Centro per l’Aggiornamento, la Formazione e la Ricerca Educativa dell’Università di Pisa

Discriminazioni e violenza di genere, un convegno a Pisa

di Donatella Daini

Papa Francesco ha definito scandalosa, la disparità di retribuzione tra l’uomo e la donna, mentre Papa Giovanni Paolo II chiese perdono a tutte le donne per le ingiustizie subite. E di violenza e discriminazione si è parlato anche a Pisa in tre conferenze organizzate dal Cafre, Centro per l’Aggiornamento, la Formazione e la Ricerca Educativa dell’Università di Pisa, con altre associazioni sostenute dal Ministero delle Pari Opportunità.

Il primo appuntamento si è svolto nella sala Baleari del Comune di Pisa alla presenza di un gruppo di studenti della facoltà di ingegneria. Gli interventi sono stati tanti e qualificati, come quello di Patrizia Pacini, presidente di Confindustria Pisa: «Non si parla mai troppo di questi problemi, le donne spesso fanno un passo indietro per curare la famiglia che è solo sulle loro spalle e le imprese ci rimettono perché le nazioni con il pil più alto sono quelle che hanno le donne ai vertici delle aziende». Ma oltre alla carriera che spesso è preclusa alle lavoratrici, tranne poche eccezioni, le donne incontrano ostacoli anche solo per mantenersi il posto di lavoro, come ha detto la dottoressa Maria Cristina Del Poggetto, psichiatra e psicoterapeuta sistemico-relazionale, la quale ha spiegato che fra i lavoratori che subiscono comportamenti vessatori da parte di superiori o colleghi, il 18% sono uomini e il 43% sono donne. Le denunce di donne che hanno fatto carriera non sono mancate, hanno raccontato che pur essendo dirigenti, il datore di lavoro le trattava come dattilografe, oppure in studi legali un uomo veniva chiamato avvocato e una donna signorina, insomma le difficoltà a causa di pregiudizi e stereotipi non mancano, infatti come ha spiegato Patrizia Magnante docente di Sociologia all’Università di Roma Tor Vergata, la maggioranza delle donne esegue lavori impiegatizi e non sono in grado di negoziare, non contrattano, la sociologa ha spiegato che al primo no, fanno marcia indietro, perché l’autostima delle donne è stata minata già dai primi anni di vita. «In Europa il 58% dei laureati sono donne – ha detto Patrizia Magnante – ma solo il 18% arriva ai vertici».

Questo non dipende soltanto dai pregiudizi ancora esistenti, ma anche perché conciliare la vita professionale con quella familiare non è facile: gli uomini di fatto svolgono un lavoro, le donne due. Questo argomento è stato affrontato da Serena Gianfaldoni, docente universitaria di Scienze delle risorse umane alla facoltà di Ingegneria, portando ad esempio una grande donna come la scienziata Marie Curie che ha avuto due premi Nobel per la Fisica. Ma negli ultimi due giorni si è parlato di violenza, di soprusi, tentando di capire dove affonda le radici questa cultura maschilista, priva di rispetto per le donne, nella bellissima cornice della sede dell’Ordine dei Cavalieri di S. Stefano e a proposito di rispetto, la dottoressa Del Poggetto ha letto un brano tratto dalla Convenzione di Istanbul: «Ogni atto di discriminazione basato sul genere è in grado di provocare danni psicologici, sessuali, fisici ed economici alla donna» La psichiatra ha parlato di disumanizzazione cognitiva, di svalutazione morale della donna e delle sue capacità. «Una cultura che difenda la parità dei diritti – ha dichiarato la Del Poggetto – avrà come frutto la cultura del rispetto». Quindi il rispetto prima di tutto, ma l’amore? Non è fondamentale nei rapporti? Silvia Guetta, pedagogista, ha confermato proprio questo: «Dobbiamo essere empatici con noi stessi, ama il prossimo tuo come te stesso non funziona se prima non amiamo noi stessi». La professoressa Patrizia Magnante è anche una donna d’azione che insieme al parroco del quartiere Torre Maura di Roma, scoprì e salvò una bambina che veniva violentata dal padre carabiniere e da un amico. La madre non parlava per paura. «Non capiamo perché gli uomini continuino ad uccidere le donne – ha spiegato la sociologa – ma noi veniamo dal codice Rocco, adottato nel periodo fascista, dove lo stupro era soltanto violenza contro la morale, dove per legge esisteva un capo famiglia, dove vi era tollerato il “ratto” in funzione del matrimonio, dove i figli erano proprietà del padre e dove al delitto d’onore veniva concessa ogni possibile attenuante. Queste leggi sono state cambiate da pochi anni». Ma non solo le donne difendono le donne. Said Talbi è tunisino ed è il fondatore di Unità migranti Italia. Said si occupa anche di violenze di genere all’interno delle comunità di immigrati. «In Tunisia da alcuni anni è in corso un cambiamento che ci sta portando ad una vera democrazia – ha raccontato Said faccio parte di un gruppo tunisino che cerca di far si che questo cambiamento emerga in concreto».

Ma Said si è battuto anche per aiutare una donna che era obbligata dal compagno a stare chiusa in casa a Pisa, per questa azione è stato aggredito dal marito di lei, subito dopo arrestato. Gli studenti universitari hanno potuto ascoltare la profonda relazione del dottor Renzo Puccetti sull’etica della relazione, sulla comunicazione che può essere corretta o scorretta, su come le nostre azioni, di cui siamo figli, come diceva San Gregorio Nisseno, possano determinare e condizionare nel bene e nel male la storia di un rapporto fra un uomo e una donna. Gli strumenti per difendersi e affrontare i problemi nella vita li acquisiamo nell’infanzia grazie anche alle fiabe se non fossero state edulcorate, come ha spiegato Serena Gianfaldoni, portando l’esempio della storia della Bella addormentata nel bosco che nella stesura originale veniva violentata dal principe e si risvegliava a causa delle doglie del parto. In quella riadattata per i bambini, il principe invece la salva. Per questo le donne ancora credono nel principe azzurro e non fanno squadra con le altre donne. La testimonianza di Lisa di Budio è stata toccante, ha dimostrato come molti uomini, forse perché fragili, tendono a schiavizzare le donne in qualunque ambito e cosa ancora più triste, come le donne non se ne rendano conto e non si aiutino fra di loro.