Don Divo Barsotti verso la gloria degli altari

Alla scoperta del Volto di Dio

di Stefano Giannarelli

«Ma dobbiamo ora dire qualcosa di più immediatamente spirituale». Negli scritti del padre Barsotti spesso ci si imbatte in frasi come questa citazione del suo «Meditazione sull’Esodo», il testo da cui provengono tutti virgolettati di quest’articolo. Leggendo questi passaggi è naturale immaginarsi il monaco che rapito dall’ispirazione, sente prorompere il divino e l’urgenza di comunicare quanto suggerisce il cuore. Chi lo ha visto durante la S. Messa lo ricorda così, immerso nel mistero che celebrava e nel quale si commuoveva profondamente fino alle lacrime. Il testo citato continua così: «Dobbiamo meditare come Dio si serve di tutto […]. Il faraone che aveva voluto la rovina d’Israele proprio lui preparerà l’uomo che sarà la salvezza d’Israele. Senza saperlo tutti gli uomini servono ai piani di Dio. Le operazioni di Dio cominciano dall’umiltà dal nascondimento […] è Dio che conduce gli eventi [..] Quale meravigliosa sapienza esprime questo testo dell’Esodo, in cui ritroviamo i modi dell’azione divina!».

Sicuramente don Divo è stato strumento umile e docile della Sapienza di Dio. Nato a Palaia il 25 aprile 1914, ordinato a San Miniato il 18 luglio 1937, rimase incardinato nella nostra diocesi per tutta la vita e qui mantenne frequenti rapporti, anche come docente. Trasferitosi nel 1945 nell’Arcidiocesi di Firenze, sviluppò la sua attività di predicatore, scrittore e insegnante alla facoltà teologica fiorentina. Fondò la «Comunità dei figli di Dio» famiglia religiosa di monaci, sacerdoti e fratelli, che vivono in case di vita comune e laici consacrati. Scrisse più di 150 libri, molti dei quali tradotti in altre lingue: commenti alla Sacra Scrittura, studi su vite di santi, opere di spiritualità, poesie (tra i suoi testi più importanti oltre a quello già citato: il Mistero cristiano nell’anno liturgico, Il Signore è uno, La teologia spirituale di san Giovanni della Croce, La religione di Giacomo Leopardi). Certamente il padre Barsotti è stato un grande mistico e un grande intellettuale. Nato proprio nel momento in cui la crisi modernista era al suo apice, in cui per molti la scienza e il cattolicesimo non sembravano conciliabili, mentre molti prendevano le strade di un razionalismo e di un idealismo che ignorava la Tradizione e altri si trinceravano dietro elementi secondari del passato, ha mostrato come lo studio può essere un grande servizio alla Sapienza e che questa permetta al lavoro intellettuale di essere molto fecondo. Don Divo ha usato entrambe le ali della fede e della ragione per volare alto, secondo la felice immagine del suo amico san Giovanni Paolo II, da lui descritto come un uomo che viveva sempre davanti a Cristo.

Del resto il padre Barsotti aveva grande familiarità con i santi: ha scritto moltissimo su di loro, facendo conoscere in Italia anche diverse figure spirituali orientali di primo piano quali Sergio di Radonez, Serafino di Sarov e Silvano del Monte Athos. Nelle sue pagine li rende vicini, accessibili, indicava sempre come fossero a nostra disposizione, che nella Comunione celeste, la loro santità ci era donata perché la vivessimo. Oggi che l’apertura della sua causa di beatificazione è così vicina, credo si possa provare a pensare che adesso sia lui stesso a trasmetterci qualcosa di importante attraverso la sua opera, la sua vita, i suoi scritti: per questo voglio lasciare a lui la parola, perché il lettore non si lasci sfuggire l’incontro con un tesoro così grande.

In particolare in questo momento storico così bisognoso di senso e di stabilità, mi sembra particolarmente importante leggere le sue «Meditazioni sull’Esodo» in cui il padre scrive che: «Entro la storia umana si svolge una storia sacra che il mondo non sa». Essa «è come un nulla, ma che lentamente penetra e solleva ogni cosa […] Mistero sempre profondo di un Dio che agisce nell’umiltà ma nel segreto invade, penetra e trasforma. Il regno dei cieli è simile a un pugno di lievito che una donna mette in una gran massa di farina finché tutta la pasta sia lievitata (Mt 13,33)». Don Divo in tutti i suoi commenti alle Scritture è straordinariamente capace di evocare sfondi biblici diversi per permettere di dare sempre nuova luce alla comprensione del Mistero della Redenzione di Cristo. Arrivava a Lui da ogni cosa partisse. Anche nel testo citato dall’Esodo passa a considerare che «la storia sacra si espande, riempie, invade la terra. Non rimane, alla fine, che il Cristo. Quanto egli ha compiuto nella umiltà lentamente ti prende, rimane ancora umile, nascosto, eppure non c’è nulla tranne lui. […] Della sua morte in Croce nemmeno coloro che erano a Gerusalemme se ne accorsero forse […] Ma quel fatto, quell’avvenimento così secondario, così umile in apparenza, quell’avvenimento da solo doveva essere non soltanto tutta la vita del mondo, ma anche tutta la vita dell’eternità, perché nell’eternità l’uomo, tutta l’umanità non vivrà che quell’avvenimento, quel mistero; perché in quell’atto Dio a te si donava per sempre, in quell’atto Dio legava per sempre il cielo alla terra, legava questo mondo al suo cuore».

In queste pagine Don Divo sembra parlarci oggi per consolarci, aiutarci a sperare, a trovare il giusto atteggiamento e motivazione, senza farsi confondere. «Un popolo geme oppresso e il suo Dio non risponde. Molto tempo dopo dice il sacro testo. Eppure – mistero che dobbiamo meditare- Dio aveva già preparato la risposta; anzi la risposta precedeva la preghiera di Israele […]. Questo il modo di agire di Dio. Quello che oggi ha preparato, tu non lo sai: tutto matura nel silenzio, nell’ombra. Ad un certo momento la volontà di Dio si manifesta e tutto sembra nuovo, tutto sembra erompere improvviso nelle vie del Signore […].Dio non soltanto conosce gli uomini, ma conosce la sofferenza degli uomini e vuole alleviarla. Conosce la sofferenza dell’uomo! Dio non soltanto rimane sul vago, nell’indistinto, ma nemmeno rimane nel suo mistero, inaccessibile all’uomo, non rimane estraneo alla nostra pena. Una rivelazione di Dio non vuol dire soltanto che l’uomo entra nell’intimità di Dio, vuol dire che Dio entra anche in mezzo agli uomini».

Storia universale e storia personale si intessono sotto lo sguardo del mistico: «quando l’uomo si incontra con Dio, allora conosce se stesso; allora l’uomo diviene veramente responsabile, ha una responsabilità personale; non è più un essere che appartiene alla storia, a un popolo col quale totalmente si confonde: il suo atto ha qualcosa d’irreversibile, il suo valore ha qualcosa di assoluto». Quando sembra regnare la confusione, Dio manda i suoi uomini, che ci prendono per mano per accompagnarci nel cammino verso lui: la nostra diocesi ha già avuto il dono di un grande intellettuale santo, mons. Pio Alberto Del Corona e adesso vede quest’altro suo figlio indicato come uomo capace di porsi accanto a noi per aiutarci a volgere sempre di nuovo lo sguardo verso il Volto di Cristo: cerchiamo di godere, con questa compagnia, di tutto il calore e la luce che da Lì promanano.