Casciana Terme

A scuola di tenerezza con don Rocchetta

di Donatella Daini

Proseguono le conferenze sulla famiglia. Domenica 30 dicembre, proprio nella giornata dedicata alla famiglia di Nazaret, si è svolto il terzo incontro nella chiesa di Santa Maria Assunta a Casciana Terme tenuto da don Carlo Rocchetta, responsabile del Centro Familiare Casa della Tenerezza (Perugia) e docente di teologia presso lo Studio Teologico di Assisi, presentato dal vice parroco don Luca Carloni. Nonostante che il freddo e le festività incombessero, il pubblico è accorso numeroso ad ascoltare una lezione su questo sentimento un po’ fuori moda: la tenerezza. «La famiglia di Nazaret è il prototipo di ogni famiglia – ha esordito don Carlo – non era né poverissima, né ricca, come lo sono la maggior parte delle famiglie di oggi, una famiglia dove regnava la tenerezza e la comprensione reciproca, la tenerezza come ha detto Papa Francesco non è debolezza, bensì indice di fortezza». Don Carlo ha parlato di due film particolarmente belli che hanno reso perfettamente questi sentimenti: «Il vangelo secondo Matteo» di Pasolini e «La passione» di Mel Gibson, ha anche spiegato che se c’è tenerezza nella coppia, c’è la felicità, e questo poi si riflette anche su i figli. Del resto la famiglia, come ha detto il sacerdote, è la prima comunità educante e da essa dipende il futuro dell’umanità. In Italia attualmente il 50% delle coppie si separano, per quanto riguarda l’altra metà il 25% vivono insieme infelicemente. Questi sono i dati che nella conferenza sono emersi. Don Rocchetta ha spiegato che oggi ci sono tre modelli imperanti di famiglia, più il modello cristiano: 1. la famiglia chiusa e iperprotettiva, è una famiglia rifugio, ma non può reggere perché non da e non riceve. 2. La famiglia aperta e disgregata, la famiglia albergo. Si sta in famiglia per mangiare e per dormire, ma ognuno fa la sua vita e i figli non si sentono ascoltati.
3. La famiglia anonima e passiva, la famiglia porto di mare, dove si ricevono influssi dall’esterno, ma non ci sono filtri, una famiglia che non fa riflettere sugli stimoli esterni e non aiuta a discernere. 4. Mentre la famiglia che è una comunità della tenerezza di Dio è una famiglia casa, non si isola, ma non è disgregata, dove la tenerezza è il collante fra i due genitori, ma anche fra i genitori e i figli. In Amoris Laetitia, Papa Francesco dichiarava: «Nell’orizzonte dell’amore, essenziale nell’esperienza cristiana del matrimonio e della famiglia, risalta un’altra virtù, piuttosto ignorata in questi tempi di relazioni frenetiche e superficiali: la tenerezza». «Il termine tenerezza è il più evocativo della nostra lingua – ha affermato don Carlo – ognuno è vocato alla tenerezza, chi la sviluppa e chi no. C’è qualcuno di voi che non ha voglia di tenerezza? Se qualcuno alza la mano vuol dire che ha una patologia – ha concluso spiritosamente il relatore».

Don Carlo ha portato all’attenzione del pubblico una bellissima similitudine: «la tenerezza come una Croce, due coordinate inseparabili, orizzontale: la tenerezza come relazione affettiva con l’altro da se, verticale: la tenerezza come stupore coscientizzato di fronte a Dio”. Ma don Rocchetta ha rappresentato alcuni sentimenti che possono caratterizzare un rapporto di coppia. Esiste il rapporto dominato da: – Collera e Ira caratterizzato da litigiosità malsana, quando si pensa di avere sempre ragione. L’altro coniuge può solo prima o poi diventare anch’esso collerico. Questo rapporto domina il presente – Paura/Ansia caratterizzato da gelosia malata, la paura può essere sana, l’ansia no. Questo rapporto guarda al futuro. – Tristezza/Pessimismo caratterizzato da negatività, rammarico, questo rapporto domina il passato. – Tenerezza/Gioia costruisce il noi della coppia e la comunicazione affettiva, questo rapporto positivo si approccia ad una storicità. «Le coppie – ha dichiarato don Carlo – prese dal frenetico fare, trascurano il loro rapporto, non hanno tempo per abbracciarsi e ai figli fa bene vedere i genitori abbracciarsi e scambiarsi affettuosità, li rende più felici e più sicuri». Si è poi parlato anche di modelli educativi: matriarcale, dove la madre impone l’educazione al figlio e il padre subisce, patriarcale dove viceversa è il padre che impone, mentre il modello condiviso integrale è il modello vincente: i genitori sono uniti e decidono insieme l’educazione da dare ai propri figli ed entrambi agiscono in questo senso. L’esimio sacerdote ha sottolineato che questo percorso per arrivare alla tenerezza lo si può fare con l’aiuto di Dio e dello Spirito Santo. Don Carlo ha citato Erich Fromm, psicologo e sociologo tedesco, concordando con la sua teoria secondo la quale se una madre non è felice, non ha un matrimonio felice, non potrà dare miele al figlio, cioè non potrà essere tenera e dolce con lui, con tutti i problemi che ne possono conseguire. Altro concetto fondamentale che il sacerdote ha ben sottolineato è il concetto negativo e deleterio del possesso: «i genitori sono i custodi dei figli, ma non li possiedono, come un marito non possiede una moglie e una moglie non possiede un marito, ed è con questa impostazione mentale negativa che si arriva al femminicidio».

La famiglia è la prima scuola di umanità per una civiltà dell’amore, ma senza tenerezza questa scuola fallisce. Questo è il concetto base emerso anche dal nutrito dibattito che è seguito dopo la stimolante relazione. Don Carlo Rocchetta ha coniato due acronimi, l’ABC della tenerezza: abbracci, baci e carezze e il suo contrario TCC: televisione, cellulare, computer. «Tutti strumenti utilissimi di cui anch’io mi servo – ha ammesso il sacerdote, ma con un uso smodato di questi oggetti si può causare tanta infelicità e tanta tristezza». «La tenerezza è il pathos dell’amore nuziale, la sensibilità affettiva, sentirsi unici l’uno per l’altra – ha spiegato don Carlo, ma la tenerezza riguarda tutti, anche i singoli, da anni alla Casa della Tenerezza si organizza un cammino di formazione e spiritualità per singoli. Quando si fa un’elemosina, si guarda negli occhi la persona a cui doniamo un soldino? Gli facciamo una carezza? Gli rivolgiamo la parola per sapere come sta? O gettiamo la moneta e corriamo via?». La tenerezza è per tutti, questo abbiamo capito ascoltando Don Rocchetta.