giorno successivo, anche le feci si presentavano formate e regolari. La Priora del Monastero fece chia­mare il medico per constatare la guarigione ed ebbe dunque la con­ferma che la malattia era scomparsa. Da quel momento Suor Serafina ha goduto di buona salute e ha condotto una vita regolare riprendendo anche l’insegnamento.

I due periti “ab inspectione”, professor Igino Paci e professor Ferdinando Gambossi, dopo aver esaminato separatamente la sanata, hanno presentato nel gennaio 1943 le rispettive relazioni, mostrando­si concordi sul fatto che la guarigione della stessa si è dimostrata definitiva e non si trovano tracce di reliquati, recidive o malesseri in qualche modo ricollegabili alla malattia suddetta.

 

Apparato probativo

4. - Nel corso del Processo Rogatoriale istruito nella Diocesi di Livorno (1942-1957), l’allora Postulatore della Causa, Padre Bene­detto M. Lanzetti O.P., ha presentato il caso dell’asserita guarigione miracolosa di Suor Maria Serafina Moscatelli, affetta da gravi distur­bi epatici, avvenuto nella stessa diocesi nel 1926. In accoglienza del Supplex libellus, si è tenuto il relativo processo, istruito a Livorno, in 6 Sessioni, dal 28 al 30 gennaio 1943.

Alla presenza del perito medico, prof. Lorenzo Simpa, sono stati interrogati 8 testi, 3 dei quali “ex officio”. Tra i testi interrogati figura il medico curante, il prof. Tullio Bottali (t. III)1 e altri sette testi che sono costituiti dalla sanata (t. II)2 e da sue consorelle, tutte appartenenti al suo stesso Istituto (t. I3, t. IV4, t. V5, t. VI6, t. VII7, t. VIII8).

Per disposizione del tribunale sono stati nominati due periti ab inspectione nelle persone del dottor Gino Paci, medico chirurgo dell’ospedale C. Ciano, e del dottor Fernando Gambassi, medico chirurgo esercente in Livorno, i quali, dopo aver visitato la sanata, hanno rilasciato la propria relazione scritta9.

Alle relazioni suddette fa seguito la documentazione processua­le così suddivisa:

a) Documenti medici

1. Certificato del dott. Tullio Bottari del 22 febbraio 194110.

2. Relazione del dott. Tullio Bottari - senza data11.

3. Questionario con risposte fatto al dott. Tullio Bottari il 28 agosto 194112.

 

b) Relazione e altri documenti

1. Relazione di Suor Angela Vivarelli, teste I, del 16 dicembre 192613.

2. Questionario con risposte della sanata14.

La validità giuridica degli atti processuali è stata decretata dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 24 febbraio 2007.

 

Diagnosi

5. - Per accertare la diagnosi della patologia che colpì Suor Ma­ria Serafina Moscatelli risultano di fondamentale importanza i contri­buti forniti dal suo medico curante, il professor Tullio Bottari, e dalla sanata. Infatti, data l’epoca in cui sono maturati gli eventi, non è a nostra disposizione ulteriore documentazione di natura medica.

La sanata riferisce che sin dal 1890 aveva cominciato a soffrire di forti dolori a tutto l’addome e spesso, dopo aver mangiato, aveva fatto tre o quattro scariche liquide con cattivo odore. Fu dunque tra­sferita a Bologna, ma i disturbi intestinali continuarono, e con essi un sempre maggiore deperimento. Non solo, ma con il passare del tem­po, si fece più violento il dolore alla regione del fegato. Uno dei primi medici curanti, dottor Feletti, diagnosticò la presenza di piccoli calcoli; mancando documentazione su questa fase iniziale della ma­lattia, ci si può affidare solo alle parole di Suor Serafina: «Avendone fatto parola [dei disturbi epatici] al dott. Feletti, questi esa­minandomi constatò che vi era qualcosa al fegato, mi fece prendere una medi­cina speciale per la eliminazione dei calcoli, fece far delle ricerche nelle feci e ritrovò dei piccoli calcoli che io stessa ho visto a forma di piccole pillole schiacciate biancastre; mi disse che quella era la causa della malattia»15.

