ARTICOLO

Dall’Ascensione alla Pentecoste

di don Marco Billeri

La Pentecoste, di cui celebriamo la festa, è strettamente unita all Ascensione del Signore. Nell ultima cena Egli dice: “è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràdito; se invece me ne vado lo manderò a voi” (Gv 16,7). Dopo l incarnazione, tornando al Padre, il Signore porta con sé, nella gloria della Trinità, la nostra carne umana, la nostra umanità. A questo “cielo” siamo chiamati anche noi, discepoli del Maestro. Scriveva Benedetto XVI: “l essere dell uomo in Dio, questo è il cielo. E noi ci avviciniamo al cielo, anzi, entriamo nel cielo, nella misura in cui ci avviciniamo a Gesù ed entriamo in comunione con Lui” (Omelia, 24 maggio 2009).

Il peccato è, invece, l allontanarsi da Dio, che ci priva del cielo. E affinché l uomo non sia privato del paradiso Dio dona ai suoi figli lo Spirito Santo, perché i peccati accusati, di cui onestamente ci pentiamo, siano realmente perdonati e affinché ognuno di noi veda il bene ed abbia la forza necessaria per compierlo. Questo “bene” è indicato ad ognuno nella coscienza.

Insegna, infatti, il Concilio: “nell intimo della coscienza l uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell intimità del cuore: fa questo, evita quest altro” (Gaudium et Spes, 16). Lo Spirito Santo è Colui che agisce nella nostra coscienza confutando i dubbi e donandoci la forza per attuare il bene. Attuando il vero bene, con la forza dello Spirito Santo, il discepolo del Signore si configura sempre più al suo Maestro e vede aprirsi sopra di lui, come S. Stefano, i cieli (cf. At 7,55s) dove anch egli confida un giorno di poter entrare.

La Pentecoste è anche il ricordo del dono della Legge, data a Mosè da Dio, sul monte Sinai. Questa Legge è scritta “su due tavole di pietra dal dito di Dio” (cf. Es 31, 18). S. Agostino vede nello Spirito Santo che nella Pentecoste scende sugli Apostoli – e che attraverso il ministero della Chiesa continua a scendere sugli uomini di ogni tempo -quello stesso dito di Dio con cui sul Sinai era stata scritta la Legge (cf. discorso 272/B augm.). Così il dito di Dio, che ieri aveva scritto sulla pietra la Legge antica, scrive oggi nel nostro cuore di carne la Legge nuova. Lo Spirito Santo è il dono di una Presenza, quella di Dio stesso, che ci aiuta a ritrovare il senso più profondo della Legge, cioè la carità. Lo Spirito Santo ci ricorda che non c è amore più grande di questo: dare la vita per gli altri (cf. Gv 15, 13) e così ci libera da una interpretazione legalistica della Legge che rischia di schiacciare l uomo. Vivere la Pentecoste è ringraziare Dio per il dono di una presenza che ci strappa dalla solitudine, è ricordare che siamo tutti peccatori perdonati, è il rinnovarsi della speranza con una vita che risorge, come il raccolto nuovo, è attendere il ritorno del nostro Signore che è andato a prepararci un posto e che tornerà, quando sarà stato preparato, per portarci con sé; perché dove è Lui possiamo essere anche noi (cf. Gv 14, 1-3).