La lectio del vescovo Andrea sul salmo 50

«Pietà di me Signore»

di Antonio Baroncini

Ormai, con i primi tepori primaverili, la natura è esplosa e mille fiori di svariati colori dipingono il nostro paesaggio agreste. In questa cornice pittorica, il libro biblico dei Salmi ci aiuta a contemplare questo mosaico e ad elevare la nostra spiritualità verso il mistero di Dio.

Il vescovo Andrea ce lo presenta in questa sua lectio biblica, esattamente a metà quaresima, commentando il salmo 50 (51) in cui l’uomo si sente peccatore ma grida come un figlio al padre: «Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam» («Abbi pietà di me, o Dio»). Come per il popolo d’Israele, anche per noi cristiani i Salmi sono divenuti preghiera, perché esprimono sentimenti religiosi profondi ed universali. Guardano spesso al futuro messianico e rievocano un rapporto tra Dio ed il suo popolo che, al di là delle circostanze particolari, rimane valido «anche per tutto il popolo di Dio che è la Chiesa».

Leggere i Salmi, gustare la loro poesia, alzare lo sguardo verso la pienezza infinita, inebria profondamente il nostro spirito, come la natura che nelle sue diverse fasi di stagione ci offre uno spettacolo impagabile: la gemma si gonfia ed il fiore si apre ai raggi del sole. Nei Salmi si riflette anche l’esperienza religiosa individuale oltreché quella collettiva del popolo di Israele con la sua evoluzione nei vari contesti storici e culturali. Preghiera e poesia sono un unico respiro che sale al Signore come supplica, contemplazione e lode. La tematica del Salmo 50, come ci indica il vescovo Andrea, è scandita attraverso differenti tematiche successive: la consapevolezza della miseria umana, della sua limitazione per quello che l’uomo è, in rapporto alla grandezza di Dio, a ciò che Lui e solo Lui può fare.

Nella prima impostazione è un Salmo fatto tutto di richieste a Dio con ben 17 imperativi: «Abbi pietà di me, o Dio, cancella il mio peccato, lavami da tutte le mie colpe e purificami dal peccato, fammi risentire gioia e letizia, distogli il tuo sguardo dai miei peccati, rendimi la gioia della tua salvezza e rafforzami con uno spirito risoluto, liberami dal sangue versato, Signore apri tu le mie labbra e la mia bocca proclamerà la tua lode». «L’uomo – ha sottolineato monsignor Migliavacca – diventa consapevole che solo Dio può veramente cambiare la sua vita e solo Lui può fare giustizia e solo da Lui viene il perdono».

La seconda parte del Salmo invece ci pone un grande interrogativo: cosa è il peccato? Le risposte non sono secche, precise, ma si nascondono in immagini. «Cancella il mio peccato»: richiama la presunzione, la ribellione portata a Dio, nella inconsapevolezza di avere una natura umana limitata e quindi soggetta a peccare. «Lavami da tutte le mie colpe e sarò più bianco della neve»: richiama il perdersi lungo la strada, lungo il percorso di vita. Il commento che il vescovo qui offre è molto forte: di fatto il peccato è una rinuncia a essere veri uomini, è non conferire valore a quel limite che ci rende umani. «Conosco la mia colpa e il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro te, contro te solo ho peccato e quello che ai tuoi occhi è male, io l’ho fatto: perciò tu sei giusto nella tua sentenza, retto nel tuo giudizio»: riconosco il mio fallimento, ho sbagliato il bersaglio, ho mancato lo scopo. Accanto a questo regno del peccato e del male che è descritto come “orgoglio”, come un “perdersi da una strada” e come “fallire la propria vocazione” c’è il regno del perdono e della gioia. Dio, attraverso la sua misericordia di padre verso il figlio, ci concede il suo perdono: Dio non vuole punire, non vuole condannare, vuole solo perdonare.

Questa lectio biblica propone alla nostra coscienza una tematica di profonda e stringente riflessione, in particolare riguardo al nostro atteggiamento verso il peccato in relazione al pentimento. Ci lascia liberi da schemi prefissati e ci spinge a porci domande per rintracciare le sensazioni che il peccato ha scaturito. Alla fine il commento del vescovo Andrea più che darci risposte offre domande stimolanti e feconde che invitano alla conversione e a un atto di fiducia in Dio. Già all’inizio il Salmo inizia chiedendoci un atto di fede e di fiducia in noi stessi. Non dobbiamo dare per scontato questo: è una cosa enorme poter dire, credendoci, «abbi pietà». Implica coraggio e il capire che, davanti ai nostri errori, Qualcuno ci può perdonare; in questo senso «il regno del peccato e quello del perdono sono strettamente uniti». «Ecco, tu ami la verità che è nell’intimo e nel profondo mi insegni la sapienza».