Evidentemente, dato che la teste non è un medico, non le si può richiedere una maggiore precisione terminologica; peraltro ella riferi­sce di una diagnosi che venne effettuata quando si manifestarono i primi disturbi dell’infermità, cioè nella parte finale del XIX secolo; depone dunque a circa cinquantanni di distanza degli eventi e, anche in considerazione di ciò, non si possono davvero pretendere, da parte sua, maggiori particolari. Ella riferisce che fu sottoposta a diversi esami delle urine, ma non ne ricorda con precisione l’esito16.

Sicuramente però queste prime cure non si rivelarono partico­larmente efficaci, tanto che nel 1908 Suor Serafina venne trasferita a Livorno e fu presa in cura dal dottor Bottari il quale, stando alla dichiarazione della stessa, «riconobbe che il fegato era ammalato»17.

Al padre succedette nella cura il figlio, professor Tullio, alle cui dichiarazioni ed attestazioni possiamo fare utilmente riferimento.

In un certificato rilasciato in data 22 febbraio 1941 egli ha atte­stato innanzitutto che la religiosa soffriva di colecistite calcolosa e di coliche epatiche frequenti18. Maggiori particolari ha fornito poi in una sua relazione, pure allegata agli atti processuali, nella quale si attesta che nel settembre 1926, a coronamento di una patologia manifestatasi già da diverso tempo, Suor Serafina era stata colpita da una forte itterizia, che le aveva provocato un colore giallognolo, una disappe­tenza invincibile ed un esaurimento generale19. Nella testimonianza resa in sede processuale, egli così ricostruisce dunque la propria diagnosi: «Quando io presi in cura Suor Serafina presentava un quadro classico di colecistite. Le sue condizioni generali erano scadenti, era notevolmente deperi­ta con colorito sub-itterico. Accusava dolori all’epigastrio e alla regione ipo­condriaca destra con irradiazione alla spalla destra. Il fenomeno era legger­mente ingrossato e vi era dolore più marcato in corrispondenza del punto cistico»20.

Lo stesso dottor Bottari, in data 28 agosto 1941, ha risposto ad un questionario, precisando che la sua diagnosi risultava dagli esami alla regione epatica e sottoepatica accertati mediante palpazione e percussione. Il fegato era lievemente ingrossato e debordante dal­l’emo costale con dolore accentuato in corrispondenza della cistifel­lea e dell’epigastrio. Le condizioni generali erano dunque quanto mai scadenti. Il medico curante confermò poi che, data la strumentazione dell’epoca, non si procedette ad esami di tipo radiologico ed attestò di non aver sentito il parere di altri medici21; questa precisazione ci fa supporre che la diagnosi fosse per lui abbastanza chiara, tale da non richiedere ulteriori consulti.

Uno dei periti “ex officio”, il professor D’Onofrio, sulla base delle notizie ricavabili dalle testimonianze e della documentazione, qualifica la malattia che aveva colpito Suor Serafina «colecistite calcolotica»22.

La relazione della Consulta Medica, tenutasi il 28 novembre 2013, ci fornisce ulteriori elementi per giungere ad una conclusione certa (o quanto meno alla più probabile possibile) sulla base degli elementi a nostra disposizione. Dalle opinioni dei vari periti, così come riportate nel verbale della relazione stessa, non risulta una grande differenza sulla diagnosi. Vogliamo però enuclearle poiché, in assenza di ulteriore documentazione medica, ci sembrano necessarie al fine di avere un quadro diagnostico quanto più possibile completo. Infatti, acquisiti i pareri dei periti ex officio, gli altri hanno fornito ulteriori contributi utili ai fini di una maggiore chiarificazione.

Un perito ha ritenuto che, sulla base delle testimonianza e della do­cumentazione raccolta, la diagnosi può essere espressa in questo modo: «Colecistite calcolosa con coinvolgimento sulle vie biliari grandi»23.

Un altro perito ha affermato di concordare pienamente sulla dia­gnosi parlando di una «colecistite calcolosa con coliche biliari recidi­vanti e occasionale infezione delle vie biliari»24. Tale perito, secondo quanto risulta dalla relazione, ha voluto precisare che, pur sulla base dei pochi elementi a disposizione, la diagnosi deve ritenersi certa25.

Un perito ha effettuato una diagnosi più articolata, ma che so­stanzialmente non muta il quadro di insieme: «[...]. Molto probabilmente si è trattato di una colestasi associata ad in­fezioni ricorrenti dovuta alla presenza di calcoli anche nelle vie biliari, come supportato dalla lunga durata della malattia e dalle feci ipo-alcoliche»26.

