Riflessioni

«Il mio Papa»

di don Francesco Ricciarelli

Non mi è mai piaciuta l’espressione «il mio Papa», quando in una conversazione qualcuno intende manifestare la propria predilezione per questo o quel pontefice. In realtà il nostro Papa è sempre il Papa regnante e a lui dobbiamo rispetto e obbedienza, ma per il titolo di questo mio ricordo di Benedetto XVI ho deciso di fare un’eccezione.

Sono stato ordinato sacerdote appena due mesi dopo l’elezione al soglio pontificio del cardinale Joseph Ratzinger, e quindi sarebbe meglio rovesciare i termini e dire che il sottoscritto è uno dei preti di Benedetto XVI. All’epoca dell’inizio del suo pontificato stavo concludendo gli studi a Roma e i miei compagni di seminario e università, in mezzo al tripudio generale, accorsero in piazza San Pietro per l’annuncio del nuovo Papa. Io ero a casa con la varicella e potei assistere all’evento solo alla televisione. Ricordo che commentai con mio padre la scelta del nome: cogliemmo il riferimento a Benedetto XV, il papa che aveva condannato la prima guerra mondiale definendola «l’inutile strage» e quindi individuammo una sensibilità particolare di Ratzinger per il tema della pace, oltre alla chiara fama di teologo che già lo accompagnava. Ebbi modo di incontrarlo personalmente nel 2011. Allora ero prorettore del Seminario di San Miniato e insieme al vescovo Tardelli e ai seminaristi partecipammo all’udienza generale. Al termine fui ammesso col seminarista più giovane del gruppo a salutare il papa, sul palco dell’aula Nervi. Benedetto XVI mi trattenne la mano tra le sue e fui colpito dal suo sorriso gentile e dalla luce piena d’affetto dei suoi occhi mentre mi esortava a studiare la teologia fondamentale. «Lo studio è importante», mi disse. Consiglio che ho cercato di seguire, anche dopo aver abbandonato gli studi accademici, e soprattutto ho cercato di “vivere” la teologia fondamentale.

Gli scritti del Papa teologo sono rimasti l’oggetto privilegiato della mia meditazione e il suo pensiero una fonte inesauribile di approfondimento in materia di fede e di morale. Ci sono state altre occasioni, varie udienze generali e celebrazioni, come la Gmg di Madrid, l’unica a cui abbia partecipato, per vedere dal vivo «il mio Papa». Ho sofferto per gli scandali e gli attacchi mediatici contro la sua persona, che si erano fatti sempre più intensi fino alle sue inaspettate dimissioni. E poi i lunghi anni di silenzio e di preghiera, in cui papa Benedetto è rimasto nascosto alla vista del mondo ma sempre presente e vicino al suo successore papa Francesco e alla Chiesa intera. Mentre scrivo queste righe mi preparo a partire per Roma per rendergli ancora una volta, di persona, il mio filiale omaggio.