Origini, storia e tradizioni

Il Re Carnevale

di Antonio Baroncini

Una locuzione latina dice: Semel in anno licet insanire (è lecito essere folli una volta l’anno). Pensiero espresso nella sua sostanza nel De senectute di Lucio Anneo Seneca. Ed ecco il Carnevale, anzi il Re Carnevale! Era un sovrano forte e potente, ci dice una favola, che governava un vasto regno con saggezza e giustizia.

Come tutti i Re che si rispettano era vestito regalmente, con un ampio mantello colorato e rigonfio, con scarpe e corona d’oro con scettro e rubino vero, rosso e splendente, screziato e luminoso, e diamanti. Al collo invece di una catena d’oro aveva una catena di salamini che gli arrivava fino alla pancia. Quanto onore e grazia riserviamo a Sua Maestà Re Carnevale! Il suo trono è l’allegria e il suo tavolo di lavoro una tavola abbondante di cibo. La sua prima attività è invogliare a mangiare e a sollecitare tutti, grandi e piccini, a sospendere momentaneamente, con gaudio, le regole del vivere comune e trasformarsi in personaggi tratti dalla tradizione, dalla storia, dalla fantasia, dalla cultura popolare. Così gli uomini si vestono con abiti femminili, i ricchi si travestono da poveri, i bambini accompagnano le maschere lanciando coriandoli e stelle filanti a suon di trombette. Le bambine, con maschere più solenni e dolci, si tengono su un piano più alto, lasciandosi, con vezzo, ammirare. Il Carnevale ha la sua storia, come tutte le tradizioni che, se pur nel tempo le condizioni e le abitudini cambiano aspetto e forme, facendo primeggiare nuovi aspetti della vita rinnovata, i moventi, però, rimangono sempre quelli originali.

Il nome di Sua Maestà il Carnevale, forse deriva dal latino carnem levare (eliminare la carne) e si inserisce nella nostra tradizione come momento di festa che precede la Quaresima, il periodo di digiuno, di astinenza e di purificazione in attesa della Pasqua, in cui, in passato, si evitava in assoluto di mangiare la carne. Il Re Carnevale muore per l’ingordigia di mangiare in abbondanza e ridere. Nel suo significato storico, abbandonando la fiaba, questo periodo di allegria, viene considerato come un lasso di tempo di festa e di rinnovamento per l’inizio del nuovo anno e per l’arrivo della nuova stagione primaverile.

Nell’antica Roma si celebrava la festività della terra che dopo il periodo invernale, tornava a rivivere e nutrire, con i propri prodotti, uomini ed animali. Era la festa dei Saturnalia, dedicata al dio Saturno e le Dionisie greche in onore al dio Dionisio. Gli antichi vedevano in Saturno «il dio dell’età dell’oro, un’epoca felice, in cui tutti vivevano in uno stato di eguaglianza» e la gioia di questo si esplicava con banchetti e balli, nel disordine che tutto permetteva. Nei secoli, il Re Carnevale acquista maggiore profilo culturale, divenendo più particolareggiato, più coordinato nelle sue esibizioni festose. Dal Rinascimento in poi, abbiamo spettacoli ben organizzati, mascherate su carri addobbati, circondati da persone in costume che cantano canti in versi e musica composta per l’occasione. Tali mezzi, chiamati “Trionfi”, riecheggiavano i massimi onori che nell’Antica Roma si attribuivano ai comandanti che ritornavano vittoriosi in patria dopo una guerra.

Ci si avvicina al nostro secolo ed ecco la Commedia dell’Arte, spettacoli teatrali, in cui i personaggi usavano maschere e costumi, assumendo un particolare ed individuale nome: ecco Arlecchino – servitore, Pantalone – padrone, Pulcinella e Colombina, Balanzone sapiente fanfarone. Oggi tutto questo si è arricchito di oggetti costosi, costituendo un notevole interesse economico. Ciò non dispiacerebbe se il Re Carnevale facesse ancora divertire, con fanciullesca allegria, come una fiaba, i bambini, senza scendere in faziose scene allegoriche. Ridere per un giorno credo che non disturbi nessuno e non danneggi nessuno ricoprirsi di coriandoli con balli, musica e canti.
La sontuosità dei costumi è spettacolo, molte volte galanteria. È rivivere un mondo passato di sfarzi, di sfoggio cavalleresco, di bellezza anche artistica, piacevole nell’ammirazione. Lo spettacolo più attraente e seducente, però, lo ha offerto un trenino pieno di bambini: ridevano, si divertivano e gustavano con innocenza il momento magico che il Re Carnevale offriva loro, mentre una filastrocca accompagnava il loro sorriso:

«Girotondo, girotondo, noi giriamo tutto il mondo.

C’è Gianduia e Meneghino, Pulcinella e Arlecchino.

C’è Brighella e Pantalone, Meo Patacca e Balanzone,

Beppe Nappa siciliano, Stenterello che è toscano.

Girotondo girotondo, noi viaggiam per tutto il mondo,

e con noi portiam la gioia che è nemica della noia».