Il perito in questione, peraltro, non ha escluso neppure la possi­bile presenza di una cirrosi biliare secondaria27. Pur con qualche precisazione e dubbio, si tratta di un quadro sostanzialmente analogo a quello fin qui emerso ed enucleabile dall’analisi del materiale pro­batorio a nostra disposizione. La diagnosi definitiva, frutto della discussione collegiale, è dunque stata condivisa all’unanimità dai membri della Consulta: «Patologia colestatica delle vie biliari complicata da sepsi»28.

 

Terapia

6. - La sanata ricorda in questa maniera le cure che le vennero apprestate, senza apprezzabili risultati: «Il dott. Tullio [Bottari] mi disse che la malattia era molto inoltrata e che ci voleva una cura energica. [...] Il dott. Bottari mi prescrisse varie medicine che non mi davano alcun sollievo»29.

Nella risposta all’apposito questionario il dottor Bottari si è li­mitato ad affermare che le cure erano adeguate30. Anche la sanata ha fornito una risposta piuttosto generica, limitandosi ad affermare che le vennero prestate «le comuni cure»31.

Riguardo a questo aspetto, particolarmente approfondito ed in­teressante risulta il parere fornito dal secondo perito medico “ex officio”, il professor Nicola Canonico. Questi infatti ha evidenziato come attualmente il trattamento cardine della colecistite sia costituito dall’intervento chirurgico di colecistectomia in genere preceduto da adeguata terapia medica antibiotica32. Tuttavia erano trattamenti per l’epoca impensabili dal momento che la colecistectomia, effettuata per la prima volta nel 1882, era ancora praticamente ignorata come trattamento medico ai tempi della malattia di Suor Serafina, mentre il farmaco che segnò la nascita della terapia antibiotica vide la luce soltanto nel corso della seconda guerra mondiale33. Pertanto le terapie applicate alla sanata potevano essere solo quelle così descritte dal perito: «Nel periodo storico della malattia di Suor M. S. Moscatelli la terapia della colecistite era quindi necessariamente limitata alla dieta, al riposo, agli impacchi caldi ed alla terapia ricostituente»34.

Era l’unica terapia possibile, dati i tempi e si è visto come, in effetti, in tal senso siano assolutamente concordi i pareri della sanata e del medico curante; ma evidentemente era assolutamente inadegua­ta, come hanno argomentato in maniera concorde i periti nel corso della Consulta Medica35.

 

Prognosi

7. - Data l’inadeguatezza della terapia, come visto sopra, la pro­gnosi non poteva che essere infausta o comunque tale da non poter prevedere possibilità concrete di guarigione.

La teste Suor Maria Laura Mascarello conferma, sia pur per sentito dire, le nostre conclusioni: «Ho sentito dire dalle suore che il medico diceva che la malattia di Suor Serafina era grave e che non sarebbe guarita»36.

Ad ulteriore conferma delle sue affermazioni, ella menziona an­che il parere del primo dei medici curanti, il dottor Feletti, medico della comunità tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX: «Ho inteso dire che il medico ripeteva che aveva bisogno di molte cure, che la malattia era importante e che poteva avere qualche conseguenza»37.

Il dottor Bottari, medico curante, nel corso della propria deposi­zione è stato molto convinto nell’attestare che le cure non sortivano effetto alcuno e che quindi la prognosi non poteva che essere infausta: «La malattia decorse a carattere cronico senza mostrare mai tendenze ad un vero miglioramento nonostante le varie cure tentate»38.

La sanata conferma pienamente tali affermazioni descrivendo in maniera piuttosto precisa le sue scadenti condizioni di salute prima dell’invocazione del Servo di Dio: «Le sofferenze continuavano a tormentarmi; ero incapace di lavorare e se in qualche momento di relativa calma riuscivo a fare un po’ di scuola, questo mi costava una grande fatica che mi lasciava spossata. [...]. Il dottore mi disse che avrei dovuto lasciare addirittura la scuola perché la malattia non accennava affatto a risolversi»39.

Pertanto i periti della Consulta Medica si sono espressi in ma­niera unanime sulla prognosi definendola: riservata quoad vitam40.

