Inizio Anno Pastorale Giovani

Ezio Aceti ai nostri ragazzi: «Abbiate il coraggio di essere giovani-mondo»

di don Francesco Ricciarelli

Nel chiostro del convento di San Romano, lo psicologo Ezio Aceti ha inaugurato l’anno di Pastorale giovanile delineando per i nostri ragazzi una «carta del coraggio», un’ispirazione a osare l’amore per costruire un mondo più unito e più positivo.

 

«Giovani, fatevi sentire!». Il vescovo Andrea è tornato a lanciare il suo appello ai ragazzi e ragazze della nostra diocesi: «Non lasciate i vostri parroci a sedere, tirateli fuori, portate domande, stimoli. Abbiamo bisogno di una Chiesa giovane e se non ci fate cambiare voi, chi ci fa cambiare?».

Nel chiostro dei frati di San Romano, lunedì scorso, si era raccolto un buon numero di ragazzi per l’avvio dell’anno di Pastorale Giovanile che ha come tema l’esortazione rivolta da Dio al giovane Giosuè: «Sii forte e coraggioso!» (Gs 1,6).

Improntata all’incoraggiamento, all’invito ad osare è stata la conferenza dello psicologo Ezio Aceti, chiamato ad animare la serata, sviluppando il tema: «Il coraggio di essere giovani-mondo». Un discorso articolato in tre punti, che il conferenziere ha esposto con stile incalzante e coinvolgente: «In che mondo siamo? Come siete fatti voi giovani? In che modo possiamo dare senso a ciò che viviamo?». Il punto di partenza è stato una rapida occhiata al mondo globale, che permette di diffondere con la massima efficacia le cose dannose e negative ma anche quelle positive. Tutto sta nelle abitudini che prendiamo. Citando Aristotele, Aceti ha ricordato che è con la ripetizione di determinati atti che noi prendiamo delle abitudini (le virtù o, purtroppo, i vizi) con cui cambiamo la realtà. In un mondo smarrito sia a livello globale (guerra mondiale a pezzi, disuguaglianze, crisi ambientale e del rapporto uomo[1]donna) sia a livello locale (crisi della famiglia, della scuola, della Chiesa), in un ambiente in cui l’85% delle notizie che ci raggiungono sono negative e la depressione risulta essere la malattia più diffusa in Europa, cosa possiamo fare per cambiare rotta? Aceti ha fatto appello alla nuova capacità dei giovani di essere connessi, di collegare tutto, di essere “giovani[1]mondo”. È questa la prima caratteristica che salta agli occhi osservando le nuove generazioni: una capacità globale unica e una grande disponibilità di strumenti che le generazioni precedenti non sognavano neanche.

Un altro aspetto emergente nel mondo giovanile è la schiettezza, la capacità di dire apertamente i propri pensieri senza timori reverenziali. E una possibilità di creare relazioni e di influire inaccessibile ai giovani di ieri. È questo l’identikit del “giovane-mondo”, di cui Ezio Aceti ha sottolineato le grandi capacità e potenzialità, se riesce ad evitare il rischio di isolarsi, di fare da solo e l’insidia delle dipendenze (droga, violenza, pornografia) che alterano la percezione della realtà. Assistiamo infatti a una spettacolarizzazione del male, che sembra prevalere ma che in realtà non è più forte del bene che i giovani portano dentro. Il relatore ha quindi esortato i ragazzi a usare tutte le loro capacità per diffondere il bene, a «diventare esperti nel descrivere il sole che scioglie le nuvole». Abituandosi a vedere il positivo negli altri, nel mondo, finiamo per rendere il mondo positivo. La realtà infatti è quella che anche noi facciamo esistere, con il nostro modo di parlare, di pensare, di condividere. Questo è il mandato, l’invito al coraggio che Aceti ha rivolto ai giovani di San Miniato: «Osiamo dire che c’è molto positivo».

Collegato a questo, c’è il compito di diffondere la cultura dello stare insieme. «Nel 2060 saremo tutti mescolati. Chi se la cava? – ha domandato Ezio Aceti – Chi è capace di costruire relazioni con tutti». L’invito è quindi quello a diffondere la fratellanza universale, perché qualcosa di profondo ci unisce, al di là delle differenze e dei conflitti: proveniamo tutti da Dio, siamo tutti fratelli. Riprendendo una suggestiva espressione di papa Francesco, Aceti ha sostenuto che il futuro sarà «accarezzare il conflitto». Oggi si litiga tanto e dappertutto, ma lo scontro, il conflitto delle idee, non è necessariamente una cosa negativa. La cosa più negativa è l’indifferenza. Bisogna imparare però a «litigare bene», intuendo che dietro il conflitto c’è un rapporto più grande, che deve crescere, e la possibilità di migliorare. L’ulteriore passaggio proposto dal relatore è stato una rilettura dell’espressione «fedeltà creativa», cioè di quell’atteggiamento che può aiutare i giovani a realizzare questi compiti. La fedeltà consiste anzitutto nei cromosomi d’amore, di relazionalità, di gusto per la verità che abbiamo già dentro di noi. E in quel «terzo orecchio» per dirla con Michel De Certeau, capace di ascoltare lo Spirito. La creatività viene proprio dallo Spirito Santo che è una luce che illumina, purifica e realizza i desideri che sono già dentro di noi. Quindi, Aceti ha invitato i ragazzi a osare stare in sua compagnia. «Lo Spirito – ha detto – vi farà usare la vostra testa. Ma non l’intelligenza fredda, bensì l’intelligenza del cuore, frutto del rapporto con Lui. Lo Spirito vi darà il coraggio e la forza di osare».

 La sintesi del percorso proposto è stata una sorta di «carta del coraggio» in cinque punti: il primo, ascoltare il grido degli altri, i problemi che ci sono nel nostro quartiere, senza salire sul carro di chi brontola e accusa, ma osando intervenire con l’amore; il secondo è la consapevolezza che abbiamo Dio che ci consiglia; il terzo è l’impegno a riconoscere il positivo che c’è e ad assumere il “ricominciare” come stile di vita; il quarto è la capacità di collaborare: nessuno si salva da solo. «Preferisco – ha detto Aceti – un gruppo di giovani scassati che però stanno insieme e ce la mettono tutta al bravo di turno che si disinteressa agli altri». La fragilità non è un disonore ma una spinta a stare insieme, a unirsi per superare le difficoltà. Gesù stesso lo ha chiesto al Padre, nel momento supremo prima della morte: «Che tutti siano una sola famiglia». È una missione altissima che ci viene affidata. Infine riconosciamo che il nemico peggiore che abbiamo è lo scoraggiamento. Lo scoraggiamento amplifica gli sbagli, ci fa apparire la nostra vita come un fallimento. Ma dentro di noi, ha ricordato Aceti, «c’è un’altra forza, una spinta che ti dice rialzati, ricomincia, chiedi scusa, osa ancora amare. Scoprirete allora che non siete solo il vostro sbaglio ma siete anche quello che volete diventare e che forse costruiamo di più il mondo unito con i nostri “difetti risorti” che non con tutte le belle idee che abbiamo in testa». «Di ha bisogno di noi – ha concluso Aceti – non perché siamo perfetti, ma perché ci stiamo e sappiamo che con la sua fedeltà possiamo osare l’amore.