Domenica 3 Febbraio 2019

Giornata diocesana per la vita consacrata

L'omelia del Vescovo Andrea

La liturgia domenicale oggi si arricchisce della presenta di amici, religiose e religiosi, che hanno assunto nella loro vita l’orizzonte dei Consigli evangelici e vivono l’avventura della Vita consacrata. La loro presenza oggi e nelle nostre comunità, la preghiera qui condivisa, la gratitudine che abbiamo per la loro vita e il loro servizio sono segno bello della nostra chiesa, la comunità amata, benedetta, resa viva e feconda dal Signore Gesù.

La pagina di Geremia ci fa udire un eco spiccatamente vocazionale…: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”.

E’ un richiamo che subito, per voi religiose e religiosi e anche per tutti noi consacrati al Signore, riapre l’ascolto della chiamata, del primo sì detto ad un cammino affascinante dietro al Signore. C’è un giorno, un incontro, un volto, una comunità, un cammino, una storia che sono segno e concretezza del Signore che chiama a seguirlo, a fidarsi, ad amare. E oggi ci è chiesto di rinnovare il sì a quella chiamata originaria che per voi è progetto di bene, di vita, di fruttuosità nel cuore di Dio. “Prima di formarti nel grembo materno…”: si parla di voi, di te suora, frate, religioso… E’ lo sguardo buono di Dio che ci accompagna, desidera per noi la vita e per questo chiama a seguirlo.

La parola di Geremia poi però allarga l’orizzonte e tocca il tema della missione. A colui che è chiamato viene ricordato che sarà posto come città fortificata… Tu sarai città, luogo della presenza del Signore. C’è non solo il senso della nostra vocazione personale, ma una dimensione comunitaria. Si parla di città. Penso in questa luce al senso e alla profezia che è la vita consacrata nella Chiesa e nel mondo oggi. La Parola di Dio vi dice oggi: voi, religiose, religiosi siete ancora segno bello, profezia, annuncio nel nostro mondo e nelle nostre comunità. Voi oggi avete un messaggio da portare che è ancora il messaggio della presenza e dell’opera di Dio. Così dice Geremia: “io sono con te per salvarti”. E questo è l’annuncio da portare ad ogni uomo. Allora forza suore, forza frati, religiosi… lasciatemi dire anche, forza preti…: c’è un messaggio da portare. Ne siete capaci? Lo state facendo? Ne siete convinti? Forza, coraggio… c’è un messaggio da portare!

La pagina di Paolo nella lettera ai Corinzi ci dice lo stile per stare nella Chiesa come religiosi e per portare l’annuncio: la carità. Ed è bellissima la descrizione che Paolo ce ne dà… Egli ci ricorda anche che la carità non avrà mai fine, è la virtù somma e permanente. Potremmo forse dire che è la virtù, il carisma che riassume tutti i carismi.

Quanti istituti religiosi sono nati nella storia e sono tuttora esistenti, quanti carismi diversi. E sappiamo come i tempi contemporanei ci chiedono di ripensare il carisma, di attualizzarlo, di renderlo vivo per l’oggi. Ma c’è una strada maestra, una guida che è necessaria per ogni carisma e per renderli tutti attuali. E’ la carità. Se si vive la carità si può star certi che il carisma dell’istituto è al sicuro, è fecondo.

Vorrei provare a riassumere tutti questi carismi in un volto, uno stile che manifesta la carità così vissuta: la gioia. Solo nella gioia si manifesta la ricchezza e la concretezza della carità.

Potremmo ammalarci di lamento, di stanchezza, di tristezza e sfiducia, di timore per il piccolo numero, di chiacchiere, di rancori che si avviluppano nel cuore e ci chiudono agli altri… e anche le opere belle si svuoterebbero di significato e valore. Non dicono più nulla alla gente.

La carità è paziente, è benevola, non è invidiosa, non si vanta, tutto perdona… La gioia dirà se questo è vero per noi, se viviamo la carità così. Cari religiose e religiosi siate testimoni della gioia e il vostro volto mostri il sorriso di chi è innamorato di Gesù e appassionato della gente. Grazie per le tante volte in cui ci regalate questo sguardo. Rendete così più sorridente la nostra Chiesa.

Il vangelo ci riporta coi piedi per terra. Ma si, la chiamata, l’amore di Dio… addirittura la gioia. Ma in realtà la mia vita, il mio stato d’animo talvolta è come quello di chi sta per essere gettato dal ciglio del monte…

L’esperienza di Gesù che non viene accolto dai suoi, nel suo borgo, dagli amici ci invita a non avere paura.

Gesù ricorda che è decisivo portare un annuncio, una testimonianza e il pericolo, il rifiuto, le resistenze non impediranno il diffondersi di questa buona notizia.

Allora ci viene detto di non lasciarci spaventare: i piccoli numeri, una porta chiusa, una incomprensione, la fatica della vita comunitaria e del sopportare il fratello e la sorella, la sterilità talvolta della preghiera, il nostro peccato… non impediranno che il Signore porti a compimento la sua opera e che l’annuncio possa risuonare.

La pagina evangelica è parola allora di conferma della vostra missione. Ci sono resistenze e difficoltà? Si! Bene, avanti, senza paura, con determinazione. La difficoltà fanno parte del vangelo… e il passa in mezzo a loro e si mette in cammino.

Gesù riprende il cammino, è in cammino… E’ l’invito finale per noi. Gesù ci invita a rimetterci alla sequela, dietro a Lui, fidandoci e ascoltandolo.

Riprende la sequela…

Cari fedeli e voi? Ho parlato solo a religiose e religiosi?

Siete anche voi parte di questo annuncio. Infatti la vita consacrata è profezia, è portatrice di un messaggio che è per tutti noi. Aver parlato a questi religiosi e religiose è per dire loro di non smettere di parlarci del vangelo e di mostrarci le opere del Regno. Ne abbiamo bisogno.

E per tutti noi, anche per voi fedeli la parola risuona e ci dice: scoprite anche voi la chiamata e l’amore del Signore, testimoniate tutti la carità nella gioia, vincete le paure che possono spegnere e intristire il cammino per muovere passi nella vita fiduciosi, accoglienti, comunitari.