Invocazione

8. - La sanata ha descritto in maniera precisa come e quando av­venne l’invocazione del Servo di Dio. Per la ricostruzione degli even­ti, risulta dunque di fondamentale importanza la sua testimonianza. Una mattina dell’ottobre 1926, scesa in cappella per ricevere la Santa Comunione, si sentì ancor più male del solito tanto che riuscì a muo­versi a stento. Stremata dal male e spaventata dalla prospettiva di dover lasciare l’insegnamento a causa delle condizioni fisiche sempre più precarie, si rivolse dunque all’intercessione del Servo di Dio con effetti pressoché immediati: «Rivolta al Servo di Dio con tutta fiducia gli dissi: “Mons. Pio, Voi che avete tanto sofferto di questo male mio, fatemi guarire non per me che non lo merito ma per la Madre che è così preoccupata”. In quell’istante mi sentii ritornare le forze, mi guardai le mani e non le vidi più gialle»41.

Suor Serafina ha anche precisato di aver invocato solo il Servo di Dio: «Non ho invocato alcun altro Santo, Beato o Servo di Dio. Nel momento della guarigione non avvertii nessun dolore alla regione del fegato né ebbi scariche alvine con emissione di calcoli»42.

Trattandosi di invocazione fatta soltanto da lei, senza coinvol­gere in alcun modo le consorelle, è evidente che possiamo far riferi­mento solo alle sue parole per conoscere le modalità della stessa.

 

 

Modalità della guarigione

9. - La testimonianza della sanata risulta fondamentale per com­prendere le modalità della guarigione che fu assolutamente immedia­ta e repentina. Le parole di Suor Serafina sono in tal senso molto chiare. Ella, constatato l’improvviso benessere seguito all’invocazio­ne del Servo di Dio, volle in qualche modo accertarsi di non essere in preda ad uno stato di alterazione mentale ed appurare che il benessere provato non fosse frutto di mera suggestione. I risultati furono tali da scacciare ogni ragionevole dubbio: «Volli provare se la mia era un’illusione e presi a far passare il cencio per pulire il corridoio, sentii fame e andai in refettorio a far colazione con le consorelle. La Priora quando mi vide sgomenta mi disse: “Ma cosa fa Sr. Serafina, pensi che è ammalata e il mangiare le potrebbe nuocere assai”. Io risposi: “Mi guardi bene, io non sono più ammalata e questa mattina incomin­cio la scuola”»43.

Suor Serafina descrive anche le reazioni delle consorelle all’ac­caduto: «La mia presenza in refettorio e il vedermi mangiare con appetito fu causa di sorpresa generale. Tra l’altro erano presenti Sr. Angela Vivarelli Priora, Suor Giacinta De Bernardis e Suor Iacopina Rosi, Suor Laura Mascarello e le altre»44.

Alcune delle religiose citate dalla sanata sono state interrogate in sede processuale e hanno confermato pienamente tale versione dei fatti. Citiamo, a titolo esemplificativo, quanto affermato da Suor Maria Laura Mascarello: «Suor Serafina era con noi, abbandonata sopra una sedia priva di forze, pareva quasi una morta. Il dì seguente la vidi venire in comunità tutta cambiata nell’aspetto e nel portamento dicendo che non avvertiva più alcuna sofferenza. Si mise a tavola con noi e mangiò i cibi della comunità e cominciò subito a far scuola. Il cambiamento sorprese grandemente noi tutte che l’avevamo vista il giorno precedente in condizione di sofferenza così marcata. [...]. Suor Serafina dal momento della guarigione ha goduto sempre buona salute, ha sempre atteso a qualunque lavoro le venisse richiesto senza mostrare mai alcun segno di stanchezza. Continua a godere anche oggi ottima salute»45.

Suor Maria Giacinta de Bernardis conferma lo stupore suo per­sonale e di tutta la comunità nel constatare il repentino mutamento delle condizioni fisiche della Serva di Dio: «Posso dire che le condizioni di Suor Serafina fino al momento in cui istantaneamente guarì rimasero deplorevoli senza che alcun cenno di migliora­mento si verificasse in lei. Uno o due giorni al massimo dopo averla vista così sofferente con mio grande stupore vidi Suor Serafina riprendere la scuola e portarsi come una persona sana [...]. Vidi che Suor Serafina riprese subito la vita ed il regime della comunità senza alcuna limitazione»46.

La stessa teste ribadisce poi nel seguito della deposizione che la guarigione si è dimostrata definitiva47.

