Storia

Ciò che Leonardo intuì salendo sul colle di San Miniato

di Luca Macchi

Nell’anno del cinquecentesimo anniversario della morte di Leonardo da Vinci (Vinci, 1452 – Amboise, 1519) è tutto un fiorire d’iniziative dedicate al grande artista toscano. Tra le città che possono vantare almeno un episodio collegato alla sua vita, c’è anche San Miniato.

San Miniato sorge su una collina tufacea dalla quale si domina il Valdarno inferiore. La posizione geografica di quest’altura è stata causa e motivo dei vari insediamenti umani fin dalla civiltà etrusca. Insediamento che nel Medioevo ha assunto l’aspetto di un’imponente fortezza sede di Vicari Imperiali. Intorno al castello si è sviluppato il borgo con grandi conventi e nobili palazzi. Questo ha fatto sì che papi, imperatori, santi, artisti e poeti, calcassero le vie della città spesso soggiornando tra le sue mura. Tra i personaggi importanti c’è stato anche Leonardo da Vinci.

Il motivo che indusse Leonardo a salire a San Miniato fu dettato dalla ricerca scientifica ma con il sapore della poesia. Leonardo scrive: «Il medesimo si conosce avere fatto Arno quando chadea del sasso della Golfolina nel mare, che dopo quella non troppo basso si trovava, perché a quelli tempi superava l’altezza di San Miniato al Tedesco, perché nelle somme altezze di quello si vede le ripe piene di nichi e ostrighe dentro alle sue mura …». Quest’annotazione autografa si trova nel Codice Hammer (già Codice Leicester, foglio 9A – 9r, oggi proprietà di Bill Gates). È parte di uno studio che Leonardo compose tra il 1504 e il 1508 al suo ritorno a Firenze dopo i venti anni passati a Milano. Gli anni del ritorno a Firenze costituiscono per lui un momento d’intensa attività artistica e scientifica. In questo periodo gli è concesso di compiere gli studi di anatomia sui defunti nell’Ospedale di Santa Maria Nuova, inoltre portava avanti gli studi sul volo. Sempre in questi anni lavorava alla grande pittura murale della Battaglia di Anghiari per il Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Studiava inoltre soluzioni avveniristiche per rendere l’Arno navigabile. Ecco, forse è questo il punto che ci avvicina all’annotazione che ci riguarda. Sempre in quegli stessi anni la Repubblica Fiorentina incaricò Leonardo di una serie di progetti che riguardavano il corso del fiume Arno, incluso quello di deviarne il percorso realizzando un canale tra Cascina e Riglione. Lo scopo di questo grandioso progetto di deviazione del fiume era di privare Pisa, in guerra con Firenze, del fiume e delle sue risorse, costringendola alla resa. Un progetto enorme che iniziò nell’agosto del 1504 per poi essere abbandonato. Considerando che sia l’annotazione che riguarda le conchiglie fossili a San Miniato che i progetti sul corso dell’Arno risalgono allo stesso periodo 1504 – 1508. Forse non sbagliamo a immaginare che l’occasione per salire fisicamente a San Miniato possa essersi presentata durante una qualche ricognizione o sopralluogo effettuati da Leonardo lungo gli argini dell’Arno. Ecco che trovandosi lungo le sponde del fiume nella nostra zona e vedendo impennarsi la collina di San Miniato decide di salire. Sale per accertare di persona se nelle somme altezze si trovano conchiglie fossili e dunque stabilire con certezza se la collina sulla quale è poi sorto il castello fosse o no stata coperta dalle acque del diluvio. Accerta dunque che l’acqua «a quelli tempi superava l’altezza di San Miniato al tedesco, perché nelle somme altezze di quello si vede le ripe piene di nichi e ostrighe dentro alle sue mura». Dentro alle sue mura significa che è entrato in città salendo nelle somme altezze cioè nella parte più alta.

Oltre al testo Leonardo traccia in una delle carte geografiche il profilo di San Miniato. Su questo episodio il prof. Carlo Pedretti, considerato in vita il più importante studioso di Leonardo, in un suo studio ci fornisce il suo punto di vista con una bella immagine: «L’ampia vallata dell’Arno, osservata dall’alto del Montalbano percorrendo la strada che da Vinci porta a Pistoia all’altezza di Porciano sopra Lamporecchio, appare in certi giorni d’autunno come un mare di nebbia dal quale emergono qua e là, a mo’ di isole, le cime dei colli dei poggi. Visione primordiale, si direbbe, privata com’è della presenza di agglomerati urbani o anche solo di casolari, ma con un’unica eccezione: l’alta torre dell’Imperatore posta al vertice di San Miniato al Tedesco. La visione è dunque la stessa che cinque secoli fa fece balenare a Leonardo una straordinaria intuizione scientifica, quando in quel gran banco di nebbia riconobbe il mare di epoca pliocenica (…)».