Riflessione a margine del Convegno diocesano

Il Catechismo nella storia

di Antonio Baroncini e Flavia Guidi

Come ogni anno, prima dell’apertura delle scuole, l’Ufficio catechistico diocesano organizza il convegno per tutti i catechistiche s’impegnano nel non facile ruolo di presentare e far conoscere i principi della fede crisitana.

 Non sarà sterile ai fini del discorso che vogliamo sviluppare, riassumere brevemente la storia del catechismo. Il termine catechismo, utilizzato per l’insegnamento religioso cristiano già nel Nuovo Testamento, si è sviluppato nei secoli sotto forma di vari modelli ed è stato attribuito a differenti manuali che, soprattutto a partire dal Medio Evo, hanno esposto la dottrina, principalmente come serie di domande e risposte. Degne di nota per la diffusione del “catechismo” sono le opere di sant’Edmondo, di sant’Antonino e di san Pietro Canisio, ma il catechismo romano sboccia col Concilio di Trento nel 1566. È alla fine del ‘600 che si sviluppano e vengono tradotti in diverse lingue i testi di san Roberto Bellarmino, che saranno per secoli utilizzati come catechismo della chiesa cattolica. Ma sarà solo nel ‘900 che si inizierà a sentire l’esigenza di un “catechismo unificato” capace di realizzare un’armonia delle tante voci ed esprima così una “sinfonia della fede”, un catechismo insomma che rifletta la natura collegiale dell’episcopato.

E siamo ad oggi: proprio da quest’anno la figura del catechista si carica di maggior responsabilità a motivo della pubblicazione del motu proprio “Antiquum Ministerium” di papa Francesco, con il quale il Santo Padre ha istituito il ministero di catechista, nella memoria liturgica di san Giovanni d’Avila, profondo conoscitore delle Scritture vissuto nel XVI secolo.

Il tema stabilito per il Convegno diocesano di quest’anno è: «Vocazione, ministero e formazione del catechista», tre ruoli diversi nella stessa persona, uniti nell’unico scopo: rendere viva, attuale, efficiente la Parola di Dio, preparata dai profeti del Vecchio Testamento, compiuta da Gesù, praticata e testimoniata con intensità dialettica dalla predicazione degli apostoli. Ogni persona quando sceglie per vocazione e per qualità naturali la sua professione, esprime sempre il meglio delle sue capacità, con impegno, con attaccamento, con volontà gioiosa, costatando con successo i risultati del proprio lavoro: qualità e caratteristiche queste che un catechista deve sentire e provare nel suo animo, affinché il suo insegnamento sia un servizio efficace per «farlo divenire suo nutrimento e poterlo così portare agli altri con efficienza e credibilità».

Non si deve limitare però, solo nel comunicare, ma sia testimone diretto in tutti gli ambienti che quotidianamente frequenta.

La sua azione è frutto del suo ministero, scelto, sentito ed accettato da una salda vocazione che condiziona e nello stesso tempo arricchisce ogni sua opera.

Diviene una figura laicale coinvolta nell’opera «di evangelizzazione nello sviluppo della comunità cristiana cattolica». Il catechista diviene un servitore al servizio del proprio vescovo, a cui presterà ubbidienza e si impegnerà ad avere ed arricchire la propria fede e sviluppare sempre più la propria maturità umana. Deve sentire, come vocazione, la gioia di essere catechista nell’approfondimento della sua formazione «biblica, teologica, pastorale e pedagogica», collaborando con i sacerdoti ed offrendo disponibilità a esercitare il ministero dove è necessario, manifestando «entusiasmo apostolico». Se queste due caratteristiche “vocazione e ministero” sono le basi del mandato catechistico, la formazione culturale costituisce il punto concreto ed oggettivo del suo ruolo. I Concili nella loro storia hanno tracciato i principi fondamentali della Parola di Dio, interpretandone regole, consigli, esortazioni e di tutto questo il catechista deve essere a conoscenza, affinché il suo insegnamento, misto di storia, di filosofia insieme a contenuti teologici, venga percepito e condiviso. Normalmente il catechista si trova ad esporre concetti non facili, che superano le capacità razionali, soprattutto a dei bambini, ragazzi, la cui maturità di ricezione non sempre è pronta e sufficiente ad assimilare queste “verità” ed il compito si fa gravoso.

Occorre anche conoscere quindi, delle nozioni pedagogiche affinché l’insegnamento sia efficace ed incisivo per i ragazzi, seguendo un programma logico di ragionamenti deduttivi, attraverso esempi derivati dai fatti biblici ed evangelici nello specifico.

Quanto lavoro! Quanta conoscenza! Quanto impegno!

La società si è evoluta e le persone si chiedono il perché di fatti e di eventi, riflettendo sulle cause e sugli effetti riportati.

Quando le generazioni passate studiavano il Catechismo, certe osservazioni, certe questioni, almeno dalla grande maggioranza delle persone, non venivano neppure poste e sfiorate, s’imparava a memoria.

Oggi non basta più il mandare a memoria: ogni argomento deve essere accompagnato da spiegazioni che presuppongono nozioni culturali di un certo spessore, perché il ragionamento del catechista, come insegnante, sia convincente riguardo alle domande e alle obiezioni cui potrebbe andare incontro. Il catechista ha cioè bisogno oggi di essere formato all’interdisciplinarietà. Il punto fermo però, rimane l’interpretazione biblica, nel suo insieme dal Vecchio Testamento all’Apocalisse, costituendo memoria viva e testimonianza rivelata del Dio dell’alleanza che, a cominciare dal mistero della creazione, chiama l’umanità ad accogliere il suo amore e a vivere con Lui una storia di salvezza.

Perché la formazione del catechista, quindi, assume un’importanza fondamentale coniugata ad una emissione convinta di fede?

Tutt’oggi il catechismo entra nella vita degli uomini e si rende fondamento morale per molti cristiani, poiché aiuta a riconoscere quella vita degna di essere vissuta, a comprendere ciò che è giusto, ciò che viene da Dio, ed attraverso la fede si esplicita nei gesti quotidiani di comunione fra gli uomini. Come scriveva Ratzinger: «Nel catechismo si mostra l’armonia di fede, speranza ed amore: poiché crediamo, possiamo sperare; poiché crediamo e speriamo, possiamo amare». Per questo la morale del catechismo è la dottrina di ciò che è amore ed attraverso la fede ci mostra l’essenza della vita e la strada per essere ogni giorno “figli degni”, seguendo l’esempio di Gesù Cristo.

Quindi il catechista non deve mai stancarsi di insegnare l’importanza del catechismo alle giovani menti e di predicare la fede; questa infatti non si trasmette automaticamente nei cuori, non si conserva da sola, ma la si vive ogni giorno; come sottolineava Von Balthasar: «La fede non deve essere presupposta ma proposta». Che grato impegno è l’essere catechista nel suo più nobile ruolo di testimone della Parola di Dio!