Il fatto che si trattasse di guarigione completa è confermato dal­la scomparsa sia della sintomatologia dolorosa sia degli altri elementi indicanti anomalie; in particolare, la teste ricorda che da subito non avvertì più fastidi e sia le urine che le feci tornarono normali.

Onde accertarsi dell’effettiva guarigione venne subito chiamato il medico curante, dottor Bottari, il quale constatò lo stupefacente ed inaspettato miglioramento delle condizioni cliniche di Suor Serafina e, secondo la sanata, pronunciò parole significative circa la straordi­narietà e l’inspiegabilità dell'evento: «Rimase esso pure meravigliato e disse: “Qui si tratta di miracolo”»49.

Il professor Bottari in sede processuale ha confermato piena­mente le affermazioni della sanata: «Improvvisamente nel 1926, non so precisare la data, i disturbi ed i sin­tomi della colecistite che persistevano da così lungo tempo, senza mostrare mai, come ho già detto, una tendenza a migliorare, scomparvero interamente. Nessuna più sofferenza subbiettiva, nessun sintomo obiettivo era più constata­bile e la suora cominciò a sentirsi in buone condizioni di salute riacquistando le forze e in questo stato di salute piena si è mantenuta e si mantiene anche attualmente».

Sulla persistenza e definitività della guarigione si sono pronun­ciati senza remore ed esitazioni i due “periti ab inspectione”. Citiamo innanzitutto la relazione del primo, dottor Gino Paci, che si è pro­nunciato molto chiaramente in merito nella sua relazione datata 29 gennaio 1943: «Il sottoscritto nell’esame dei vari organi della suora in parola, non ha potuto trovare nessun fatto di rilievo come pure nessun fatto degno di nota ho potuto incontrare nell’esame particolareggiato del fegato. A tutto ciò si ag­giunge che le funzioni intestinali come digestive in genere si presentano rego­lari e che Suor Serafina non presenta nessun disturbo digestivo degno di nota, per cui si deve concludere che la guarigione della malattia sofferta dalla pre­detta Suora, guarigione avvenuta nel 1926, è stata definitiva e che nella predet­ta non si trovano tracce di reliquati»51.

Il secondo perito, nella sua deposizione, è stato altrettanto chiaro: «[Suor Serafina Moscatelli] gode attualmente di buona salute ed è com­pletamente guarita dalla malattia che si dice abbia sofferto»52.

 

Inspiegabilità scientifica della guarigione

10. - La sensazione che ci si trovasse di fronte ad un evento stra­ordinario ed umanamente inspiegabile fu subito evidente e tale che, secondo quanto riferito dalla sanata, si pensò subito di fare una rela­zione dell’accaduto e di inviarla alle religiose dell’Istituto fondato da Monsignor Pio Del Corona; la relazione venne anche firmata dal dottor Bottari53.

Suor Serafina in sede processuale ha manifestato senza reticen­ze la sua convinzione di aver ricevuto un miracolo per intercessione del Servo di Dio Pio Alberto Del Corona: «Io sono convinta che la mia guarigione istantanea e completa è un mira­colo ottenuto per intercessione di Mons. Pio Del Corona. Le altre suore hanno la stessa convinzione e anche il dott. Bottari condivide il loro pensiero»54.

In effetti, l’analisi delle testimonianze e della documentazione conferma queste affermazioni. Pochi mesi dopo la guarigione, Suor Angela Vivarelli, consorella della Serva di Dio, stilò una breve rela­zione all’interno della quale descrisse i fatti in maniera sintetica ma tale da far comprendere che era avvenuto un evento di natura assolu­tamente straordinaria: «La nostra Suora aveva l’itterizia ed era in condizioni di salute veramen­te deplorevoli. Dopo aver riposta la sua fiducia nell’intercessione del Santo Arcivescovo si sentì guarita completamente»55.

Si tratta di una valutazione di indubbia importanza anche perché fatta a pochissimo tempo di distanza dai fatti.

Il professor Bottari, come visto, ha constatato che la guarigione è avvenuta in maniera improvvisa ed inspiegabile; nella relazione presentata al Tribunale si è poi espresso in modo tale da rendere manifesta la sua convinzione che si tratti di evento miracoloso: «Tutte le suore di questa comunità sono state testimoni della guarigione e grate per il beneficio sentono il dovere di ringraziare il Signore sempre ammirabile nei suoi santi»56.

