Speciale Ognissanti

Il sorriso dei santi

di don Francesco Ricciarelli

Liberaci, o Signore, dalle sciocche devozioni e dai santi dalla faccia triste», così scriveva la grande mistica e riformatrice Teresa d’Avila. È indubbio che l’umorismo occupa un posto molto importante nella vita dei santi e di tutti i cristiani, chiamati alla santità. Ce lo ha recentemente ricordato papa Francesco nell’Esortazione apostolica «Gaudete et exsultate». Il sorriso benevolo e indulgente sulle miserie e le contraddizioni della vita fa parte della saggezza che è dono dello Spirito Santo.

Papa Francesco ci ricorda che la santità «non implica uno spirito inibito, triste, acido, malinconico, o un basso profilo senza energia. Il santo è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza». Per questo troviamo così spesso un sorriso sulle labbra dei santi canonizzati. Oltre alla citata Teresa d’Avila, pensiamo a Francesco di Sales, Tommaso Moro, Filippo Neri, Ignazio di Loyola, Papa Giovanni XXIII.

L’elemento essenziale dell’umorismo è la capacità di relativizzare e ridimensionare quanto vorrebbe imporsi come assoluto e unilaterale. Non a caso Aloysius Roche, nel suo libro «Sublimità dei santi», arriva ad affermare che «la storia di tante eresie è in molta misura una storia di perdita del senso dell’umorismo. Non si potrebbero altrimenti spiegare, lasciando da parte l’opera del demonio, certe loro aberrazioni e assurdità».

Agli occhi dell’umorista certi eventi o persone assumono aspetti diversi, capaci di suscitare nuovi punti di vista e di significato, un sano «et-et» che libera dalle strettoie del settarismo. Concepito in chiave cristiana, l’umorismo non chiude certo gli occhi sui problemi e le brutture della vita, ma neanche si pone – come succede per l’ironia e la satira – di fronte ad esse come un giudice. Coltiva invece uno sguardo di tenerezza e d’indulgenza, che porta con sé la grazia suprema di saper ridere di noi stessi, dei nostri fallimenti, dei nostri sogni infranti, dei nostri voli illusori. Il cardinale Henri de Lubac, uno dei più grandi teologi del ’900, riporta a tal proposito l’esempio di un anonimo padre del deserto che consigliava: «Se la tua anima è turbata va’ in chiesa, prosternati e prega. Se la tua anima rimane ancora turbata vai a trovare il tuo padre spirituale, siediti ai suoi piedi e aprigli l’animo. E se la tua anima è sempre turbata, ritirati allora nella tua cella, stenditi sulla stuoia e dormi».
O ancora il già citato papa Giovanni XXIII raccontava di sé: «Mi accade spesso di svegliarmi di notte e cominciare a pensare a una serie di gravi problemi e decidere di parlarne al Papa. Poi mi sveglio completamente e mi ricordo che io sono il Papa».
Il cristiano che ha il senso dell’umorismo comprende e sorride: comprende i propri limiti. Sorride anche del crollo delle illusioni. I santi, con il loro umorismo, ci insegnano a collocarci al posto giusto, in rapporto a un Altro immensamente più grande di noi, che ci avvolge con la sua benevola Provvidenza.