Riflessioni

Catechismo «dopo» il Covid?

di Gabriella Guidi

Questo venerdì 3 settembre si svolge San Miniato Basso, l’annuale Convegno catechistico, che quest’anno ha per titolo: «Vocazione, ministero e formazione del catechista». Sarà uno dei primi appuntamenti del nuovo anno pastorale che, ci auguriamo, sia caratterizzato da una rifioritura di tutte, o almeno gran parte delle varie attività parrocchiali e diocesane che, nel corso dell’anno erano volte ad insegnare, approfondire e stuzzicare il cammino cristiano di ciascun fedele. Il titolo del convegno è molto significativo, infatti, l’attività del catechista è una vera e propria vocazione perché coloro che decidono di intraprendere questa strada sono dei fedeli volontari che scelgono di dedicare parte del loro tempo all’educazione di altri: piccoli o grandi.

Se proviamo a chiedere che cosa anima questa disponibilità, senza dubbio molti risponderanno che è la necessità di ringraziare per i doni che Dio ci ha fatto mettendosi a disposizione dei fratelli e anche per “restituire” alla comunità cristiana un insegnamento che, a suo tempo si è ricevuto. Ministero perché essere catechista non è un mestiere, ma è un servizio, un mettersi a disposizione e dare testimonianza quotidiana della propria fede non solo con gli insegnamenti ma anche con la propria vita. Formazione, in quanto il catechista non ha un titolo di studi specifico per cui una volta acquisito si è portato a temine un percorso, ma è un cammino in divenire, in continuo aggiornamento.

La fede, poi, non è una nozione da studiare ma è un’esperienza di presenza di Dio nella nostra vita che va sperimentata ogni giorno. È tuttavia importante che il catechista abbia un’adeguata formazione iniziale per trasmettere correttamente gli insegnamenti della Chiesa ed è altrettanto necessario un constante aggiornamento per conoscere al meglio che cosa e come trasmettere la fede. Purtroppo, tutti sappiamo che la pandemia ha fortemente penalizzato le attività di ritrovo, condivisione e scambio relazionale in presenza, ma la tecnologia in queste circostanze ha evidenziato grandi potenzialità e, seppure con delle limitazioni, ha cercato di “ridurre” un po’ le distanze. L’attività catechistica delle parrocchie all’inizio della “prima” pandemia aveva avuto una frenata improvvisa perché ci aveva colto impreparati. Con il passare dei mesi, poi, molti catechisti, spinti dal desiderio di mantenere un contatto con i propri ragazzi, cercando di portare avanti le attività educative e formative proposte dalle varie parrocchie, si sono reinventati e hanno trovato modalità alternative di incontro e confronto. Gruppi sui social, video chiamate e modalità di incontro a distanza hanno caratterizzato questo ultimo anno e mezzo, ormai.  Molte le iniziative tra cui anche quella di dare appuntamento ai ragazzi della parrocchia almeno la domenica alla Messa, con l’invito a svolgere piccole o brevi attività per la settimana successiva o dandosi appuntamento on line. Anche la formazione degli adulti, non meno importante di quella dei più giovani, è stata un po’ ridotta e limitata e tutti sentiamo la necessità di riprendere quegli stimoli di fede e alla spiritualità precedenti allo stato di emergenza.

Quest’anno, dopo che finalmente siamo arrivati alla zona bianca, ora che la campagna vaccinale si sta espandendo sempre di più, ci auguriamo tutti di poter riprendere in presenza, seppure ancora nel rispetto di alcune normative, le varie attività di formazione per tutti. La condivisione, il luogo di incontro, la relazione con l’altro ha bisogno della presenza fisica e noi operatori pastorali dovremo cercare di collaborare più possibile con i nostri parroci per ricreare quella normalità perduta e dare ancora alle persone la speranza e il coraggio di riprendere il cammino, anche spirituale, della vita.