Suor Maria Giacinta de Bernardis, personalmente convinta che si tratti di un autentico miracolo, conferma che analoga convinzione è stata fatta propria anche dalle consorelle con l’eccezione però di Suor Orsminda Ranza57. Opportunamente il Tribunale ha provveduto ad interrogare la religiosa in questione che ha avuto dunque modo di chiarire la portata ed il senso delle sue convinzioni: «Io so che Suor Serafina era da lungo tempo ammalata di calcolosi epa­tica, malattia che secondo me può guarire naturalmente da se stessa o per le cure. Non avendo io avuto modo di seguire da vicino la malattia di Suor Serafina, perché il mio ufficio di direttrice delle scuole non mi dava modo di ren­dermene conto, non ho osato parlar di miracolo propendendo per prudenza ad ammettere che si tratta di una grazia»58.

Si può dunque chiarire agevolmente la posizione della religiosa: lei non è affatto convinta che Suor Serafina sia guarita in modo natu­rale; semplicemente, non conoscendo a fondo la questione, preferisce non sbilanciarsi anche in considerazione del fatto che la malattia da cui era affetta la consorella non era di per sé incurabile. Ora, se que­sto è vero (cioè che la calcolosi epatica non è di per sé incurabile), è altresì vero che, come visto sopra, la terapia adottata per Suor Serafina (l’unica adottabile in quel periodo storico) non era assolutamente adeguata, tanto che l’infermità stessa, durando da più di venti anni, non era in alcun modo regredita e anzi mostrava un progressivo peg­gioramento e una cronicizzazione ormai invincibile.

Da qui la conclusione dei periti medici che, nella loro unanimi­tà, hanno mostrato la convinzione che si tratti di guarigione non spie­gabile scientificamente. Citiamo innanzitutto quanto affermato in merito dal professor Felice D’Onofrio:«Il modo dell’evoluzione favorevole del caso, così come raccontato dal­la paziente, dai testimoni e dal medico curante, e cioè la rapida scomparsa di ogni segno di patologia colecistica e la completa restituito ad integrum della paziente che ha potuto ritornare ad una attività lavorativa normale, non sembra rientrare nei limiti di una evoluzione facilmente spiegabile [...]. La modalità della completa guarigione e cioè la sua rapidità, così come descritta dal sanita­rio curante e dalle deposizioni processuali, non sembra trovare una spiegabilità sulla base delle attuali conoscenze»59.

Il secondo perito “ex officio”, professor Nicola Canonico, si è espresso in modo sostanzialmente equivalente: «La suora nota la improvvisa e completa scomparsa dei gravi sintomi soggettivi legati alla sua malattia: astenia, inappetenza, nausea, e dei sintomi oggettivi: dolore, ittero, febbre, diarrea, urine ipercromiche, feci ipocoliche. Lo stato di benessere così recuperato perdura inalterato fino al momento delle testimonianze, 1942-43. Si può senz’altro concludere che la guarigione di Suor Maria Serafina Moscatelli, avvenuta in modo completo e, soprattutto, improv­viso non è spiegabile alla luce delle conoscenze mediche attuali»60.

Sulla base di questi autorevoli pareri, suffragati, come visto, dalla documentazione in nostro possesso, anche la Consulta Medica si è espressa all’unanimità nel senso della inspiegabilità scientifica della guarigione di Suor Maria Serafina Moscatelli: «Circa l’aspetto substantiam della guarigione, i Periti concordano sul fatto che, trattandosi di una patologia molto seria e clinicamente importante per il periodo epocale, è impossibile che la sua risoluzione non si sia accompa­gnata a reliquati e, comunque, a loro avviso, si tratta di una patologia che non può spegnersi senza una terapia adeguata e ausili mirati; considerando l’epoca storica in cui è avvenuta e con quelle modalità, come supportato anche dalle dichiarazioni del Dr. Bottari (il medico che curava la suora), secondo i Periti, la guarigione è da considerarsi un evento non possibile61.

Conclusione

11. - Spettava alla Consulta Medica valutare la guarigione di Suor Maria Serafina Moscatelli, avvenuta nel 1926, da “patologia colestatica delle vie biliari complicate da sepsi”, sotto il profilo scien­tifico in tutte le sue implicazioni. Siamo certi che i risultati unani­memente positivi della discussione medico-scientifica, offrirà ai Rev.mi Teologi ed Em.mi Padri Cardinali nonché agli Ecc.mi Presuli della Congregazione Ordinaria un quadro esente da ogni possibile riserva, in modo da permettere a Vostra Santità di dichiarare miraco­losa la guarigione di Suor Moscatelli.

Con l’auspicio che nelle successive fasi procedurali questa gua­rigione trovi piena conferma non solo dei suoi aspetti sorprendenti sopra indicati ma anche della sua soprannaturalità e che possa essere attribuita esclusivamente all’intercessione del Ven. Servo di Dio Pio Alberto del Corona, non solo il sottoscritto Postulatore, ma anche le sue figlie spirituali da lui fondate, la Congregazione delle Suore Domenicane del Santo Spirito, e tutti coloro che lo invocano, si augu­rano che si possa addivenire alla Beatificazione del Ven. Servo di Dio.

 

Roma, 28 febbraio 2014

 

Fr. Vito Gómez, O.P. Postulatore

Fr. Francesco M. Ricci, O.P.

Segretario postulazione generale

 


NOTE


1 Cf. Summarium testium, pp. 21-22.

2 Cf. Summarium testium, pp. 16-20.

3 Cf. Summarium testium, p. 16.

4 Cf. Summarium testium, pp. 22-24.

5 Cf. Summarium testium, pp. 25-26.

6 Cf. Summarium testium, pp. 27-28.

7 Cf. Summarium testium, pp. 28-29.

8 Cf. Summarium testium, pp. 29-30.

9 Cf. Summarium testium, pp. 30-34.

10 Cf. Documenti, p. 35.

11 Cf. Documenti, p. 36.

12 Cf. Documenti, pp. 37-38.

13 Cf. Documenti, pp. 38-39.

14 Cf. Documenti, pp. 39-41.

15 Summarìum testium, T. II, § 12.

16 Cf. Ivi, § 15. Anche il medico curante, professor Tullio Bottari, afferma di non ricordare quale risultato presentasse l'esame delle urine e quale aspetto avessero le feci (cf. Summarìum testium, T. IH, § 28).

17 Ivi, §14.

18 Cf. Certificato del dott. Tullio Bottari del 22.2.1941 {Documenti, p. 35).

 19 Cf. Relazione del dott. Tullio Bottari, senza data {Documenti, p. 36).

20 Summarium testium, T. Ili, § 27.

21 Cf. Questionario con risposte fatto al dott. Tullio Bottari del 28.08.1941 {Do­cumenti, p. 37).

22 Cf. Giudizio medico legale del professor Felice D'Onofrio, p. 3.

23 Cf. Relazione della Consulta Medica, p. 4.

24 Ivi, pp. 4-5.

25 Ivi.

26 Ivi, p. 5.
21 Ivi.
28 Ivi, p.6.

29 Summarium testium, T. II, §§ 14, 16.

30 Cf. Questionario con risposte fatto al dott. Tullio Bottari del 28.08.1941 {Do­cumenti, p. 37).

Cf. Questionario con risposte della sanata {Documenti, p. 40).

32 Cf. Giudizio medico legale del professor Nicola Canonico, p. 11.

33 Ivi, p. 12.

34 Ivi.

35 Cf. Relazione della Consulta Medica, p. 5.

36 Summarium testium, T. IV, § 37.

37 Ivi, § 33.

38 Summarium testium, T. Ili, § 28.

39 Summarium testium, T. II, § 17.

39 Cf. Relazione della Consulta Medica, p. 6.

40 Summarium testium, T. II, § 6.

42 Ivi, §21.

43 Ivi, §7.

44 Ivi, §21.

45 Summarium testium, T. IV, §§ 38, 41, 42.

46 Summarium testium, T. V, § 53.

47 Ivi, § 55.

48 Cf. Summarium testium, T. II, §§ 19, 21.

49 Ivi, § 8.

50 Summarium testium, T. Ili, § 29.

51 Relazione del I perito «ab inspectione», § 70.

52 Deposizione del II perito «ab inspectione», § 71.

53 Cf. Summarium testium, T. Il, § 8.

54 Ivi, §24.

55 Livorno, 16 dicembre 1926. — Relazione di Suor Angela Vivarelli {Documenti, p. 38).

56 Relazione del dott. Tullio Bottari, senza data (Documenti, p. 36). Cf. Summarium testium, T. V, § 56.

58 Summarium testium, T. Vili, § 68.

59 Giudizio medico legale del professor Felice D'Onofrio, p. 3.

60 Giudizio medico legale del professor Nicola Canonico, p. 11.

61 Relazione della Consulta medica, p. 6.


 

Altri presunti miracoli attribuiti al Beato Pio Alberto Del Corona 

 

Suor Antonina Bartolini conversa nel Monastero di via Bolognese, tessitrice (morta il 17 giugno del 1925, all'età di 73 anni), giaceva malata da oltre un anno ed aveva già avuto parecchi sbocchi di san­gue. Furono fatte e ripetute preghiere per la sua guarigione, ma la povera malata andava sempre peggiorando e non dava speranza alcuna. Un giorno di marzo del 1882 Mons. Pio la confes­sò e le portò la Santa Comunione. Egli raccontò che, nel momento di dare alla suora la sacra Particola, ebbe il pensiero di dirle: "In nome di Gesù Cristo qui presente, alzati subito e guari­sci!"; ma poi fu trattenuto dal timore di compiere un gesto esibizionistico. Si congedò da lei esor­tando le suore a pregare con ferma fiducia che Dio avrebbe nuovamente concesso all'inferma la salu­te. Ritornato a San Miniato, Mons. Pio continuava a ricevere notizie allarmanti; un giorno, dopo molte orazioni, gli venne l'ispirazione di manda­re un lettera alla Madre Superiora, dove le diceva: "Vai in cella da Suor Antonina e dille: Il Padre ti manda a dire che tu guarisca subito per obbe­dienza". Erano due che dovevano obbedire, la madre e la malata. E la Madre, piena di fede, andò al letto della povera inferma, che proprio allora aveva fatto sangue, e le comunicò l'ordine del padre, dicendole: "Figliola, dobbiamo obbedire, io e tu". E la malata in tono risoluto: "Io obbedi­sco subito, datemi i panni". Si vestì e scese dal letto, andando libera, senz'alcun aiuto, mentre fino allora non poteva muoversi e, prima di allet­tarsi, andava a stento sulle grucce; si recò in Chiesa fino all'altare maggiore, dinanzi al Sacramento, dove rimase a pregare. Era suonato il mezzogiorno e le suore, eccetto la Madre e l'am­malata, erano al refettorio. Uscite che furono, videro con grande sorpresa Suor Antonina ingi­nocchiata e gioiosa davanti all'altare. Com'ebbe veduto le consorelle, ella andò loro incontro senza alcuna traccia di male e dopo soli tre giorni ripre­se il suo faticoso lavoro. Da quel giorno ella fu soprannominata la resuscitata. Il medico della casa, dottor Fabio Torracchi, rimase meravigliato e non riuscì a spiegare il fatto se non attribuendolo a un intervento straordinario di Dio.

 

Silvana Barbini, figlia di Mario e Ida Merlo, nativa di S. Giovanni in Valdarno, fin dal la nascita era affetta da cistite e calcoli urici ai reni, per cui aveva dolori spasmodici ed emetteva urine torbide e san­guigne. Ricoverata, nel maggio 1928 dopo quattro anni di cure inutili, all'ospedale Meyer in Firenze, il Primario Prof. Cocchi confermò la diagnosi dei medici curanti e aggiunse che la cura sarebbe stata lunghissima. Avendo ciò saputo, Suor M. Caterina Barbini, domenicana del Monastero di via Bolognese, come zia della bambina incominciò subi­to una novena al Servo di Dio, mettendo la fotogra­fia della nipote sulla tomba dello stesso. Tornata all'ospedale al quinto giorno della novena, ebbe la grande sorpresa di trovarla perfettamente guarita, e di sentirsi dire dal Prof. Cocchi: "i calcoli urici c'era­no, ed ora non ci sono più; come siano spariti, que­sto non glielo so dire".

 

Maria Tioli, sorella di Suor M. Albertina, domenica­na del Monastero di via Bolognese, nel 1917 si ammalò durante la famigerata epidemia della cosid­detta spagnola. Ridotta in stato gravissimo e abban­donata dal medico curante, sua madre le applicò al braccio, con grande fede, una corona benedetta dal Servo di Dio, invocandone il patrocinio: e quasi subito si operò il miglioramento, sicché al mattino seguente il medico la dichiarava fuori pericolo.